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Voto locale a Grillo fa male. Amministrative: M5S da gigante a nano

di Emiliano Condò |8 Gennaio 2014 12:39

ROMA – Dalla Basilicata alla Sardegna il locale non piace al MoVimento. Il MoVimento, come si evince dalla tipica grafia, è quello targato Beppe Grillo e, il locale, è quello delle elezioni. Se i 5 stelle hanno infatti fatto il pieno alle politiche nazionali, diventando una delle prime forze politiche del Paese, arrancano, litigano e persino rinunciano a presentarsi nelle varie elezioni locali dove, quando concorrono, ottengono risultati clamorosamente al di sotto di quanto fatto su scala nazionale.

L’ultima in ordine di tempo è la spaccatura che ha portato all’auto esclusione del MoVimento dalle elezioni sarde. Il caso, questo, forse più clamoroso, ma non certo l’unico. Prima, durante e probabilmente dopo, i malumori che agitano i grillini e che li relegano al ruolo di forza marginale si registrano a Nord come a Sud della penisola. Dal Trentino alla Puglia, dalla Liguria all’Abruzzo, c’è solo l’imbarazzo della scelta per raccontare come quella che era la base su cui Grillo ha costruito la sua creatura, cioè il territorio, sia diventato per questo una croce anziché un punto di forza.

Emanuele Buzzi, sul Corriere della Sera, traccia un breve excursus di tutti gli “inciampi” locali che hanno caratterizzato il post boom delle politiche. In un ideale percorso che parte da Nord, dal Trentino, la prima storia che si incontra è quella di Andreas Perugini, numero 2 alle locali selezioni del MoVimento “epurato” ad appena un mese dal voto di ottobre. Alle politiche, Grillo e i suoi presero in Trentino l’8.3%, alle amministrative il 2.5. Scendendo in Friuli le difficoltà dei grillini sono tutte nei numeri del consenso passato, in appena un paio di mesi, da febbraio ad aprile 2013, dal 27.2 al 13.7%.

E poi la Liguria, ad Imperia, dove il MoVimento aveva toccato quota 33.6% alle politiche e dove, alle amministrative, si è presentato addirittura diviso in due, come un partito qualsiasi… Risultato due liste, una ufficiale e una dissidente e appena 8.6% dei voti per i 5 Stelle. In Abruzzo, dove ancora si devono scegliere i candidati governatori, la rottura ancora non c’è stata, come il crollo del consenso, ma le avvisaglie dei malumori ci sono tutte con Grillo che ha preso le distanze dai “comitati” per il vaglio delle candidature. Si farà una nuova selezione via web, in tempo per le votazioni di maggio ma, visti i precedenti, il rischio di una nuova rottura è tutt’altro che escluso.

Anche in Puglia le elezioni amministrative devono ancora arrivare, e si tratterà di comunali. Nella terra di Nichi Vendola nessuna, almeno per ora, polemica sui candidati ma, ormai da mesi, la base contesta i parlamentari. In Basilicata, infine, il vincitore delle primarie grilline è stato dal “capo” estromesso e, nonostante lo sforzo dei parlamentari stellati spesisi in prima persona e in massa, il MoVimento non è andato oltre il 9% dal 24 e passa raccolto alle politiche.

La Sardegna poi, ultimo capitolo di una storia iniziata altrove, dove le divisioni interne hanno portato Grillo a decidere di non concedere il simbolo per le prossime elezioni lasciando, di fatto, senza punti di riferimento politico quei 3 sardi su 10 che a febbraio lo avevano votato. In corsa ci sarà una lista “Nuovo Movimento Sardegna”, dietro cui ci sarà qualche dissidente dei 5 Stelle.

Appuntamento per la rinascita, o ultimo treno per non certificare le difficoltà, le prossime elezioni europee dove il MoVimento dovrebbe presentarsi compatto e pronto a ripetere l’exploit di febbraio. O almeno questa sarebbe l’intenzione di Grillo.

Alla domanda su quali siano le ragioni del tentennare grillino a livello locale diverse potrebbero essere le risposte. Prima fra tutte, forse, l’immobilità dei 5Stelle in Parlamento. Immobilità che li ha costretti ad un atteggiamento di isolamento totale, e di conseguente inattività legislativa, che potrebbe aver deluso molti degli elettori che a Grillo e i suoi chiedevano un cambiamento vero e concreto. Oppure potrebbe trattarsi di un problema meno politico, fatto di litigi più o meno personali che, dopo il successo nazionale e a livello locale, si traduce in piccole faide interne che portano allo sgretolamento delle liste e del consenso. O, in ultima analisi, la carica, la caratteristica di voto di protesta che ha portato milioni di voti a Grillo potrebbe risultare poco o per niente traducibile su scala locale dove i problemi sono molto più concreti e molto meno generali.

Quale che siano le ragioni della difficoltà grillina, quello che è certo è che le elezioni locali sono per i 5 Stelle quanto di più indigesto vi sia. E i numeri sono lì a confermarlo.

 

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