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Emanuela Orlandi Show continua: in 14 in barca per cercarla in mezzo alla Turchia

di Pino Nicotri |11 Marzo 2021 13:09

ROMA – L’Emanuela Orlandi Show continua. Ed è il caso di dire che continua a gonfie vele visto che ora è entrata in scena addirittura una spedizione in barca di ben 14 persone diretta in Turchia per “trovare Emanuela viva o le prove che è morta”. L’impresa, nelle parole dell’organizzatore, Maurizio Giorgetti, di Soriano nel Cimino, provincia di Viterbo, consiste in un viaggio in barca, con partenza da Gioia Tauro, “grazie all’appoggio di un importante finanziatore austriaco”.

Si tratta di una spedizione di 14 persone, 11 uomini e 3 donne, tra cui, oltre a Giorgetti, “un imprenditore di Desenzano e un amico di Vitorchiano, Antonio Galante, due còrsi e due spagnoli”. Tra le donne, “una cardiochirurga dell’ospedale Niguarda e una sua assistente”, più un giornalista della tv francese Antenne 2. Gli altri componenti della spedizione sono austriaci. Nei piani di Giorgetti, “inizieremo le ricerche dal centro della Turchia con un obiettivo chiaro: trovare Emanuela Orlandi o le prove che è morta». Ma potrebbero volerci mesi e mesi, a dir poco. «Il nostro sponsor ha la possibilità di sostenerci a lungo», ribatte sicuro di sé Giorgetti.

Viene spontanea una domanda: ma perché non sono andati in aereo? Viene anche spontaneo chiedersi, nell’interesse dei lettori non troppo addentro alla saga Orlandi, chi sia questo Giorgetti? Il quotidiano romano il Tempo, nel suo sito internet, lo presenta così: “Imprenditore sorianese, noto per la sua dichiarata appartenenza all’estrema destra e i contatti con la banda della Magliana”. In realtà – come sempre capita quando si parla della Orlandi e della cosiddetta banda della Magliana – le cose stanno un po’ diversamente. Vediamo come, esattamente. Del resto noi di Blitz questo Giorgetti lo conosciamo già.

Nel settembre 2010, Giorgetti ha rilasciato a “Chi l’ha visto?” una serie di dichiarazioni che i magistrati, dopo averlo interrogato, preferirono archiviare subito: dopo 27 anni “l’imprenditore sorianese” si era ricordato improvvisamente di avere assistito a suo tempo a un colloquio a un tavolo vicino al suo nel ristorante di tale Giuseppe De Tomasi, nome già noto alle cronache “maglianesi”, tra De Tomasi stesso e altre persone che parlavano di “prelevare una ragazza” e, guarda caso, dopo qualche settimana Giorgetti si era ritrovato, fatal combinazion, al tavolo affianco alle stesse persone in un altro ristorante di Trastevere e le aveva intese dire che la ragazza era stata “prelevata”.

Manco a dirlo, si trattava ovviamente di Emanuela Orlandi. “Sono malato e prima di morire volevo togliermi questo peso dalla coscienza”, ha detto Giorgetti per giustificare i 27 anni di ritardo. Sembra invece guarito bene, visto che ora affronta una spedizione in mare e via terra destinata a durate mesi.

Ma procediamo con ordine. Qualche tempo dopo la rivelazione quasi in articulo mortis, Giorgetti dichiara sempre a “Chi l’ha visto?” di essere stato aggredito in casa per rappresaglia contro le sue “rivelazioni” sul rapimento di Emanuela: “Chi m’ha aggredito ha detto “Questo è da parte di “Gnappa” Manlio Vitale!”, un ex del giro della banda della Magliana guarda caso arrestato pochi giorni prima dell’exploit di Giorgetti. Passa qualche giorno e i carabinieri arrestano la figlia di Giorgetti e il suo fidanzato: ad aggredire il padrone di casa sono stati loro! Giorgetti s’è cioè inventato una balla, anzi due compresa quella del nome di Manlio Vitale. Nonostante ciò, il “supertestimone” del caso Orlandi può beatamente salpare per la Turchia e “andare a cercare Emanuela”.

Ma perché proprio in Turchia? Elementare, Watson! Giorgetti ha infatti denunciato alla Procura di Viterbo la sottrazione, da parte della sua ex convivente Annamaria Lucia Vero, di due fotografie che ovviamente “ritraevano la ragazza scomparsa in Turchia”. I magistrati hanno sequestrato del materiale nell’abitazione della Vero a Zepponami, frazionedi Montefiascone, ma ovviamente delle due foto “di Emanuela in Turchia” neppure l’ombra.

Attenzione: c’è del metodo. Ho scritto da tempo che prima o poi il caso Orlandi verrà chiuso o facendo comparire per pochi giorni una sua sosia o ritrovando la “tomba di Emanuela” in qualche parte del mondo, meglio se in luoghi dove non si può indagare e meglio ancora in luoghi dove la tomba “c’era, ma ora purtroppo non la si trova più”. La Turchia si presta bene alla bisogna. Resta solo da appurare cosa ne pensa Antonio Mancini, detto l’Accattone, un ex detenuto del giro della cosiddetta banda della Magliana che si è fatto molta galera per la sparatoria di via di Donna Olimpia del 16 marzo 1981 conclusa con un morto e un ferito grave di un clan avversario, quello dei Proietti.

Mancini infatti da tempo si sgola a dire che Emanuela “l’abbiamo rapita noi della banda della Magliana”. Facile a dirsi, ma impossibile da dimostrare: peccato infatti che l’Accattone non sappia indicare i nomi di altri complici né la dinamica dei fatti e che si dimentichi come a suo tempo i “rapitori” non siano riusciti a esibire neppure mezzo straccio di prova di avere davvero in mano la povera ragazzina, tant’è che è andata avanti per anni la montatura del rapimento per essere scambiata con Alì Agca, il terrorista turco condannato all’ergastolo per avere sparato nell’81 a papa Wojyla ferendolo gravemente. La montatura è poi proseguita nonostante il 13 giugno 2000 Agca sia stato graziato dal nostro presidente della Repubblica ed estradato in Turchia per scontarvi la condanna per un omicidio commesso in patria e sia infine stato scarcerato il 20 gennaio 2006 grazie a una amnistia.

Nel mio libro “Cronaca criminale. La storia definitiva della banda della Magliana” ci sono gli elementi per capire questo sbracciarsi di Mancini: ho pubblicato infatti parte delle intercettazioni telefoniche nelle quali lo si sente supplicare la sua donna, Fabiola Moretti, di inventarsi qualunque cosa pur di accontentare quelli che volevano incastrare Enrico De Pedis e Giulio Andreotti in un colpo solo. Alla Moretti Mancini spiega che, oltre allo stipendio da “pentita” che faceva comodo, lui avrebbe confermato tutto per uscire finalmente di galera e andare a vivere assieme.

Ma c’è del metodo anche nella apparente follia del volersi accusare del “sequestro Orlandi”. Oltre al farsi pubblicità per vendere il proprio libro, “Con il sangue agli occhi”, anche Mancini come molti altri spera che prima o poi si realizzi un film o meglio ancora su una serie televisiva dedicata al mistero Orlandi, per guadagnare un po’ di quattrini facendo da consulente, interprete o autore della sceneggiatura. In fondo si trova in nobile compagnia. Sempre nel mio “Cronaca criminale” ricordo che l’ex magistrato del tribunale di Roma Ferdinando Imposimato, diventato avvocato dalla fine del 1983, preparò una sceneggiatura, nella quale il principale interprete è “il commissario Sammataro”, secondo me chiaramente lo stesso Imposimato in panni polizieschi.

Una delle tante piccole o grandi incongruenze del caso Orlandi è che Imposimato per qualche mese è stato il legale di Agca quando era rinchiuso nel carcere di Ancona, per poi diventare legale della madre di Emanuela nelle indagini per la scomparsa della figlia (mi chiedo se abbia pesato il fatto che fosse buon amico del dirigente della Segreteria di Stato vaticana don Giovanni D’Ercole). Ovvero: da avvocato dell’asserito beneficiario del “rapimento” di Emanuela ad avvocato della donna più danneggiata dal “rapimento” stesso. “Ha tanto insistito”, mi ha spiegato il padre di Emanuela, Ercole Orlandi, come ho del resto riportato nel mio libro.

In attesa di sapere come procedono la navigazione e le imprese in terra turca dell'”imprenditore sorianese” Maurizio Giorgetti, è ovvio che l’Emanuela Orlandi Show continuerà a gonfie vele anche dopo l’approdo del barcone a Istanbul. Se sapevo, mi ci imbarcavo anch’io: un ottimo modo per farmi delle belle e lunghe ferie. Anche se, insisto, avrei preferito l’aereo.

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