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Facoltà di Medicina romena a Enna per saltare numero chiuso

di Alessandro Avico |1 Settembre 2015 14:58

Foto d’archivio

ENNA –Una Facoltà di Medicina a Enna capace di accogliere tutti gli studenti che vogliono, senza numero chiuso e senza test d’ingresso. Come si fa? Basta che sia…romena. Ci stanno lavorando.

Nel Paese dei furbi ogni anno, puntuale come l’alternarsi delle stagioni, torna ad ogni inizio d’anno accademico la questione numero chiuso. La questione cioè degli accessi limitati ad alcune facoltà universitarie tramite dei test d’ingresso. Un “modus operandi” necessario, secondo i sostenitori, per non sfornare futuri disoccupati e, al contrario, da eliminare perché limita la libertà degli studenti secondo i detrattori. Puntuale la polemica si ripete ma, come spesso accade in Italia, senza che nulla cambi in un senso o nell’altro. E allora, essendo il nostro il Paese dei furbi per antonomasia, puntuale arrivare l’escamotage per dribblare la legge senza che la legge cambi.

“Guadagnata la sudatissima laurea di un’università inesistente capace di laureare ad honorem anche i defunti (piccole sviste…) – scrive Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera -, l’abbondante Mirello Crisafulli ha avuto una bella pensata: e cioè metter su a Enna una sede sicula di un ateneo del Danubio romeno. Così da permettere ai suoi aspiranti elettori più giovani di scansare il numero chiuso previsto dalla legge per medicina e odontoiatria”. Evviva, praticamente l’uovo di Colombo: ci si può così iscrivere ad un’università straniera (di un Paese comunitario) dove il numero chiuso non c’è, ottenendo un titolo di studio almeno in teoria valido anche in Italia, senza la seccatura di dover davvero andare all’estero. Mica male.

L’idea, o la “furbata” a seconda del lettore, è di Vladimiro Crisafulli, detto Mirello o ancor più asciuttamente (con sintesi inversamente proporzionale alla stazza) Lillo, già deputato, senatore, parlamentare regionale e da decenni padre- padrone del Pci e del partito via via rinominato al punto che, prima di essere incredibilmente battuto alle ultime elezioni comunali, irrideva gli avversari sui sistemi elettorali dicendo: “Io a Enna vengo eletto col proporzionale, col maggioritario e pure col sorteggio”. Diceva.

Il personaggio, a leggere le colorite cronache che lo descrivono, lascia propendere per la versione “furbata” più che per l’idea. Ma lui, Crisafulli, si difende: “Non capisco le polemiche – dice – si tratta solo di una offerta formativa in più. E comunque ho sentito dire molte inesattezze: il test di ingresso ci sarà, eccome. Gli studenti inoltre dovranno sostenere un esame di lingua, perché i corsi saranno tenuti in romeno, da professori romeni: a fine settembre partirà un corso full immersion di lingua romena, alla fine della quale ci sarà un esame. Per il resto è una facoltà seria, riconosciuta in Italia, mi aspetto che avremo le iscrizioni di chi spesso sceglie di trasferirsi in Romania: ora basterà venire a Enna. I costi ci sono – dice Crisafulli – la retta sarà di circa 9 mila euro. Decisamente minori, però, rispetto al trasferimento all’estero”.

La questione numero chiuso e test d’ingresso, che è poi quella su cui verte la questione, viene diversamente raccontata da studenti (si lamentano quelli che magari un test l’han dovuto passare) e rettori. Con le altre università siciliane che già offrono tre facoltà di medicina (Catania, Messina e Palermo più una dependance di quest’ultima a Caltanissetta) in testa alla protesta: “Ma come, quest’anno la Regione ha detto al ministero che aveva un fabbisogno di medici pari al 50% rispetto allo scorso anno facendoci tagliare il numero di posti da mettere in palio nelle nostre Scuole di medicina, e adesso autorizza altri 120 posti ai romeni?”, si è sfogato il rettore di Catania Giacomo Pignataro. E il suo collega (uscente) palermitano Roberto Lagalla, che è vicario alla Crui, la Conferenza dei rettori italiani, rincara: “A noi non risulta che sia mai stata data un’autorizzazione di questo genere. Anzi, non ci risulta manco sia stata chiesta”. Stefano Paleari, che del Crui è presidente, conferma: “Finora stiamo a chiacchiere. Tocca al ministero la prima e l’ultima parola”.

E che tutto finisca in nulla di fatto è quello che si augurano in molti. Anche se, a sentir Crisafulli, la sua non sarebbe una ‘furbata’, ma anzi un’occasione in più offerta (a caro prezzo, tra i 6 ed i 12mila euro annui a seconda del corso) ai giovani diplomati: “Il paragone deve essere fatto con quelle straniere, considerando anche le spese necessarie per studiare all’estero. Questa facoltà nasce proprio per evitare che i ragazzi vadano fuori”.

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