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Emanuela Orlandi. Loriano Berti, maestro flauto : “Yamaha nichelato non Ramponi”

di Gianluca Pace |1 Ottobre 2014 17:23

Emanuela Orlandi. Loriano Berti, maestro flauto : “Yamaha nichelato non Ramponi”

ROMA – “Triplo inganno”, l’ultimo libro di Pino Nicotri sul mistero di Emanuela Orlandi a 30 anni dalla scomparsa, è basato in gran parte su documenti giudiziari totalmente inediti e ha già esaurito la prima edizione. In libreria la ristampa.

Il libro contiene anche uno scoop, l’intervista di Pino Nicotri a Loriano Berti, il vero maestro di flauto di Emanuela Orlandi.

Ecco le pagine del libro con l’intervista, che fa giustizia di altri scoop.

Nella puntata di “Chi l’ha visto?” del 10 aprile 2013, l’“Orlandi Show” raggiunge l’apoteosi. Presenti in studio come ospiti gli immancabili Pietro e Natalina Orlandi, la conduttrice annuncia: «Una compagna del corso di flauto di Emanuela ci ha contatta- to. Sentiamo cosa ha da dirci». Segue un’intervista di Fiore De Rienzo alla signora Laura Morelli, la quale afferma di essere stata compagna di corso di flauto di Emanuela, e alla quale viene mostrato il flauto fatto trovare dall’Accetti.

La signora Morelli sostiene che il loro insegnante di flauto era Jures Lello Balboni e che, sempre con l’insegnante Jures Lello Balboni (presente il giorno della scomparsa di Emanuela), avevano fatto un saggio qualche giorno prima del 22 giugno. Viene anche mostrata una foto di quel saggio, nella quale però stranamente Emanuela non compare.

L’intervista si conclude con una suggestiva scena teatrale che impenna l’audience: De Rienzo fa impugnare il flauto alla Morelli «come lo ha impugnato Emanuela quel giorno»…

C’è però un problema, anzi due. Il primo è che l’insegnante di flauto di Emanuela al Da Victoria, da quando la ragazza iniziò a frequentarlo e fino a tutto il 22 giugno 1983, non era Jures Lello Balboni, bensì Loriano Berti.
Lo attesta la testimonianza del 9 luglio 1983 di Raffaella Monzi alla Squadra mobile di Roma, e la testimonianza di zio Mario Meneguzzi del 28 ottobre 1985 al giudice istruttore Ilario Martella.

E il fatto che l’insegnante fosse Berti e non Balboni lo sanno molto bene anche a “Chi l’ha visto?”: il suo giornalista Pino Nazio, dal 1992 inviato e poi autore del programma (come ama definirsi nel suo curriculum), lo ha perfino scritto. Il secondo problema, insuperabile, è che quel 22 giugno Jures Balboni non poteva essere presente al Da Victoria per il semplice motivo che «era morto sette mesi prima», come conferma suo figlio Enrico.
Lo stesso Pietro Orlandi sa bene chi fosse l’insegnante di flauto di sua sorella: lo ha precisato nel libro che ha scritto insieme a Fabrizio Peronaci: «Emanuela distratta, non è da lei, durante la lezione di flauto del maestro Loriano Berti» 6.
Eppure, Pietro Orlandi assiste all’affermazione falsa della signora Morelli nello studio di “Chi l’ha visto?” senza dire una parola. Silenzioso l’indomani anche il giornalista Peronaci sul “Corriere della sera”. Sul falso tace anche Raffaella Notariale, la giornalista di “Chi l’ha visto?” che nel suo Segreto criminale ha infatti scritto che l’insegnante di flauto di Emanuela era Loriano Berti. Tutti zitti per non rovinare lo show del “flauto di Emanuela”.

Durante l’intervista televisiva, la signora Morelli afferma inoltre che la sera successiva alla scomparsa di Emanuela, cioè la se- ra del 23 giugno, le telefonò Raffaella Monzi, disperata per non avere trattenuto la ragazza: «Non immaginavo però che sarebbe successo quello che è successo»; al che la Morelli sostiene di a- verle risposto: «Non devi sentirti in colpa, se Emanuela la dovevano rapire avrebbero trovato comunque un modo per rapirla». Ma il 23 giugno nessuno immaginava – nemmeno gli Orlandi – che si trattasse di un rapimento. Come si vede, la testimonianza della «ex compagna di corso» di Emanuela è inattendibile, ma per l’audience è meglio far credere il contrario. E si può anche resuscitare un morto…

Se la redazione di “Chi l’ha visto?” si fosse presa la briga di intervistare il vero insegnante di flauto di Emanuela, cioè Loriano Berti, si sarebbe sentita dire quanto segue:

«Ho insegnato flauto traverso al Da Victoria dal 1979. Io non ricordo nessun ritardo di Emanuela alla mia lezione di quel giorno, 22 giugno.
Le lezioni di flauto sono per un solo alunno alla volta, anche se gli altri possono assistervi, e non per tutta la classe, che era composta da una dozzina di ragazzi. Balboni ha insegnato solo un anno e non ricordo se è morto già allora o dopo.
Io sono arrivato al Da Victoria nel 1980, tramite amicizie come si usa nelle scuole private, specie in quelle cattoliche, e me ne sono andato nel 1984 perché ho vinto il concorso per una cattedra al conservatorio di Cosenza. Non ricordo nessuna Laura Morelli nel mio corso. Forse faceva parte di un’altra classe.
Nei miei ricordi, la Orlandi aveva un flauto Yamaha del tipo nichelato. Non aveva certo un Rampone e Cazzani, sia perché all’epoca era forse la marca peggiore, e sia perché a scuola consigliavamo, anch’io, gli Yamaha. La stoffa interna dell’astuccio degli Yamaha a quell’epoca poteva essere blu oppure rossa. Inoltre, dato che Emanuela si dice abbia comprato lo strumento usato, possono averle dato un contenitore qualsiasi o può averne comprato lei in seguito uno che le piaceva di più.
Come tutti gli insegnanti di strumenti a fiato, specie quando si tratta di flauti, anch’io raccomandavo ai miei studenti di pulire bene lo stru- mento, asciugandone in particolare il beccuccio, non oltre i dieci minuti dopo ogni singolo utilizzo.
Il 22 giugno, dopo la mia lezione, Emanuela aveva quella con Miserachs, più il tragitto da fare per arrivare a casa, perciò flauto e beccuccio li ha di sicuro già puliti e asciugati a scuola subito dopo la mia lezione.
Se il flauto fatto trovare a “Chi l’ha visto?” fosse davvero il suo, nell’astuccio dovrebbe esserci logicamente anche l’attrezzatura per la pulizia, cioè un’asta e un panno o un tamponcino, con l’anello che agganciava il tessuto all’asta.
Il fatto che l’attrezzatura invece non ci sia, fa pensare che il flauto trovato non sia quello di Emanuela, bensì uno strumento usato comprato apposta per farlo trovare ai giornalisti. Solo i flauti usati sono infatti di solito venduti privi del pan- no o del tamponcino per la pulizia, perché a nessuno piace avere a che fare con residui di saliva altrui. Né più e né meno come a un ristorante a nessuno piace usare un tovagliolo sporco, già usato da altri.
Non ha senso dire che Emanuela ha partecipato a un saggio della classe di Balboni, a me infatti non risulta.
Il Da Victoria era un ambiente torbido: venivamo pagati in nero, ci davano solo un terzo dello stipendio dovuto, senza contributi previdenziali, e spariva di tutto. A me hanno rubato un registratore di ottima marca, quindi costoso, quando dopo avere preparato tutto per un saggio sono andato a mangiare un panino al bar”
C’era una notevole baraonda, gente che andava e usciva senza troppi controlli. Solo dopo la scomparsa della Orlandi la direttrice, suor Dolores, si decise a esigere che a scuola si arrivasse con un’apposita divisa e con un cartellino con un numero e il proprio nome bene in vista appuntato sulla giacca o sulla camicia.
Nel 1984 persi un alunno perché suor Dolores lo cacciò: lo aveva trovato sulle scale senza il tesserino e gli fece una scenata; lui l’ascoltò stando su un gradino sopra quello della suora, che non era certo alta, e questo la fece infuriare al punto da espellerlo dalla scuola».

Che ricordi ha il professor Berti dei giorni della scomparsa di Emanuela?

«Ricordo di averne parlato, ovviamente, e non solo a scuola. E di avere continuato nei giorni successivi a preparare il saggio di flauto. I saggi in genere si fanno negli ultimi giorni dell’anno scolastico, io li preparavo negli ultimissimi perché approntare un saggio di classe vuol dire preparare per ogni allievo un brano da suonare lui solo oltre a uno o due brani da suonare insieme ad altri».

Ricorda se voi insegnanti foste interrogati? Dalla polizia o dai carabinieri? E quando?

«Io sono stato interrogato solo il 15 agosto, data facile da ricordare. La mattina verso le 8 circa si presentarono nell’appartamento dove abitavo, e che condividevo con un amico clarinettista, due o tre agenti, penso carabinieri ma potrei sbagliare, per una perquisizione. Il mio amico era a Napoli dai suoi e la sua cameretta era momentaneamente occupata da un’amica flautista. Fecero accertamenti anche su di lei.
Finita la perquisizione, mi invitarono a seguirli al loro centro. Con un’altra macchina portarono la mia amica nella sua casa fuori Roma per altri accertamenti. Io venni accompagnato al loro centro, non ricordo il nome della via, ma ricordo che era vicino al Colosseo in una piccola traversa a sinistra scendendo dalla stazione Termini. Rimasi solo in una stanzina, guardato a vista fino al pomeriggio inoltrato, in attesa che l’altro gruppo, quello con la mia amica flautista, tornasse dalla sua missione fuori Roma.
Mi pare che iniziarono a interrogarmi verso le 16 o le 17. Nell’ufficio c’era un capitano, quello che aveva diretto la perquisizione, e un commissario o comunque un superiore vestito in borghese.
Ero solo io, non c’era nessun altro della scuola. Non ricordo di aver firmato qualcosa. Di sicuro non c’era nessuno che scriveva quello di cui si parlava. Nei giorni successivi ebbi l’impressione che avessero messo qualcuno a sorvegliare il portone del palazzo dove abitavo, ma era un’impressione e non è durata molto, al massimo una settimana».

Professor Berti, ma in tutti questi anni non l’ha cercata mai nessuno?

«No. Mi ha telefonato anni fa solo una giornalista, di cui non ricordo il nome, e più o meno tre anni fa uno studente universitario per la sua tesi di laurea. Non ricordo neppure il suo nome».

Deve essere un certo Tommaso Nelli, che per la sua tesi di laurea, incentrata sulla scomparsa della Orlandi e della Gregori, ha parlato anche con don Miserachs.

«Esatto! Il nome di quel laureando era proprio Tommaso Nelli» 8.

Fatto sta che, a dispetto delle evidenze, la redazione di “Chi l’ha visto?” e gli Orlandi, presenti in studio anche nella puntata del 17 aprile 2013, insistono nell’accreditare la verosimiglianza del flauto Rampone e Cazzani come quello di Emanuela, senza mai correggere le affermazioni della Morelli almeno per quanto riguarda il nome dell’insegnante di flauto.

E per rendere credibile l’incredibile, la giornalista Sciarelli e i suoi numerosi colleghi della redazione di “Chi l’ha visto?” fanno figurare vivo il 22 giugno 1983 il maestro Balboni, defunto sette mesi prima. Rimane misterioso perché la “notizia” venga avallata col silenzio non solo dagli ex colleghi di Balboni ancora vivi, come don Civitillo e don Miserachs, ma perfino dagli stessi Orlandi presenti in studio.

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