Countdown della crisi: l’Italia ha 100 giorni, Berlusconi 48 ore

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 2 Novembre 2011 - 17:33 OLTRE 6 MESI FA

foto Lapresse

ROMA – L’Italia ha 100 giorni, Silvio Berlusconi 48 ore. Il nostro Paese può resistere 100 giorni con i tassi di interesse sui bond emessi (i soldi che lo Stato chiede in prestito per funzionare) sopra il 6% e con lo spread (il divario di rendimento) fra Btp e Bund tedeschi sopra i 400 punti. Se entro gennaio non riusciamo a portare i tassi sotto il 5% e lo spread sotto i 300 punti, iniziamo a non reggere più il peso del debito, indebitandoci troppo per sdebitarci. Non è un gioco di parole ma un rischio concreto di avvitamento in una spirale che porta al fallimento: è quello che è già successo a Grecia, Portogallo e Irlanda.

Berlusconi ha 48 ore per presentarsi lì, a Cannes, al vertice del G20, con un pacchetto di cose fatte, decise: non una lettera di cose da fare e da decidere. Dagli “intenti” ai provvedimenti, insomma. Il premier deve dire quello che farà lì, a Cannes, e qui, in Italia. Le pressioni sono esterne ed interne: gli chiede misure subito contro la crisi l’Europa, ma glielo chiedono con ancora più veemenza tutte le parti sociali, dai Cobas all’associazione dei banchieri: “Agisca o lasci“. Il governo si riunisce in un Consiglio dei ministri straordinario e serale dopo una lunga serie di incontri fra Palazzo Chigi e le residenze di Berlusconi.

Cosa ne uscirà è difficile capirlo, perché in questi giorni tutto si è proposto e tutto si è smentito. Il leader della Lega Umberto Bossi ci ha tenuto a ribadire che “le pensioni non saranno toccate”. Fonti del governo escludono che si deciderà su una patrimoniale, un condono o su norme che rendano i licenziamenti più facile. Restano le norme sulla semplificazione amministrativa, le dismissioni del patrimonio pubblico, o un prelievo forzoso sui conti correnti, così come fece l’allora premier Giuliano Amato nel 1992. “Sono misure che mi fanno venire l’orticaria”, ha detto Berlusconi. Ma il tempo non gioca a suo favore.

E già perché i 100 giorni su cui può contare l’Italia sono un punto di forza e di debolezza per Berlusconi. Punto di forza perché non sono pochi per agire ma non sono sufficienti per organizzare le elezioni anticipate. Quindi non sarà un inedito voto a cavallo di capodanno a scalzare l’attuale premier, ma potrebbe essere qualcos’altro, e qui veniamo al punto di debolezza. Se Berlusconi nelle prossime ore non tira fuori nessun decreto o maxi emendamento o coniglio dal cappello, non sarà più lui ad utilizzare quei 100 giorni per affrontare la crisi, ma un altro al posto suo. E quest’altro non sarebbe più un governo “tecnico” ma un vero e proprio governo di “salvezza nazionale”, un esecutivo di emergenza per andare incontro alla guerra economica che ci attende.

Ma forse anche la stima dei 100 giorni è ottimistica. E’ in corso un braccio di ferro fra la Grecia e l’Europa. Il premier greco George Papandreou, che alla fine si è ricordato di essere socialista e convinto assertore delle teorie della democrazia deliberativa, vuole indire un referendum il 4 e l’11 dicembre per chiedere ai greci di approvare il nuovo accordo con l’Unione europea (che prevede anche l’impegno delle banche ad accettare una sforbiciata sui propri investimenti del 50% anziché del 21% come concordato in precedenza).

Il presidente della commissione europea Josè Manuel Barroso e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno chiesto a Papandreou di rinunciare al referendum, ma il leader greco sembra voler andare dritto per la sua strada. Una strada che potrebbe portarlo subito al collasso del suo governo. Fino a due giorni fa Papandreou poteva contare su 154 voti su 300 ma in poche ore due deputati del Pasok si sono sfilati e altri sei hanno sottoscritto una lettera aperta al primo ministro affinché si faccia da parte e consenta elezioni anticipate in tempi rapidi. In queste condizioni, il voto di fiducia venerdì proprio sull’approvazione dell’accordo con la Ue potrebbe rappresentare l’ultima ora del governo.

E anche se Papandreou riuscisse a superare le difficoltà delle prossime 48 ore, se l’Europa dovesse svegliarsi il 12 dicembre con la notizia di un grosso “no” pronunciato dalla Grecia tramite referendum, non arriveremmo a Natale. Un fallimento non pilotato dei vicini greci seminerebbe il panico nell’Eurozona e trascinerebbe l’Italia per prima nel buco nero del default.