Redditest il buono, redditometro il cattivo: due poliziotti con troppi poteri

Come prepararsi al Redditest: i consigli del Sole 24 Ore

ROMA – È da oggi a disposizione di tutti i contribuenti italiani il Redditest, il programma messo a punto dall’Agenzia delle Entrate con cui ognuno di noi potrà verificare la congruità della sua dichiarazione dei redditi col suo stile di vita. Nulla a che vedere col Redditometro che dovrà aspettare ancora qualche mese per vedere la luce e che sarà lo strumento nelle mani del fisco per stanare gli evasori. Si basano, Redditest e Redditometro, e sono, per il fisco italiano, una sorta di evoluzione elettronica del poliziotto buono, il primo, e del poliziotto cattivo, il secondo. Assodato che combattere l’evasione non solo è giusto, ma persino doveroso, alcuni poteri che avrà il poliziotto cattivo appaiono però, francamente, ingiustificati.

Presentato in pompa magna dall’Agenzia delle Entrate il nuovo Redditest è on line da questa mattina (20 novembre) e sarà uno strumento utile per orientarsi in vista della compilazione della dichiarazione dei redditi. I risultati della verifica preventiva, infatti, resteranno in casa e non potranno essere in alcuna maniera acquisiti dall’amministrazione finanziaria. Su questo punto, comprensibilmente. il direttore Attilio Befera è stato molto chiaro.

Approfondimenti:

Ma cosa farà e come funzionerà questo Redditest? Semplice, anzi semplicissimo. Chi vorrà scaricherà il programma (funzionante su Windows, Mac e Linux) e compilerà le voci richieste. Alla fine del test un semaforo si accenderà ad indicare, in caso di luce verde, che le spese sostenute e lo stile di vita sono in linea con il reddito dichiarato. In caso di luce rossa il responso sarà, ovviamente, inverso: spese e stile di vita non sono compatibili con il reddito. Il risultato non avrà nessuna conseguenza pratica: la luce rossa non significherà accertamento in arrivo così come la luce verde non vorrà dire che il fisco non controllerà i nostri movimenti. Servirà, al massimo, a mettere la pulce nell’orecchio a chi, in vista della prossima dichiarazione dei redditi, vorrà far cambiare la luce da rossa a verde. Scrive Il Sole 24 Ore:

“Il redditest sarà imperniato, nel dettaglio, su 100 indicatori di spesa suddivisi in 7 categorie: abitazioni, mezzi di trasporto, assicurazioni e contributi previdenziali, istruzione, attività sportive e tempo libero, investimenti immobiliari e mobiliari e altre spese significative. Si spazia dalle spese per la casa all’istruzione dei figli, dagli investimenti agli abbonamenti allo stadio o al teatro, dai viaggi alle cene al ristorante. A partire da questo mosaico di uscite sarà ricostruito un reddito presunto che si potrà confrontare con il reddito da dichiarare. Di fronte a scostamenti consistenti (oltre il 20%) si accenderà, come detto, il semaforo rosso, oppure il sistema darà via libera”.

Simile ma diverso il Redditometro che, con la stessa ratio, cioè analizzare le spese per capire se siano compatibili con il reddito dichiarato, entrerà in vigore dall’anno prossimo. Strumento nuovo e poderoso per combattere l’evasione, vero e proprio cancro della società, ma strumento che nasconde in sé una sorta di difetto genetico. Stabilisce la legge infatti che l’onere della prova spetterà, col redditometro, al contribuente. Tradotto significa che qualora sulla base del redditometro andassimo incontro ad accertamento fiscale saremmo noi tenuti a dimostrare la nostra buona fede e non il fisco la nostra frode. Che tradotto ancora significa che saranno tenuti i contribuenti a conservare tutte le ricevute delle loro spese, e non per un breve periodo, ma per ben 4 anni.

Facciamo un esempio. Se il redditometro segnalasse un tenore di vita troppo alto, e quindi sospetto, perché per un anno si è frequentata una palestra esclusiva, sarebbe il contribuente a dover dimostrare che quella palestra l’ha pagata meno di quanto il redditometro ha stimato perché comprata ad esempio attraverso una promozione, magari 4 anni prima.

Obbligo quindi per i contribuenti tutti di conservare scontrini, fatture, ricevute e quant’altro certifichi le uscite in una concezione archivistico borbonica della cosa. Sana e doverosa è la lotta all’evasione, e passi anche all’onere della prova in capo al contribuente, ma che almeno valga per le grandi spese (immobili, auto e simili) o al massimo per un periodo di tempo limitato all’anno fiscale. Rimanendo così le cose quando arriverà la cartella esattoriale, che di solito non brilla per facilità di lettura, il contribuente avrà torto per principio, a meno che non sia una bravo archivista che ha trasformato il salone di casa in un ordinato archivio con le spese sostenute da tutta la famiglia.

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