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La rissa Carfagna – Mussolini, regista Bocchino, un burlesque che lacera Berlusconi su una torta di immondizia da 150 milioni di euro

di Marco Benedetto |20 Novembre 2010 18:30

Gli ultimi bagliori della Salò contemporanea proiettano sinistre due silohuettes femminili che in tempi migliori aveva contribuito a rendere meno grigia l’esistenza di molti uomini, Mara Carfagna e Alessandra Mussolini e fanno ancor più grottesca la maschera del per nostra fortuna Mussolini mancato, Silvio Berlusconi.

Protagoniste di questo che non ha la forza di essere un tragico epilogo ma solo una sceneggiata napoletana modesta assai sono due ex soubrettes, due ex attrici, ammirata su Playmen e alcuni film ai primi tempi delle tv private la nipote del Mussolini vero e di Sofia Loren, ammirata desiderata e forse anche concupita in tv la giovane miss diventata ministro e diventata simbolo di una reppubblica senza più ritegni e finzioni; non i toni cupi della repubblica di Salò, insanguinati dalla guerra civile, dai bombardamenti americani e dalla repressione nazista, bensì quelli da pochade del bunga bunga e della cocaina consumo di massa.

Sullo sfondo, però, non c’è solo rivalità femminile né fragilità da avanspettacolo: ci sono tanti e tanti milioni di euro , da 20 a 150 secondo gli angoli di visuale della vicenda, legati al grande polpettone di immondizia in cui letteralmente sprofondano Napoli e poco a poco tutta la Campania.

In questo caso siamo a un gioco di ricatti, tra la Carfagna e i suoi avversari, in lite tra loro sulla spartizione della mega torta di monnezza, che è destinato a straziare e lacerare ulteriormente l’ormai debilitato Berlù, che sembra sempre più il povero toro sfinito e dissanguato dagli assalti dei picadores e dei banderilleros, prima del colpo finale del matador. Purtroppo per noi non c’è in vista un matador che abbia imbracciato in modo credibile cappa e spada, mentre si intrecciano personaggi quanto meno discutibili, da Fini a Saviano, che fanno apparire il povero Berlù, ridicolo, patetico e ferito a morte, come un gigante.

Sulla rissa, rigorosamente mediatica, tra Mussolini e Carfagna e sulla agonia politica di quest’ultima, sono puntate pagine e pagine dei principali quotidiani italiani, a partire proprio dal titolo principale della prima pagina. L’effetto politico sono le possibili dimissioni della Carfagna dal Governo e dal Pdl  (“È il partito di Verdini, La Russa e Cosentino. Non più il mio”) e un suo passaggio con Fini, riunendo sotto l’ombrello del camerata Gianfranco quella che sta diventando la coppia (solo virtuale? solo politica? solo nostalgica di abbracci perduti?) più famosa della politica italiana.

Il tutto, ovviamente, con una rigorosa scadenza, quella del voto di fiducia del 14 dicembre sul governo.

I giornali, oltre la cronaca fumettistica, portano però anche due considerazioni più serie. La prima è che Berlusconi ha gestito la crisi Carfagna in diretta Nato, sotto gli occhi imbarazzati e un po’ disgustati di capi di governo magari meno carismatici ma di certo più presentabili all’estero; la seconda è che ancora una volta si è confermato il carattere feudale del partito che fa capo a Berlusconi, col sovrano unito da legami personali e diretti con i suoi tanti vassalli. Come ha scritto Marco Galluzzo sul Corriere della Sera “ancora una volta Berlusconi è [stato] costretto a occuparsi di qualcosa che avrebbe voluto invece ampiamente delegare, e che il suo partito, il Pdl, non riesce a gestire, almeno senza combinare dei pasticci, senza il suo intervento diretto”.

Probabilmente, più ancora che la scena da burlesque con la Mussolini, è stata la furibonda litigata con Ignazio La Russa all’ultimo consiglio dei ministri quella che ha avviato la crisi. La Carfagna sembra avere sposato la tesi dell’assegnazione ai sindaci (che  a Napoli e Salerno sono del Pd) delle competenze sui termovalorizzatori, mentre il ministro della Difesa sostiene che a occuparsene debbano essere i presidenti di provincia (tutti del Pdl). E così La Russa, in pieno consiglio dei ministri, davanti a tutti i colleghi, le ha detto: “Altro che problema procedurale, il tuo in Campania è un problema personale…”.

Nell’attuale clima da Salò, dove si finiva al muro per molto meno, ce ne è obiettivamente abbastanza e infatti ormai il clima di risentimento e di sospetti è tale che sarà difficile per Berlusconi venirne a capo. Con lui, in Portogallo, c’è La Russa, schierato al suo fianco e in totale odio, probabilmente fin dai tempi in cui sfilavano col passo romano ai raduni del Fuan, verso i traditori Fini, Bocchino & C. E La Russa, nel suo ruolo di coordinatore, ha tutte le ragioni dalla sua e probabilmente in queste ore, col clima di sospetti che tutto avvelena, trova anche in Berlusconi un orecchio ben disposto.

Ad alimentare il terrore di Berlusconi c’è il gioco di ricatti incrociati,  con i deputati che fanno capo a Cosentino, gli stessi presidenti delle Province di Salerno, Cirielli, e di Napoli, Cesaro (sotto inchiesta a Napoli), e poi Landolfi e Laboccetta e Castiello danno segni di nervosismo, disertano alcune votazioni in aula, fanno sapere a Berlusconi di essere pronti a passare al gruppo misto se quel decreto non verrà modificato, facendo così saltare la Finanziaria e mettendo ulteriormente a rischio la fiducia del 14 dicembre.

Così, per essere certo che Berlusconi ha capito, dopo il Consiglio dei ministri di giovedì, Nicola Cosentino, è andato a Palazzo Grazioli, trovando Berlusconi nel suo studio con Gianni Letta. Cosentino era accompagnato da Amedeo Laboccetta e Mario Landolfi (tutti anti – Carfagna) e alla fine è persino sbottato contro Berlusconi che provava a difendere la sua ministra: “Dottore, mi dispiace dirtelo, ma su Salerno non sai un cazzo!”. .

Dovrebbe avere avuto la meglio, se, subito dopo l’incontro, Cosentino se l’è sentita di andare a Montecitorio e dre notizia del «successo» ai suoi, riportata dalle agenzie di stampa: “Sono molto soddisfatto, Berlusconi mi ha dato garanzie sulle competenze e sulla corresponsabilità degli impianti tra Province e Regione. La quadra trovata permetterà di accelerare la costruzione degli impianti”.
Conclude l’ottima cronaca di Carmelo Lopapa su Repubblica: “L’affare può partire, insomma, e sarà soggetto alla sovrintendenza anche delle Province, dunque della potente corrente Cosentino. Ad oggi, in Campania c’è un solo termovalorizzatore, quello di Acerra, che funziona solo in parte, e che è già costato 25 milioni. Altri 75 milioni di euro sono stati investiti per la realizzazione di quello di Salerno. Altrettanti se ne prevedono per Napoli. Il terzo impianto non si sa ancora dove realizzarlo”.

La rissa tra dame scatta quando Alessandra Mussolini vede la Carfagna intenta a parlare con Bocchino in Aula e li fotografa con il telefonino e la foto finisce  sul sito Dagospia.com.  Segue la rappresaglia, con  la Carfagna che immortala, con il suo di cellulare,  Bocchino che saluta calorosamente in Transatlantico la Gelmini. Fin qui siamo alla cronaca da basso impero.

Però Alessandra Mussolini parla anche di politica e dice: “Non è che noi teniamo una linea e lei può fare quello che vuole. Noi tutti deputati campani abbiamo preso posizione contro di lei sulla questione del termovalorizzatore di Salerno, che lei voleva affidare a De Luca [il sindaco di Salerno, che è del Pd]  che ha già fatto il commissario senza risolvere nulla. E poi c’è l’amicizia con Italo Bocchino. L’amicizia personale sta bene a tutti e non ce ne interessa niente. Perché quello che a noi interessa è il condizionamento sul territorio quantomeno ambiguo che un ministro del governo Berlusconi sta cercando di esercitare in un momento difficile, avendo rapporti di amicizia politica con un nostro avversario che tra l’altro è molto sbracato”.

Il punto di partenza del caso politico è fissato da Maria Antonietta Calabrò, sul Corriere della Sera: “Una notizia dell’agenzia Ansa da Lisbona nel pomeriggio di ieri ha fatto esplodere un ennesimo caso nel governo. Il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna ha fatto ufficiosamente sapere di essere pronta a lasciare governo e partito a causa di insanabili contrasti con i vertici campani del Pdl. Assicurando di essere «molto amareggiata», ma «con la coscienza a posto». La ragione? «Gli attacchi volgari e maligni» che le vengono mossi da alcuni colleghi dopo i contrasti con i presidenti di Provincia Edmondo Cirielli e Luigi Cesaro sulla questione dei rifiuti in Campania”.

Francesco Bei, inviato da Repubblica al seguito di Berlusconi in Portogallo per il vertice Nato, è tacitiano e, cosa orma insolita sui nostri giornali, comincia l’articolo con la notizia: “I problemi romani inseguono” Berlusconi più veloci dell’aereo: “Stavolta è Mara Carfagna, la pupilla dei suoi occhi, la ministra che lo scorso anno il premier avrebbe persino voluto come portavoce del governo, a minacciare di far fagotto e piantarlo in asso”. Berlusconi, riferisce Bei, riesce a fermarla in extremis, arrivando alla riunione Nato con un’ora di ritardo, per parlare alla Carfagna dal telefonino, mentre ancora sulla pista dell’aeroporto suona la banda militare: “Mara,  il momento è molto difficile. Stiamo cercando di recuperare ma, se ti dimetti, ti presti a essere strumentalizzata e Fini non aspetta altro. Quando torno in Italia ne parliamo, ci vediamo la prossima settimana ».

Marco Galluzzo, sul Corriere, aggiunge particolari:   “Ma che ti importa delle questioni della Campania? Tu ormai hai un profilo nazionale, sei un ministro”, avrebbe anche detto suadente, Berlusconi alla Carfagna, ottenendo questa promessa: “Non passerò mai con i finiani e non farò mai nulla che ti possa mettere in difficoltà”. Berlusconi glielo avrebbe fatto giurare: “Mai con Fli e i finiani, «piuttosto mi dimetto da parlamentare”.

Galluzzo definisce il caso Carfagna “una frittata, sulla cui genesi nel Pdl coltivano un sospetto, che sia stata gestita anche dai finiani”. Conferma Bei: “L’ultima voce che gira nel Pdl è che la Carfagna sia finita nel “Great Game” tra Fini e Berlusconi. Che la voce delle sue dimissioni sia stata gettata in pasto dai finiani all’opinione pubblica per distrarre dalla “retromarcia” politica del presidente della Camera. Ed è proprio il sospetto del Cavaliere. Del resto l’interessata non ha smentito affatto. Solo un sospetto, parlando con i suoi amici, ci ha tenuto a respingerlo con forza. Quello di essere in procinto di passare baracca e burattini con Fini”.

A dar corpo ai sospetti, oltre al legame con Bocchino, noto da tempo, c’è una questione molto più seria, di quelle che fanno la sostanza della politica e che non va giù a molti del Pdl: i circa 20 milioni che, grazie ad un emendamento di Fli, sarebbero stati dirottati nella legge finanziaria sul ministero della Carfagna. La mente dell’operazione sarebbe stata proprio quella di Italo Bocchino e questo, al di là delle chiacchiere,  è quel che nel Pdl ha alimentato i peggiori sospetti di «tradimento» della Carfagna, con la benedizione del coordinatore nazionale di Fli, Adolfo Urso, che ha detto: “Il caso Carfagna è certamente un caso politico. La Carfagna è stata una delle donne più votate alle ultime elezioni regionali in Campania e ha di fatto da mesi un conflitto politico, morale ed etico con il coordinatore regionale del Pdl Nicola Cosentino”.

Al centro dell’etica di questi personaggi c’è qualcosa che puzza, al momento, in senso letterale e basta,  la vicenda del termovalorizzatore di Salerno la cui costruzione la Carfagna non voleva venisse gestita dalla provincia di Salerno.

Poi giocano anche tanti elementi personali della rissosità napoletana e tanti, tra cui Alessandra Mussolini, assicurano invece che la storia risale a molto tempo prima. Mario Pepe dice: “È da tre anni, da quando ero coordinatore di Fi a Salerno, che io e la Carfagna non ci rivolgiamo la parola”. Il presidente della Provincia di Salerno e presidente della Commissione difesa della Camera Edmondo Cirielli (che ha dato il nome all’infame legge Cirielli) ha costruito un dossier di ritagli di giornali,, mandandolo a tutti i parlamentari del suo partito, (“Un pizzino” lo ha definito la Carfagna “pieno di falsità nei miei confronti”), in cui crede di provare come la Carfagna e Italo Bocchino gli stessero facendo guerra per una serie di ragioni tra cui la scelta del candidato di centrodestra per le prossime elezioni al comune di Salerno.

E poi ancora, scrive il Corriere, gli attacchi di Giancarlo Lehner, gli scontri con il coordinatore campano del partito Nicola Cosentino, quella riunione dei parlamentari (tutti campani, ovviamente) di cui lei aveva saputo all’indomani a cose fatte senza che nessuno si preoccupasse di avvertirla, senza parlare dell’intervista di Giorgio Stracquadanio al Corriere, con quelle parole così dirette: “Berlusconi l’ha fatta diventare ministro, però è altrettanto vero che lei deve moltissimo a Italo Bocchino, che se ne è preso cura, politicamente, fin da subito… Suppongo che Bocchino le abbia chiesto di passare con Futuro e libertà…”.

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