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Matteo Renzi molli la candidatura a premier: pressing Pd anche dai due capigruppo

di Warsamé Dini Casali |7 Novembre 2017 11:11

Matteo Renzi molli la candidatura a premier: pressing Pd anche dai due capigruppo

Matteo Renzi molli la candidatura a premier: pressing Pd anche dai due capigruppo

ROMA – Matteo Renzi molli la candidatura a premier: pressing Pd anche dai due capigruppo. La leadership nel partito non è in discussione, Renzi segretario lo ha deciso più di un milione di voti delle primarie Pd: il flop elettorale in Sicilia, tuttavia, ha inevitabilmente galvanizzato oppositori interni ed esterni, un accerchiamento che mira a sfilare al segretario la maglia di candidato premier e costringerlo a recuperare un rapporto con i fuoriusciti e con i potenziali alleati a sinistra del Pd.

Oltre alle ricostruzioni giornalistiche, ai retroscena e alle proiezioni del desiderio, immancabili un minuto dopo la chiusura delle urne, spiccano però le dichiarazioni dei due capigruppo del Pd in Parlamento. Mentre Luigi Zanda, capogruppo al Senato, invita senza giri di parole Renzi a scegliere tra i due ruoli, il super-renziano Ettore Rosato, capogruppo alla Camera, sostiene apertamente la candidatura a premier dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi Paolo Gentiloni (salvo poi attenuare l’endorsement specificando che Renzi ovviamente è il candidato naturale).

“Solo lui può decidere di spezzare l’identificazione, prevista dal nostro Statuto, e voluta da Bersani tra segretario e candidato premier”. “Io non sono mai stato renziano – spiega Zanda a La Repubblica – però l’ho sostenuto con lealtà . Il nostro Statuto prevede che segretario e candidato premier siano la stessa persona. Solo Renzi può spezzare questo legame. Lo ha fatto un anno fa con Gentiloni e ha funzionato, ha fatto bene al partito, al Paese e a Renzi stesso. Se vuole scindere le due figure Renzi lo può fare ancora.

Le due dichiarazioni dei due esponenti tutt’altro che ostili a Renzi sono una spia della guerra in corso, l’obiettivo è un centrosinistra più largo, che accolga Pisapia e reintegri Mdp. La debolezza del partito certificata dal voto siciliano alimenta le pressioni su Renzi, cui resta, stante la nuova legge elettorale detta Rosatellum, l’ultima parola sulla costruzione delle liste.

“L’accordo con i bersaniani è ineludibile, oppure saremo destinati alla sconfitta. Ma nessuno mette in discussione la leadership del segretario”, ragiona il ministro Dario Franceschini. Secondo il ministro Orlando, la segreteria di Matteo Renzi non è in discussione dopo il risultato in Sicilia, ma è oggi “più chiaro che mai” che è indispensabile costruire una coalizione larga di centrosinistra. Con un candidato premier che sia in grado di unire, “cosa che però Renzi finora non ha dimostrato di saper fare”.

Mdp e sinistra-sinistra, che pure in Sicilia hanno a mala pena dimostrato di esistere, contano comunque di sfruttare il momento no dei democratici per ridimensionare Renzi a leader di partito e chiedere un nome alternativo per condurre il centrosinistra alla sfida delle politiche.

 

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