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“Processo” europeo a “Viktator” Orban: punita l’Ungheria autoritaria?

di Warsamé Dini Casali |18 Gennaio 2012 14:15

Il premier ungherese Viktor Orban

ROMA – Il caso Ungheria approda all’Europarlamento, dove il primo ministro Viktor Orban, tenterà oggi pomeriggio (18 gennaio), l’impresa impossibile di difendere la discussa e temuta modifica della Costituzione magiara. Orban si presenterà al cospetto di un consesso, la seduta plenaria del parlamento a Strasburgo, il cui organo esecutivo gli ha inflitto già ben tre procedure di infrazione, aspettando l’ultima in arrivo sulla libertà di stampa. Orban non è uno sconosciuto populista salito improvvisamente al potere.

Già oppositore del regime comunista, prima della svolta autoritaria per la quale si è meritato l’appellativo di “Viktator”, era un tranquillo liberal-democratico. Quando nel 1993 assunse la leadership del suo partito, Fidesz,  spostò il movimento verso destra, diventando nel 1998 primo ministro di una coalizione di centro destra. Nel primo governo Orban l’Ungheria entrò nella Nato, ridusse l’inflazione e conobbe una buona crescita economica. Poi un ordinario scandalo lo tolse di mezzo per un po’. Ma i magistrati Orban non è riuscito a dimenticarli: nella nuova Costituzione ha spostato da 70 a 62 anni l’età limite per la pensione, in controtendenza contro tutti gli aumenti dell’età pensionabile. Una vendetta verso una enorme fetta di giudici che considera ostili e che ha parcheggiato ai giardinetti.

Non è, naturalmente la sola violazione delle elementari regole democratiche. In campo economico, la miscela eccentrica di meno tasse ai ricchi e populismo dal basso, è incomprensibile e osteggiata dai partner europei come dagli osservatori statunitensi: l’Ungheria ha fondamentali a posto ma è in piena recessione con grossi problemi per finanziare un debito che è “solo” all’80% del Pil. Il problema, per gli investitori stranieri (l’Ungheria era un modello di attrazione delle imprese tra gli ex satelliti di Mosca) è proprio Orban, non è affidabile, è pericoloso. Infatti, la modifica Costituzionale che mette Magyar Nemzeti Bank, la Banca Centrale Ungherese, sotto il cappello del governo ha fatto infuriare l’Unione Europea, Mario Draghi, Christine Lagarde e il Presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso.

Il caso ungherese è un racconto perfetto per chi crede al miracolo dell’uscita dalla crisi, per esempio la Grecia, abbandonando l’euro per riabbracciare la dracma: il forint magiaro non alimenta le esportazioni né attira investimenti per il basso costo della manodopera, piuttosto sta fornendo ai titoli di Stato una reputazione da junk bond (titolo spazzatura) con le agenzie di rating che sembrano divertirsi mentre si accaniscono sull’Ungheria.

La minaccia dei poteri forti è servita: o cambiate o al posto degli irrinunciabili finanziamenti avrete solo sanzioni. E Orban sta riflettendo e studiando ammorbidimenti sulla Banca centrale, sulla privacy, sui giudici. Si è dichiarato infatti pronto ad un confronto con Bruxelles per rivisitare le leggi che l’Unione ritiene incompatibili con la legislazione europea. “Siamo pronti a discutere con l’Ue di questi problemi – ha dichiarato Orban in un’intervista rilasciata al quotidiano tedesco Bild – se la commissione ci presenterà delle serie argomentazioni”. Una, per esempio, è che l’Ungheria non può, come ha fatto, imporre una legge di ordine costituzionale che consente ai ministri del governo di partecipare alle decisioni della banca centrale.

Stupisce e addolora, che il faro europeo sulla deriva autoritaria del governo ungherese sia stato acceso solo dopo il varo di norme economiche che minavano l’autonomia delle istituzioni finanziarie europee. Molto da dire e da fare c’è, e la speranza è che succeda sul serio, contro le leggi liberticide, le rivendicazioni territoriali a tempo scaduto, il delirio del progetto di “Grande Ungheria”, le milizie paramilitari incoraggiate e supportate, il controllo della libera stampa, l’insipienza e l’improvvisazione in campo economico. “Viktator” dispone dei due terzi del Parlamento, sta all’Europa non abbandonare l’Ungheria al suo destino.

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