M5S doppio gioco filmato su tabellone Camera, Pd si accoltella…legge elettorale addio

ROMA – M5S aveva annunciato al paese che, essendoci rischio di franchi tiratori in aula (cioè di parlamentari che dicono di votare in un modo ma al voto segreto votano nel modo opposto) avrebbe filmato il voto dei suoi deputati. In modo fosse chiaro che se qualcuno a scrutinio segreto affossava la legge elettorale su cui si erano impegnati Pd, Forza Italia, Lega e appunto M5S fosse chiaro che imbrogliava. Non certo M5S, annunciava M5S: noi ci filmiamo quando votiamo anche a scrutinio segreto.

Loro non l’hanno fatto, non si sono filmati al voto a scrutinio segreto. L’ha fatto per loro il tabellone della Camera. Per un rivelatore disguido tecnico il tabellone non ha prodotto lucine tutte grige all’istante delle votazione, grigio nel quale tutti i voti segreti sono uguali. Il tabellone ha lasciato i colori e si è quindi visto nell’istante di sincerità del tabellone (non di M5S) che verdi erano le lucine M5S. Verd, come di chi vota sì all’emendamento che nell’accordo non c’era e nella legge elettorale nemmeno.

Era più o meno il secondo voto segreto alla Camera e il Tabellone filmava come votava M5S: contro l’accordo. E di voti segreti ne mancavano almeno un’altra novantina. Non ci voleva la zingara che predice il futuro per indovinare che fine avrebbe fatto la legge elettorale firmata a quattro sigle ma con ciascuna che diffidava dell’altra e con più d’una che tirava a fregare l’altra. La legge sarebbe stata travolta, sforacchiata dai voti segreti. Quindi, addio legge elettorale.

Tanto più che durante quello stesso voto segreto si vedeva non solo che M5S faceva il doppio gioco, doppio gioco filmato sul tabellone. Si vedeva anche che nel Pd è viva e forte la tradizione di accoltellarsi da soli, di accoltellare il vicino di banco. Qualche simpatica decina di deputati Pd si è fatta trovare pronta e disponibile all’appuntamento per affossare la legge elettorale pattuita dal Pd con M5S, Forza Italia e Lega. Dirà poi Renzi: “Non tengo i miei”. Non è una notizia, è appunto una tradizione dei parlamentari Pd in questa legislatura: non farsi tenere e non tenersi. Appena vedono la possibilità di disfare ciò che il loro partito ha fatto, lo fanno.

Che si vede dunque dalla giornata parlamentare-politica in cui franò la legge elettorale “alla tedesca” e il gran patto Berlusconi-Grillo-Renzi-Salvini si rivelò di burro e di fiele? Alcune cose si vedono, in fondo conferme, disperanti conferme.

La prima: M5S è così, non è che lo disegnano così, è proprio così: se decide, se si assume una responsabilità, se fa un’alleanza…allora fibrilla, si turba, si inquieta e alla fine fuori si chiama. Perché M5S è tanti e diversi umori e pensieri di popolo e popolari. Non scegliere mai tra loro, non decidere mai prima l’uno e poi l’altro è la cifra della fortuna e anche della sopravvivenza del MoVimento. La cifra del loro governo se mai sarà sarà quella del non fare nulla, nessuna scelta. Roma e la Raggi non sono un caso, sono un esempio.

M5S non può allearsi, con niente e con nessuno, la cosa gli causa reazione di rigetto. Rigetto che lo fa rimbalzare nei veri luoghi in cui abita e prospera: l’anti tutto. Aveva fatto e benedetto, perfino votato sul blog, una legge elettorale per soddisfare la sua parola d’ordine che è appunto elezioni al più presto possibile. Ma M5S non ha retto, fisicamente e culturalmente retto, ad aver fatto una cosa con Renzi o con Berlusconi. E quindi ha scartato e scalciato. Fino al teatro dell’assurdo, Grillo che dice: “Era una legge bella, l’hanno distrutta perché l’avevamo fatta noi”. Mente, quella legge M5S l’ha smontava in aula mentre Grillo blog preparava nuovo voto appunto via blog per tirarsi fuori e “correggere” il precedente sì. Insomma la giornata e al storia delle legge elettorale confermano che M5S  è soprattutto chiacchiere e distintivo. Come un bel pezzo d’Italia e tanta, tanta società più o meno civile.

Seconda e triste conferma: il Pd è e resta una confederazione degli odi e sabotaggi interni. Più o meno tutta la sinistra, ma nel Pd c’è del perfezionismo al riguardo. Valgono nell’area alcune regole, per esempio se è la legge di Renzi, allora non è buona legge. Oppure se ci si allea con Berlusconi allora è bestemmia. A meno che ad allearmi con Berlusconi non sia io per supremi e inderogabili motivi. La sinistra, dentro e fuori il Pd, ha votato No al referendum dicembre 2016 anche per affossare la legge elettorale maggioritaria. La stessa sinistra che oggi critica, condanna e dà una mano a scrutinio segreto ad affossare la legge elettorale proporzionale. La stessa sinistra che vuole la legge proporzionale ma non vuole i governi di coalizione che nascono dalla proporzionale.

Una sinistra che si odia, si boicotta e si accoltella da sola con buona perizia. Una sinistra impegnata in una costante guerra interna (civile è dire troppo perché spesso è alquanto incivile). Una sinistra ce si squaglia e sfarina quando si fa legislatore e governo, tanto quanto M5S degrada da Superman a furbetto quando tocca la kriptonite della realtà.

Terza e disperante conferma: un veleno ha ormai corroso nel profondo la vita politica e la vita pubblica, la cosiddetta Casta e la cosiddetta gente: ogni accordo è inciucio, ogni alleanza è anatema e bestemmia, boicottare, impedire, fermare sono le uniche “missioni” riconosciute come praticabili.

Quarta conferma, tutto sommato la meno peggio: il Parlamento non è in grado di fare nessuna legge elettorale. Quindi con tutta probabilità si andrà a votare nel 2.018 e con le due mezze leggi che ci sono, una per la Camera e l’altra per il Senato. Leggi di risulta, frutto dei tagli apportati a leggi precedenti dalla Corte Costituzionale. A suo tempo ne verrà quindi fuori un gran casino elettorale, con niente maggioranze o maggioranze diverse tra una Camera e l’altra e tutte tenute insieme con la saliva. Ma a suo tempo però, e questa è l’unica magrissima consolazione che il convento passa a contorno di una pessima e quasi velenosa minestra.

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