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“Pronto, passatemi il Presidente. Sono Conceicao, la brasiliana”. Il 27 maggio di Ruby e Berlusconi minuto per minuto

di Mino Fuccillo |1 Novembre 2010 17:59

Karima Heyek "Ruby"

“Pronto, passatemi il Presidente…sono Conceicao, la brasiliana…”. Oppure Ruby, la marocchina. O l’una o l’altra e in entrambi i casi a chi chiamava il Presidente fu “passato”. Comincia così, con una telefonata al numero del Presidente, sono circa le 21,30 del 27 maggio. Un’ora e mezza dopo l’altra telefonata, quella del Presidente alla Questura, quella con cui Silvio Berlusconi si farà “passare” il capo di gabinetto Pietro Ostuni. Lui, il Presidente, ha chiamato, è scritto negli atti ufficiali, lo ha poi ammesso lo stesso Presidente. Ma chi ha chiamato Lui? O Conceicao Santo Oliveira Michele, nata in Brasile il 3/5/78 e residente in Milano, oppure Ruby, diciassette anni, marocchina. Alle 21,30 di quel 27 maggio le due donne sono a poche centinaia di metri di distanza in linea d’aria: la brasiliana fuori dall’edificio della Questura, la marocchina dentro gli uffici della Questura, fermata dagli agenti della Volante Monforte. Ruby dentro, in attesa di essere spedita in una comunità di accoglienza in quanto minorenne senza documenti e accusata di furto. Dentro ma con il telefonino a disposizione, ai minorenni in questi casi non viene sequestrato. Conceicao fuori, in attesa di sapere cosa ne sarà di Ruby.

Conceicao, la brasiliana, ovviamente modella e indossatrice, dice di essere stata lei a chiamare il Presidente: “Avevo il numero, così ho chiamato, è stato lui a darmelo…avevo una relazione con un uomo molto importante, amico del Presidente”. Presidente conosciuto da Conceicao, secondo il suo racconto, guarda caso a qualche cena a casa del Presidente dove era andata insieme al suo ex fidanzato. E’ lei che chiama, che avverte, che dà l’avvio alla mobilitazione a favore di Ruby, così almeno racconta. Oppure è stata Ruby stessa a chiamare, con il suo telefonino. Lei o Ruby, in entrambi i casi, quale delle due sia stata, il Presidente viene “passato” al telefono, brasiliana o marocchina che sia, il Presidente ritiene opportuno rispondere. Entrambe le donne hanno i numeri giusti, quelli del telefono della stretta cerchia del Presidente. Entrambe superano il “filtro”. Hanno non solo i numeri giusti, ma anche “l’autorità”: chi raccoglie la telefonata la smista al Presidente, convinto e consapevole che il Presidente con Ruby o Conceicao voglia parlare.

C’era una volta la “Batteria”, nome di gergo dato ad una sorta di centralino di Stato. Chiunque tu fossi, se volevi entrare in contatto con un politico o uomo di governo facevi quel numero e il centralino ti “pesava” ed eventualmente, se del caso, ti collegava con l’interlocutore richiesto. Numero del centralino noto a migliaia di persone ma “filtro” ovviamente rigido. La “nuova politica” si regola altrimenti: numeri del cellulare diretti o almeno del cerchio ristretto del Presidente dati a chi “può” telefonare. Conceicao può, Ruby può, hanno i numeri giusti e “l’autorità” necessaria per chiamare e farsi rispondere, non sono mica cittadine qualsiasi. La mente dirazza su un ricordo quasi antico: Berlusconi attaccato al telefono che fa attendere la Merkel la fine della sua conversazione. Era Tremonti? O Bondi? O La Russa? O Ghedini? Forse, ora lo sappiamo, anche quel giorno lontano poteva essere Conceicao oppure Ruby…

Quando una delle due chiama, alle 21,30 del 27 maggio, Berlusconi è a Parigi, sta cenando in ambasciata. Al mattino dello stesso giorno era stato all’Auditorium della Confindustria dove aveva offerto il ministero del dimissionario Scajola ad Emma Marcegaglia. Offerta pubblica, aveva chiesto alla platea di imprenditori: “Alzi la mano chi la vuole ministro con me”. Mani alzate che si contano sul palmo di una mano. Proposta respinta, imbarazzo e gelo. Poi Berlusconi era andato a una riunione internazionale sul tema della finanza e dei paradisi fiscali, al mattino successivo ha appuntamento con Napolitano. Agenda piena, problemi grossi, grattacapi seri. Ma, dopo essere stato chiamato, il Presidente chiama: dalla strada che conduce all’aeroporto o dall’aeroporto stesso. Manca qualcosa a mezzanotte quando il capo scorta del Presidente si collega con la Questura di Milano, si fa passare il capo gabinetto Ostuni e a questi passa il Presidente. Ad Ostuni Berlusconi dice, testo trascritto nero su bianco: “Volevo confermarle che conosciamo questa ragazza, ci è stata segnalata come parente del presidente egiziano Mubarak e dunque sarebbe opportuno evitare sia trasferita in una struttura di accoglienza, volevo informarla che entro breve arriverà da voi il consigliere regionale Nicole Minetti che se ne occuperà volentieri”. Aggiunge Berlusconi: “Non dovrebbero sfuggirle  le conseguenze…”. Le “conseguenze” di che? Della “parente del presidente egiziano” in una struttura di accoglienza, insomma fermata dalla polizia e trattenuta sotto “vigilanza”.

Alt, fermiamo e riavvolgiamo il nastro degli avvenimenti documentati. Al Presidente c’è chi può telefonare direttamente e farselo passare, sono Conceicao o Ruby. Chi raccoglie la telefonata passa la chiamata. Deve avere nozioni e istruzioni al riguardo, o forse abitudine in materia. Berlusconi impegnatissimo trova tempo, voglia e motivo di attivarsi. Chiama la Questura di Milano e inventa la “parentela” con Mubarak. Per “goliardia” ha detto qualche anima pia. Goliardia? Quell’invenzione, quella “trovata” dimostra che Berlusconi sa che non può dire “è una mia amica”. Sa che così sarebbe pressione esplicita e sfacciata. Quindi sceglie la pressione indiretta: “Non le dovrebbero sfuggire le conseguenze…”.

E al capo di gabinetto le conseguenze non sfuggono. Attiva funzionari perchè Ruby venga consegnata a Nicole Minetti che arriva in Questura e si qualifica come “emissario di Palazzo Chigi”. C’è però il problema del magistrato, quello di turno competente per i minori. E’ quella notte Annamaria Fiorillo. Interpellata dice l’ovvio: Ruby va mandata in struttura d’accoglienza o trattenuta in Questura, il tutto dopo averne accertato l’identità. In Questura l’identità l’accertano dopo faticose ricerche. Ora sanno che è marocchina e che quindi con Mubarak nulla c’entra. Che fare, telefonare al capo del governo e dirgli…Che dirgli? Meglio dirgli nulla. Un agente attesterà poi di aver cercato strutture di accoglienza per Ruby ma di non aver trovato in nessun luogo posti liberi. Nei giorni successivi il Corriere della Sera documenterà che almeno cinque centri per minori quella notte non sono stati chiamati e che comunque di posto ne avevano. Diciamo che in quella notte di stress, Palazzo Chigi richiama una seconda volta un’ora dopo per sapere se tutto è a posto come precentemente consigliato, la ricerca di una struttura di accoglienza per Ruby è stata “per forza di cose” frettolosa o particolarmente sfortunata.

Posto non ne trovano anche se c’era e quindi Ruby viene “affidata” a Nicole Minetti. Forse con l’assenso del giudice e forse no, qui le versioni ufficiali della Questura e della Procura divergono. Mettiamo pure ci sia stato l’assenso del magistrato, è comunque un singolare “affido”. Infatti Nicole Minetti “obbligata a vigilare sul minore” dalla legge nel momento dell’affidamento, subito la saluta e la consegna alla brasiliana. Nei giorni successivi si presenterà a richiedere l’affido di Ruby anche Lele Mora per interposta figlia Diana, assistita nella richiesta da un avvocato membro del Pdl lombardo. Nella realtà Ruby viene liberata e affidata a nessuno se non a se stessa, circostanza che nessun giudice minorile può mai aver disposto perché contraddittoria con il concetto stesso di affido.

Altro stop e riavvolgimento del nastro degli avvenimenti: nessun affido reale c’è stato, una funzionaria di polizia, Giorgia Iafrate, non firma quello che è un atto di rilascio incondizionato di Ruby. Tutto si viene a sapere perchè Ruby torna ad essere “attenzionata” dalla polizia dopo lite con la brasiliana. In Procura scoprono allora come era andata la notte del 27 maggio.

Riepilogo: qualcuno ha i numeri, l’autorità e forse l’abitudine a chiamare il Presidente. Qualcuno sempre conosciuto a cena a casa del Presidente. A chiamata il Presidente risponde, anche se è notte, anche se è all’estero. Il Presidente interviene ma sa che non può parlare di “amici”, quindi inventa la “parente di Mubarak”. La Questura fa quel che può perchè non le sfuggono “le conseguenze”, anche se accerta che non sarebbero conseguenze internazionali ma molto domestiche conseguenze. Si cerca e non si trova quel posto che risulterà esserci. Ruby viene liberata e ci ricasca. Ruby affidata di fatto a nessuno perchè la Minetti considera esaurita la sua missione nel momento che Ruby è fuori dalla Questura, infatti subito dopo se ne lava le mani. Perchè tutto questo? La risposta la dà Conceicao, solo a volerla ascoltare: “Aveva detto a tutti di avere più di venti anni”. A tutti, a tutti quelli che avevano cenato con lei in quelle cene. Dirà poi Umberto Bossi: “Peccati di pantalone”. Dirà Ghedini, avvocato del premier, quello della formula  “utilizzatore finale”, che: “Non si possono non riscontrare comportamenti assolutamente positivi”.

Questa è la storia e se fate fatica a crederci, se vi sembra più improbabile di una vecchia commedia con Lino Banfi o di una sceneggiatura dei film dei Vanzina, allora siete, siamo compresi, capiti. Ma scusati no, non più, non ancora.

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