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Scajola rieccolo: dopo 14 processi e 12 assoluzioni, che fa?

di Daniela Lauria |17 Dicembre 2015 2:20

Claudio Scajola

IMPERIA – Claudio Scajola incassa l’ultima assoluzione, la dodicesima su quattordici processi e per la prima volta, dopo anni e processi clamorosi, parla in Tv. Racconta di avere appena conosciuto Giovanni Toti, il governatore ligure portavoce di Berlusconi che lo silurò da candidato europeo due anni fa e che lo è andato a trovare a Imperia. Lancia messaggi molto “spessi”: è sempre un leader se l’uomo più importante della Liguria lo va a trovare a casa, non sente da tempo Berlusconi, ma gli vuole bene, pensa a un nuovo centro-destra, non crede molto a Della Valle-Passera e non molla la politica.

Rieccolo. Scriverebbe così Indro Montanelli se dovesse commentare il rientro pubblico di Claudio Scajola, il leader imperiese, già più volte ministro nei governi Berlusconi, questo postdemocristiano di 66 anni, decollato dall’estremo Ponente Ligure, diventato potente nella galassia del Cavaliere e caduto infinite volte nella rete di inchieste giudiziarie, dimesso due volte da ministro, risorto e ricaduto. Ora riappare, il “rieccolo”, per la sesta-settima, magari sarà anche l’ottava volta, con una clamorosa intervista alla più importante televisione ligure Primo canale e lancia messaggi molto chiari e anche sorprendenti.

Sono state chiuse a suo vantaggio 12 delle 14 inchieste di altrettante Procure della Repubblica nei suoi confronti, compresa quella del famoso appartamento al Colosseo, pagato “a sua insaputa” dalla cricca romana, che gravitava intorno a personaggi come Anemone e Balducci.

Prosciolto, archiviato, anche se non certo cancellata quella frase che, comunque, lo marchierà per sempre, della casa con vista Colosseo, pagata per 900 milioni dalla cricca “a sua insaputa”, Scajola aspetta ancora la conclusione dell’ultimo processo, quello che lo ha legato a Chiara Rizzo, la superbionda, moglie del latitante Amedeo Matacena, leader siciliano di Forza Italia, rifugiato a Dubai, che “u’ ministru” avrebbe aiutato, secondo l’accusa oramai in disfacimento, nella latitanza. Gli altri procedimenti che dal 1983 lo inseguono nella sua fulminante carriera di sindaco, parlamentare, appunto ministro, uomo-chiave nella costruzione del partito di Forza Italia, si sono esauriti tutti, compresi quelli “minimi”, scaturiti da fatti quasi irrilevanti, come le anfore romane nel suo giardino da sogno, sopra la collina di Imperia-Oneglia.

Cadute le ultime limitazioni alla sua libertà personale, che gli impedivano di lasciare la propria residenza nella villa di Imperia e poi la città di Imperia, Scajola è rispuntato in quella intervista.

La dichiarazione politicamente più “pesante” , insieme al chiaro intendimento di continuare a far politica in modo forte e deciso sul fronte del centro-destra e pare non più con Forza Italia, è riferita a Giovanni Toti, il presidente della Regione Liguria, portavoce di Berlusconi, il leader quarantaseienne che escluse Scajola dalla lista per le ultime elezioni europee, tagliandolo fuori completamente dall’agone politico.

“Io Toti non lo conoscevo, l’ho conosciuto venerdì scorso – ha dichiarato Scajola, sconcertando un po’ anche l’intervistatore, il direttore di Primo canale, Giuseppe Sciortino – L’ho conosciuto quando è venuto a casa mia” ha aggiunto, lanciando un messaggio molto significativo: il presidente della regione Liguria, l’uomo di Berlusconi, prende la macchina e viene da me, a Imperia, viene a omaggiare questo quasi pensionato della politica, trafitto da tante vicende giudiziarie, appena libero di circolare anche fuori dal suo perimetro.

Come dire: vi chiedete chi sia oggi Claudio Scajoila, dopo tutte le tempeste che gli si sono abbattute addosso? E’ uno ancora importante che il govenatore ligure parte e va a baciargli l’anello…

Non solo, nell’intervista l’ex ministro aggiunge un’altra perla non da poco: “Toti aveva paura di me”. E all’intervistatore, un po’ perplesso, che azzarda l’ipotesi di un timore per tutte quelle accuse che avevano impallinato Scajola precisa: “Aveva paura che io prendessi più preferenze di lui nelle elezioni europee…”.

Come è noto a quella consultazione Scajola non partecipò, proprio perché Toti, che faceva le liste per Forza Italia, aveva posto il suo veto. Si diceva che lo avesse fatto proprio perché il leader di Imperia si trovava nel gorgo dell’inchiesta scandalo della latitanza di Matacena e nel turbinio delle intercettazioni che lo affiancavano a “lady Champagne”, la bella Chiara Rizzo, svelando un rapporto molto personale e vicino alla moglie del latitante.

La versione di Scajola è tutt’altra, rincarata anche dalla precisazione della sua ancora viva potenza elettorale, le liste aperte con la possibilità di catturare tante preferenze, evidentemente nella circoscrizione del Nord Ovest, nella quale avrebbe desiderato essere candidato.

“Mi chiesero di fare un passo indietro – racconta ancora Scajola a Primo canale – lo avevo fatto tante altre volte, in quel caso dissi di no, non mi ritiro e quando venne fuori la lista dei candidati, mi accorsi che il mio nome non c’era”.

Verrebbe da pensare, di fronte a questa versione così sorprendente, ma sicuramente autentica, che l’incontro recente tra il rampante Toti e il “rieccolo” Scajola abbia avuto il significato di una spiegazione, se non di una riappacificazione, dopo quella vicenda elettorale, finita male per l’uomo di Imperia.

Tra l’altro un nipote di Scajola, Marco, è assessore all’Urbanistica nella giunta di Toti.

Ma l’intervista non va oltre sul rapporto tra di due e “vola” sul denso passato dell’ex ministro berlusconiano e sopratutto sul presente politico, rispetto al quale Scajola non si era ancora espresso, rispettando la sua condizione di imputato con limiti alla sua libertà di movimento.

Oggi nella intervista in qualche modo esplosiva Scajola annuncia, però, che ricomincia a fare politica.

“Mi sento ancora lucido”, taglia corto sulla domanda del futuro, disquisendo sull’attuale situazione e evitando di rispondere preciso alla domanda sui “nuovi” movimenti verso la pancia dei moderati italiani, Diego Della Valle e Passera. Ma sembra di capire che il suo nuovo perimetro, non quello costretto dalle vicende giudiziarie, ma quello di un ambito post berlusconiano, sia in una nuova area di centro destra moderata, che prima delle ultime vicende giudiziarie-urbanistiche, cioè oramai quattro o cinque anni fa, Scajola aveva già individuato, quando aveva costituto il gruppo “Colombo”, con sede intorno a Piazza Colonna, nel quale erano già confluiti una quarantina di deputati e senatori a lui fedelissimi, che studiavano un’uscita soft da Berlusconi.

“Berlusconi è molto tempo che non lo sento, ma gli voglio bene”, spiega Scajola, rivendicando di essere lui quello che ha “creato” Forza Italia come partito, dopo la nascita di “plastica” dell’avvio “azzurro” nel 1994.

E gli brilla negli occhi, davanti all’intervistatore, mentre rievoca quel tempo intorno alla metà degli anni Novanta, l’orgoglio non scalfito da tutto quello che è successo dopo, la mitragliata delle inchieste e degli scandali.

“Fuoco amico, ma anche tanto fuoco nemico”, commenta con una punta di sarcasmo alludendo alla valanga delle accuse. Quel fuoco dura da anni e anni, da quando, fresco ministro dell’Interno, fu costretto a dimettersi per avere detto – secondo le cronache di due importanti quotidiani, Il Sole 24 ore e Il Corriere della Sera che Marco Biagi, il giuslavorista martire delle Br a Bologna, era un rompic…… che chiedeva consulenze e la scorta.

E dura il fuoco amico e nemico poi dalla vicenda della casa “a sua insaputa” e poi dopo nel maggio del 2014, con l’arresto eclatante per l’accusa di favoreggiamento nella latitanza di Amedeo Matacena, con il florilegio conseguente delle intercettazoni, che mettevano a nudo il suo rapporto confidenziaele con la signora Chiara Rizzo, la moglie del Matacena, in via di presunta separazione, la storia della sua scorta al servizio della bella bionda. Tutto caduto, tutto polverizzato, mentre il post ministro di Imperia stava nella sua villa di Diano Calderina, con la sua metodicità tipica, a studiare le carte dei processi e mentre la giustizia lo aveva messo nel mirino delle altre vicende giudiziarie, quella sul nuovo porto turistico di Imperia, insieme al grande costruttore Francesco Bellavista Caltagirone e quella sulle anfore romane e sull’uso improprio della sua scorta.

“In questi anni ho visto la mia città Imperia decadere paurosamente”, si lascia andare Scajola, che di quella città è stato il padre-padrone ed ora la contempla da quel giardino con supervilla, box per le sue auto d’epoca, una vera passione, il suo hobby, con un misto di revanche e di nostalgia.

“Da anni avevo pensato a uno sviluppo che la trasformasse da città industriale a turistica e il porto nuovo, il più grande porto turistico del Mediterraneo, era al centro di quel progetto”.

Si sa come è finita con le inchieste delle Procure di Imperia e di Torino, esplosive all’inizio, via via ridimensionate fino all’assoluzione di Caltagirone, che, alla età di oltre 75 anni, si era fatto pure otto mesi di carcere preventivo e al proscioglimento in istruttoria di Scajola.

Cosa farà ora Scajola, libero dalle sue catene, mancando l’apertura dell’ultimo anello dei quattordici processi che lo hanno infilzato, a 66 anni, in una Regione di nuovo in mano al suo ex centro destra, governato da un Toti che non è ligure e, comunque, vola molto alto, punta alla successione diretta di Berlusconi e, però, va a trovare Scajola per conoscerlo di persona, dopo – sempre secondo Scajola – averlo elettoralmente temuto nell’ultima elezione europea?

Il passo dell’intervista è stato clamoroso per il suo contenuto, ma accolto nell’atmosfera ovattata che circonda in Liguria i due ex leader del famoso asse tra i Claudii, lui e Claudio Burlando, il presidente della Regione Pd, appena travolto elettoralmente.

Burlando dal giorno della sconfitta nelle elezioni regionali 2015 va per funghi e campagne e sembra rassegnato, malgrado la sua età più giovane di quella di Scajola, a non cercare più un ruolo pubblico in Liguria, avendoli ricoperti quasi tutti, da sindaco, a parlamentare, a ministro, a responsabile enti locali dei Ds, a assessore comunale e segretario del fu Pci.

Scajola, comparso in abito blu e cravatta d’ordinanza sugli schermi di Primo canale, leggermente dimagrito, ma intatto nella verve politica e nella vecchia grinta, ha altre idee. Vedremo se è un soliloquio o se c’è dell’altro e certamente questa volta non “a sua insaputa”.

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