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“La magistratura è la più grande minaccia dello Stato italiano”. Parole di D’Alema, condivise da Berlusconi e forse anche dagli ambasciatori Usa

di admin |24 Dicembre 2010 11:04

Berlusconi e D'Alema

Massimo D’Alema che attacca i giudici come Silvio Berlusconi, i sospetti di “inciucio” o meglio di un compromesso coordinato e continuativo fra il Governo Pdl-Lega e l’opposizione del Partito Democratico, la sfiducia nella giustizia degli italiani e il suo peso eccessivo nella parabola politica del Cavaliere. E l’implicito appoggio di Giorgio Napolitano ad un eventuale riforma giudiziaria targata pdl.

Si trova tutto questo in due dispacci ripescati da El Pais, il più popolare quotidiano spagnolo di sinistra, nel mare magnum delle carte di Wikileaks. Sono due cablogrammi riservati compilati dagli ambasciatori americani in Italia (Ronald Spogli prima e David Thorne poi).

Nel dispaccio del 3 luglio 2008, intitolato “Berlusconi incontra forti turbolenze”, nel paragrafo “La magistratura in Italia: per molti un sistema che non funziona (broken nel testo originale)”, l’ambasciatore americano argomenta che la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche relative alle inchieste giudiziarie da parte della stampa creano “imbarazzo a coloro che si battono per una riforma del sistema giudiziario e per la fine della pratica delle intercettazioni”. I responsabili delle fughe di notizie “raramente vengono” individuati.

Poi c’è il passaggio su cui El Pais punta di più, parlando di “inciucio latente” fra Governo e opposizione: “Sebbene la magistratura italiana sia tradizionalmente considerata orientata a sinistra, l’ex premier e allora ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha detto lo scorso anno all’ambasciatore (Usa, ndr) che la magistratura è la più grande minaccia allo Stato italiano“, scrive ancora Spogli, riferendosi ad un colloquio avuto con D’Alema nel 2007. Una conversazione in cui D’Alema ha oggi precisato di essere stato frainteso dall’ambasciatore americano.

“Nonostante 15 anni di dibattiti sulla necessità di una riforma del sistema, non sono stati fatti progressi significativi. Gli italiani considerato il loro sistema ‘rotto’ e hanno veramente poca fiducia sul fatto che garantisca giustizia”, commenta ancora il diplomatico americano.

Berlusconi “affronta turbolenze” a causa di “almeno tre inchieste giudiziarie”, e nelle prossime settimane, “ha detto Gianni Letta che potrebbero essere pubblicate altre “imbarazzanti intercettazioni”: cosi’ l’ambasciatore Usa a Roma, Ronald Spogli, in un dispaccio del 3 luglio 2008. Dopo la “luna di miele” nella prima fase del governo, il premier “è finito nelle turbolenze e non è chiaro se abbiano girato a suo vantaggio”.

Settembre 2008: l'allora ambasciatore Usa Ronald Spogli con il presidente Giorgio Napolitano

Le inchieste sono relative al “caso Mills” e ai “diritti tv Mediaset”. Nel caso “più seguito” dalla stampa, “Berlusconi è accusato di aver trattato favori politici con l’ex direttore della Rai, Agostino Saccà, anche se la gran parte delle prove riguarda le raccomandazioni di Berlusconi che certe showgirl avrebbero dovuto avere più spazio (in tv, ndr)”. Sul punto, Spogli commenta in una nota che “Berlusconi non sarebbe tenuto alle dimissioni in caso di una condanna penale, anche se probabilmente subirebbe forti pressioni politiche per farlo. Le condanne non sono considerate definitive, finché non superano altri due giudizi. In Italia, questo può richiedere diversi anni”.

Dopo una analisi del ‘Lodo Schifani’, di quella “che Berlusconi chiama una giustizia ad orologeria”, l’ambasciatore americano conclude – nel commento finale del dispaccio – che i “guai giudiziari hanno perseguitato i 15 anni di attività politica” del premier italiano “anche se non ha mai ricevuto una condanna definitiva”. Anche con le critiche alla magistratura di alcuni esponenti dell’opposizione (Massimo D’Alema, ndr), “sembra che alcuni magistrati motivati politicamente siano andati troppo oltre”.

La legge per l’immunità, “che ha il supporto implicito del presidente Napolitano”, potrebbe poi “mettere a tacere” i problemi legali del premier fino alla fine del “mandato di governo”.

“Nonostante tutto ciò – scrive ancora Spogli – e nonostante i buoni sondaggi elettorali, possibili nuove rivelazioni nel prossimo mese preoccupano alcuni dei suoi consiglieri”. In breve, Berlusconi è finito nelle turbolenze e non è chiaro se abbiano girato a suo vantaggio. Nel caso estremo (“in the extreme”), è possibile immaginare uno scenario nel quale Berlusconi potrebbe perdere considerevole popolarità e la sua abilità di portare aventi le riforme, o anche il suo potere di governare”.

Perplessità degli Stati Uniti sul rapporto teso tra giustizia e politica in Italia è espressa in un altro “cable” riservato del 1 gennaio 2010 (242 287). L’ambasciatore in carica, David Thorne, ha scritto quel giorno che “Berlusconi identifica senza equivoci la magistratura come il grande problema, e dice di essere pronto a stringere un’alleanza con il centro-sinistra per impostare la riforma della giustizia“.

Berlusconi passò quella lunga visita a lamentarsi con Thorne del trattamento che gli hanno riservato i giudici. “Ha detto che un sistema giuridico in cui i casi non vengono risolti, dove non si può avere mai la certezza dell’assoluzione, perché tutti i processi possono essere riaperti in seguito, avvelena il sistema economico italiano e politico. E ha sostenuto che questo è proprio quello che è successo nel suo caso, di essere assolto nel passato, ma di essere rimesso sotto indagine ripetutamente con le stesse accuse”.

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