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Serie A, il punto: Juve stanca, spending Milan. Arbitri contro moviola in campo

di Alberto Francavilla |1 Aprile 2014 8:28

Paulinho del Livorno esulta dopo il gol all’Inter (foto Ansa)

ROMA – Serie A, il punto di Renzo Parodi dopo la 31^ giornata

La Juventus è stanca e forse Conte si rammarica con se stesso per aver distillato un turn over troppo modesto in rapporto al suo calcio, vorace ma dispendiosissimo, e ai tanti impegni. La caduta di Napoli non è causale, la squadra non è mai stata in partita, soverchiata da un Napoli improvvisamente risalito ai suoi migliori livelli. Tevez è mancato, già. Ma l’assenza di Carlitos non basta a spiegare la flessione globale, fisica e forse anche a livello di teste. Semmai serve per valutare il peso dei due là davanti. Llorente e Osvaldo non hanno toccato biglia e se lo spagnolo ha comunque un pedigree consolidato, l’italo-argentino in bianconero non ha combinato nulla. Con Quagliarella e Vucinic ormai sulla rampa di lancio verso nuovi orizzonti e Giovinco eterna incompiuta, il parco attaccanti dovrà essere rinsanguato e ringiovanito: Zaza, Gabbiadini e Berardi sono la riserva bell e pronta. Servirà anche altro ad una Juve dagli appetiti europei. Ora si tratta di gestire l’ampio vantaggio in campionato (11 punti sulla Roma che mercoledì però recupera col Parma) e possibilmente vincere l’Europa League.

Il Napoli è tornato a galla dopo un filotto di mezze sconfitte. Miracoli del calcio. Dell’abilità di Benitez non ho mai dubitato, dell’organico sì. Il tecnico ha datio un’aggiustatina alla difesa (Henrique esterno di destra), il trio Callejon-Hamsik-Insigne ha dato peso all’attacco senza sguarnire il centrocampo. Il 4-2-3-1 con Higuain unica punta sembra l’assetto tattico ideale per una squadra che altrimenti fatica a mantenere gli equilibri e le distanze tra i reparti. Se girano Insigne (ottimo) e Hamsik (in ripresa) sarà un bel vivere da qui alla fine. E i due esterni Callejon e Mertens (non a caso i goleador di serata) sono veramente delle irediddiio nonché i perni della manovra che pretende il tecnico madrileno dai suoi. De Laurentiis, ringalluzzito, rilancia la sfida alla Juve per il prossimo anno. “Datemi 150 milioni di fatturato annuo in più e vincerò lo scudetto per dieci anni consecutivi”, strologa il presidentissimo. Possibile. Purtroppo (per lui e per tutti gli altri) le cose stanno come stanno e in Europa, noi italiani, stiamo rimpicciolendo a pigmei.

Bene ha fatto Barbara Berlusconi, ad del Milan, a ricordarlo, attraverso i mensile For four two: “Si è sottovalutata la concorrenza europea che, stagione dopo stagione, ha guadagnato quote di mercato, sottraendo ai nostri club importanti porzioni di ricavi. Nel 2000, tre delle prime 5 società d’Europa per fatturato erano italiane. Oggi siamo molto più indietro…”. La Germania “con stadi di proprietà e ricche sponsorizzazioni, senza fare follie ha creato un sistema da imitare”. Perfetto. La spending review milanista è decisa e prevede tagli agli ingaggi monstre (Robinho, Mexes e Kakà). Il brasiliano bianco è dato in partenza verso i lidi della Florida, dove lo attenderebbero gli Orlando City, club di proprietà del finanziere brasiliano Flavio Augusto da Silva, suo amico. Lo scrive il settimanale spagnolo As. A noi non resta che stare in campana. I tifosi del Milan di preparino alla grande rivoluzione e a veder partire il loro idolo.

Kakà frattanto sta tirando fuori il Milan dalle sabbie mobili, la sua doppietta (col gol di Balotelli, il numero 45 e fanno 13 in stagione) ha seppellito il Chievo nell’anticipo del sabato sera. Ora il Milan può tornare a guardare all’Europa, ma con moderazione. La concorrenza (Fiorentina, Inter, Parma, Atalanta, Lazio, Verona ,Torino, Sampdoria) è fitta e qualificata. Seedorf è tornato in sella, ma durerà? La questione è aperta. Berluwsconi si è notevolmente raffreddato verso il suo (ex) pupillo, lo spogliatoio è spaccato, con gli italiani (salvo Balotelli) che mal sopportano Seedorf. L’olandese ha un contratto fino al 2016 di quasi 3 milioni di euro a stagione. Galliani, tornato in auge presso Berlusconi, tiene in caldo Inzaghi. La classifica finale orienterà la decisione sul tecnico.

La Fiorentina, col pari di Genova contro la Sampdoria, mantiene le distanze dall’Inter che ha regalato il pareggio al Livorno nel posticipo del lunedì. E’ vero che la Viola ha sfiorato l’en plein (traversa sconquassante di Vargas su punizione) ma è altrettanto vero che il match lo ha fatto la Sampdoria che ha avuto 5 palle-gol per rompere l’equilibrio. Pari giusto, comunque, fra due vecchi amici (Montella e Mihajlovic) che sanno far giocare al calcio le proprie squadre e credono nei giovani.

L’Inter resta tre punti sotto la Viola e Mazzarri si mangia le mani. In vantaggio di due gol (Hernanes e Palacio) all’intervallo, la Beneamata si è fatta rimontare dal coraggioso Livorno, unica squadra dei bassifondi che ha raccolto punti. La follia di Guarin – retropassaggiio su Emeghara – ha consegnato il gol del pari ai toscani. L’Inter rimane la solita imcompiuta, non le fa difetto la tecnica, semmai il ritmo di gioco, tropppo blando contro avversari armati di agonismo allo stato puro. Il nuovo schema con i due trequartisti (Hernmans e Alvarez) ha funzionato a sprazzi. Nell’altro anticipo l’Udinese ha battuto di misura il Catania. Ha deciso l’immortale Totò Di Natale, con l’aiuto di Scuffet, imperforabile guardiano della porta friulana. Il Catania ha giocato a viso aperto, per vincere. Gli è mancato solo il gol. La sua classifica è drammatica, ma come si dice, finché c’è vita c’è speranza. L’Udinese è virtualmente salva e Guidolin attende di sapere se verrà riconfermato sulla panchina che l’ha visto protagonista anchein Europa.

La Roma ha difeso bene il secondo posto, passando in trasferta contro il Sassuolo sempre più alla deriva. Fondamentale il recupero col Parma, mercoledì. I tre punti la porterebbero nove lunghezze sopra il Napoli e otto sotto la Capolista. Garcia tiene i suoi sulla corda evocando un improbabile scudetto. Fa benissimo. Le grandi squadre si allenano più con il bastone che con la carota. Rizzoli, il presunto miglior arbitro italiano, ha giustamente deciso di non assegnare il calcio di rigore al Sassuolo per il contatto (che non c’è stato) tra Benatia e Sansone. Purtroppo, sviato dall’arbitro di porta (Peruzzo,) ha impiegato cinque minuti di orologio ad assumere la decisione. Non sono mai stato un fan della moviola ma ora mi chiedo perché si debbano spendere un milione di euro in più per pagare gli arbitri di porta, anziché ricorrere ad uno strumento neutro come la moviola.

Nel rugby accade che l’arbitro, incerto sulla valutazione di un episodio, consulti il collega che sta di fronte alla macchina slow motion e ne ricavi gli elementi per decidere. Perché nel calcio non si può fare? Ve lo dico io perché. Gli arbitri non vogliono perdere un grammo del loro potere e dei ricchi gettoni di presenza. Nicchi e Braschi reclamano, giustamente, il diritto di sbagliare, salvo poi negare, spesso contro l’evidenza, che uno dei loro poulains abbia sbagliato. Gli arbitri aborrono la moviola che li costringerebbe a osservare il verdetto di una macchina. Respingono l’idea di passare al tempo reale (che cancellerebbe tutte le manfrine dei finti infortuni, delle sostituzioni tattiche, delle rimesse in gioco ritardate) e darebbe più smalto allo spettacolo. Vogliono mantenere l’onnipotenza e decidere loro quanti minuti concedere di recupero (istituto sconosciuto al calcio d’antan). Rizzoli nella circostanza ha azzeccato la decisione (a Napoli invece l’assistente di Orsato non ha rilevato il fuorigioco, roba di centimetri, di Callejon sul primo gol. La moviola gli avrebbe impedito di sbagliare) ma ha comunque rimediato una figuraccia.

Brutta pagina per l’arbitro che rappresenterà l’Italia ai Mondiali. Le modifiche regolamentari non spettano agli arbitri ma all’Ifab, l’organo tecnico della Fifa che finora ha pedissequamente applicato le direttive dell’onnipotente presidente, Sepp Blatter. Quelloc he ha icnasinato il regolamento con mille codicilli che cerano solo confusione e disparità di decisioni. Mio auspicio: che Muchel Paltini lo mandi in pensione, egotropico Blatter, alla tornata elettorale del 2015. Anche Michel è contrario alla moviola ma almeno ha un concezione corretta e realistica del gioco del calcio, avendolo frequentato da… campione.

Torino e Verona hanno schiantato rispettivamente Cagliari e Genoa reinsediandosi nella corsia che conduce all’Europa. Granata mai così in alto da quando sono tornati in serie A. Merito del duo Immobile-Cerci, sicuramente. Merito anche di quel vecchio frequentatore di panchine che è Giampiero Ventura. Che sa mettere le squadre in campo bene come pochi e non si sgomenta nelle avversità che in casa del Toro sono (quasi) la regola. Il Cagliari non è salvo ma neppure inguaiato e Cellino non può ragionevolmente pretendere di più da Lopez e e i suoi ragazzi.

II Verona ha spezzato la serie negativa di quattro sconfitte tornando al gol (Donadel e doppietta dell’ex Toni). Può tornare a sognare in grande. Il Genoa – parole di un furibondo Gasperini – ha giocato la peggior partita della sua carriera di allenatore. Strano, ad appena quattro giorni dalla vittoria sulla Lazio. Evidentemente l’obiettivo di superare in classifica la Sampdoria non è sufficiente per corroborare le energie, fisiche e mentali, dei calciatori rossoblù.

A proposito di Lazio. La vittoria all’ultimo secondo sul Parma la rilancia in chiave Europa League. In teoria, perché se prosegue la contestazione dei tifosi a Lotito (la curva Nord era deserta) sarà difficile vedere la Lazio scalare altre posizioni in classifica.

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