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Intercettazioni, Il Giornale controcorrente: “Finalmente i giornalisti non saranno più portavoce delle Procure”

di Sandro |11 Giugno 2010 11:41

“Ancora una volta prevalgono ipocrisia, doppia morale, doppiezza e opportunismo politico”. Questa mattina anche l’editoriale de il Giornale non poteva non essere dedicato al decreto sulle intercettazioni che ieri ha superato l’esame al Senato. Alessandro Sallusti non si dice “felice” né “di buon umore” per il provvedimento “non fosse altro perché ci costringe a un supplemento di sforzo per fornire ogni giorno un notiziario aggiornato e completo”. Ma il quotidiano di Paolo Berlusconi si distacca con forza dall’urlato colpo di Stato che in centro-sinistra, ed in particolare l’Italia dei Valori (che ieri ha occupato l’aula di Palazzo Madama), ha evocato. E lo fa per cinque ragioni.

Numero uno. La magistratura può ancora disporre le intercettazioni, “gli è solo imposto di essere più responsabile nell’impiegare uno strumento investigativo costoso, il cui utilizzo era spesso fuori controllo e strumentale, una scorciatoia investigativa”, scrive Sallusti.

Numero due. E’ una “menzogna propagandistica” dire che i giornali non potranno più dare notizie. I giornalisti potranno ancora raccontare tutti i fatti di cui sono a conoscenza. “La differenza è che – si legge – non si potranno pubblicare nella versione integrale atti giudiziari, intercettazioni comprese, prima che un giudice abbia deciso che la persona sottoindagine sia un presunto colpevole”.

Numero tre. Sallusti ricorda come la sinistra e Di Pietro, che oggi gridano all’attentato alla democrazia, nel 2007 (quindi durante il governo Prodi) abbiano votato a favore di una legge “simile, anzi più restrittiva”. “Quella legge fu sostenuta da tutti i gruppi parlamentari, nessuno occupò l’aula, nessun giornalista, a parte Vittorio Feltri, prese posizione contro in modo netto, nessuno sciopero fu proclamato”.

Numero quattro. I politici di sinistra che si ergono a paladini dei giornali (che in caso di violazioni dovranno pagare multe fino a 400mila euro) “sono gli stessi che quotidianamente intimidiscono i giornalisti e gli editori presentando querele e richieste di danni per centinaia di migliaia di euro quando si parla di loro in modo non gradito”. “Il ricatto economico non l’ha inventato Berlusconi – precisa Sallusti – si è limitato a copiarlo da D’Alema”.

Numero cinque. Sallusti auspica che questa legge metta fine all’abitudine dei giornalisti di essere dei “semplici portavoce” delle Procure, “che ci forniscono su un piatto d’argento solo quello che vogliono e quando vogliono, spesso per motivi di opportunità politica”. “Il vero giornalismo ‘cane da guardia del potere’ – conclude l’editoriale – è quello che provoca inchieste giudiziarie”.

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