Berlusconi piange e minaccia, Napolitano gli dà uno/due mesi di immunità

di Riccardo Galli
Pubblicato il 13 Marzo 2013 - 15:59| Aggiornato il 28 Settembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA –Almeno fino al 15 aprile e qualcosa anche più in là sarà cosa buona e utile che Pubblici Ministeri e Tribunali lascino libero Berlusconi da impegni e imbarazzi processuali. Un mese, forse due di sostanziale immunità per Berlusconi: è quel che chiede, suggerisce, consiglia Giorgio Napolitano capo dello Stato.

Perché? Perché come sta in piedi un paese dove un Berlusconi la mattina tratta e forse decide sui presidenti delle Camere e sul governo e la stessa mattina, al massimo il pomeriggio, deve rispondere in aula di prostituzione minorile? Come la mettiamo se un partito che ha preso il 30 per cento dei voti minaccia rivolta e boicottaggio al Parlamento, al governo, alle istituzioni? Domanda con sicuro fondamento. Come peraltro quella simmetrica: come la mettiamo con un paese dove un imputato ferma la giustizia grazie ai “superpoteri” della politica? Napolitano stesso non sa tanto bene come metterla, per ora la mette sulla tregua col solo argomento che se si spara ci va di mezzo il bimbo governo non ancora nato, anzi nemmeno concepito.

“Il pianto frutta”, si usa dire a Roma. Lo sa evidentemente Silvio Berlusconi che un po’ piange e un po’ minaccia, e s’adegua il Presidente Napolitano che per il Cavaliere chiede e ordina un mese o due d’immunità. Piange l’ex premier dal suo letto d’ospedale e minaccia un nuovo Aventino, piange l’esser vittima del solito accanimento giudiziario e minaccia di far saltare il tavolo politico se ai magistrati non verrà messo un freno. Il Presidente della Repubblica riceve la delegazione Pdl e si rammarica, non per il pianto ma per la minaccia anche fisica esercitata con la marcia Pdl sul tribunale di Milano, ma cede alle ragioni della politica, o almeno alla ragion di Stato,  chiedendo di fatto alla magistratura che Berlusconi “possa partecipare adeguatamente alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento”. Cioè il mese/due di immunità, immunità dalle aule se non dai processi.

Come se la cronaca politica del nostro Paese vivesse un momento semplice e pacifico, come se non bastasse l’assenza di una maggioranza in grado di formare un governo, come se non ci fosse la quasi certezza di dover tornare alle urne nel giro di pochi mesi, a complicare la situazione ci si mette anche la situazione giudiziaria di quello che è il leader della seconda forza politica italiana: Silvio Berlusconi. Così, all’indomani della manifestazione pidiellina davanti al palazzo di giustizia di Milano, il Presidente Napolitano ha ricevuto prima una delegazione del partito di Berlusconi. Delegazione ha cui ha espresso tutto il suo rammarico, visto che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura costituiscono un patrimonio che va preservato ad ogni costo. E poi, nel pomeriggio, ha incontrato il comitato di presidenza del Csm nel tentativo di evitare un ulteriore elemento di disturbo per la già più che sufficientemente complicata situazione politica.

Ma se i rappresentati pidiellini sono stati “bacchettati” per la disdicevole iniziativa, il loro leader incassa al contrario un risultato quasi insperato. Non certo un salvacondotto definitivo come il Cavaliere sogna, ma almeno una sorta di immunità a tempo, legata alle prossime fondamentali scadenza istituzionali. Risultato e sintesi che si sono concretizzate nella nota emanata in serata dal Quirinale. Nota in cui il Presidente Napolitano chiede a tutti, cioè ai politici ma anche ai magistrati, di osservare “il senso del limite” e di evitare in ogni modo comportamenti suscettibili di aumentare “le incognite e i rischi” che gravano sul paese. Politica e giustizia non possono “percepirsi come mondi ostili” e, soprattutto, le vicende giudiziarie non possono “interferire” con le scadenze politiche.

Se il senso non fosse sufficientemente chiaro la nota poi, evitando di fare il nome di Berlusconi fa comunque capire chiaramente a chi è rivolta ed indica addirittura delle date: le elezioni del 24-25 febbraio hanno prodotto un quadro nuovo e molto fragile, e anche in relazione alla “delicatezza degli adempimenti istituzionali che stanno venendo a scadenza” vanno evitate “tensioni destabilizzanti per il sistema democratico. E’ comprensibile la preoccupazione dello schieramento che è risultato secondo, a poca distanza dal primo, di veder garantito che il suo leader possa partecipare adeguatamente alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento, che si proietterà fino alla seconda metà del mese di aprile”.

In altre parole Napolitano ha messo nero su bianco la sua richiesta, che vista la fonte da cui viene poco di richiesta e più di ordine sa, di lasciare libero il Cavaliere dalla sue pendenze con la giustizia almeno sino a che i nodi politici siano sciolti. Cioè sino a che le presidenze delle Camere e, soprattutto, quella della Repubblica non siano state assegnate e, non ultimo, fino a che un governo non sia stato varato. Una decisione che fa comprensibilmente la felicità del Pdl e di Berlusconi ma che lascia, altrettanto comprensibilmente, anche qualche perplessità.

La ragion di Stato, le esigenze della Repubblica e del Paese di dotarsi di un governo e di un Presidente sono comprensibilmente pressanti e irrinunciabili. Ma anche in considerazione del fatto che la situazione processuale dell’imputato Berlusconi è frutto anche se non solamente della strategia difensiva dei suoi avvocati, appare questa necessità in forte contraddizione con quel principio che fondamentale dovrebbe essere e che recita “la legge è uguale per tutti”. In questo caso, su richiesta del Presidente, sarà un po’ meno uguale.