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Bersani, Renzi e le Cayman: la mossa (disperata?) del segretario Pd

di Elisa D'Alto |20 Ottobre 2012 13:38

ROMA – C’è voluta una cena elettorale e certa finanza con base alle Cayman perché si consumasse la rottura Bersani-Renzi. La cena alla quale il sindaco di Firenze ha partecipato, organizzata da Davide Serra, la cui società sarebbe controllata da una holding con sede nel paradiso fiscale delle isole Cayman, non è piaciuta a Pier Luigi Bersani. Che proprio sulla finanza e su una presunta mancanza di trasparenza di alcuni sostenitori dell’avversario decide di affondare.

“Consiglierei di stare attenti alle pillole che vengono da certa finanza. Qualcuno che ha base alle Cayman non dovrebbe permettersi di dare consigli. Non lo sto dicendo per Renzi, ma in generale”. Non basta la successiva precisazione, quello di Bersani è un affondo vero e proprio. Una mossa forse disperata per scalfire la corsa del sindaco, per molti favorito alle primarie di coalizione.

Un tipo di mossa a cui ci ha abituato la politica americana: ma quando vediamo Obama attaccare Romney sul tema degli investimenti all’estero, vediamo due avversari politici. Uno democratico, l’altro repubblicano. La sfida delle Cayman invece è tutta interna al Pd ed è probabilmente la prima volta che si arriva a una rottura così clamorosa tra due rappresentanti dello stesso partito. Nella controversia, Nichi Vendola preferisce “stare a guardare”. Sabato, sulla sua pagina Facebook, scrive sibillino: “Per cambiare l’Italia bisogna pestare molti calli. Buona giornata a tutti voi”.

La polemica non si placa nel “day after”. Davide Serra infatti risponde con una minaccia di querela indirizzata a Bersani. Il portavoce del segretario ha risposto così: ”Dove e come Bersani avrebbe detto che Serra è un bandito? Il segretario del Pd ha parlato di Cayman e non di Davide Serra che non ha il piacere di conoscere”.

La mossa di Bersani e la successiva replica di Renzi (“se la finanza ha avuto un ruolo molto forte è perché la politica non è stata autorevole nel dettare i paletti e i limiti”) viene riportata dalla principale stampa italiana.

Corriere della Sera e Repubblica scelgono toni “pacati”. Titola il Corriere: “Bersani attacca Renzi: chi sta nei paradisi fiscali non può dare consigli”. Dello stesso tenore il titolo di Repubblica: “Bersani sfida Renzi, no alla finanza che sta alle Cayman”.

Più incisivo il Fatto Quotidiano che alla vicenda dedica il titolo d’apertura dell’edizione del 20 ottobre: “Bersani e Renzi si tirano le banche in faccia”. L’articolo all’interno spiega:

Renzi a sua volta alza il tono dello scontro, e rinfaccia a Bersani il disastro della banca rossa per eccellenza, il Monte dei Paschi di Siena, guidato da un grand’elettore delle primarie Pd come Alessandro Profumo, che ha preso il posto di un altro banchiere di stretta osservanza dalemiana, Giuseppe Mussari: “Basta guardare a qualche istituto della mia regione per capire che una certa politica ha combinato soprattutto guai”.

Anche Libero sceglie toni forti: “Soldi alle Cayman e banche: ora Bersani e Renzi si sputtanano a vicenda”:

“Guerra dei soldi a sinistra. I cayman del Pd. Bersani attacca Renzi per i suoi rappoerti con un finanziere con società alle isole Cayman. Ma scorda Penati, Unipol, i rubli di Mosca. E anche i fondi per l’Unità arrivarono da un paradiso fiscale”.

E il Giornale: “Bersani torna comunista: maledice i banchieri ma dimentica la finanza rossa”. L’articolo proposto dalla versione online del quotidiano ripercorre i legami “storici” del Pd con alcune banche:

Impossibile, poi, dimenticare il Monte dei Paschi di Siena, banca da sempre vicina ai diesse dalemiani, o la bolognese Unipol, a lungo organica all’ex Pci. Un altro episodio che mette in luce i rapporti tra diessini e banchieri è raccontato da Repubblica (leggi articolo). Nel dicembre del 2006 la fondazione dalemiana ItalianEuropei organizzò un workshop tra i capi diessini (oltre a D’Alema presenziarono Piero Fassino, Vincenzo Visco e, guarda un po’, Bersani) e i protagonisti della finanza e delle banche. A ospitare il meeting, a Sesto San Giovanni, l’allora presidente della provincia di Milano Filippo Penati.

All’interno un editoriale a firma di Nicola Porro spiega: “Se anche l’Unità frequenta i paradisi fiscali di Renzi”.

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