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Roma. Record debito: Rutelli, Veltroni, Alemanno? Marino…

di Warsamé Dini Casali |13 Ottobre 2015 9:16

Roma, a chi record debito? Rutelli, poi Alemanno e Veltroni

ROMA – Debito monstre, poste fuori bilancio, gestione contabile poco trasparenti, commissari che si alternano. Il passivo accumulato negli anni (diciamo dal primo sindaco eletto dal popolo, Rutelli a fine ’93) da Roma capitale peserà sui contribuenti con tasse e addizionali almeno fino al gennaio 2048. Tra Tesoro e addizionali, più la tassa di un euro per ogni biglietto aereo per Roma, il Comune riceve un assegno perpetuo di mezzo miliardo di euro l’anno.

Ma, nonostante tutti i controlli, negli anni sono emersi nuovi debiti fuori bilancio, crediti non esigiti: la vera dimensione totale forse non è ancora conosciuta. Chi fra i sindaci ha contribuito di più all’accumulo del debito? Sul Sole 24 ore Gianni Dragoni propone una classifica giornaliera dell’aumento medio attribuito ai quattro sindaci: Rutelli ha prodotto un aumento giornaliero di 892.937 euro, Veltroni di 416.476 euro, Alemanno e di 450.160 euro, Ignazio Marino è l’unico con il segno meno, avendo diminuito il debito ogni giorno di 13mila euro.

Rutelli. Secondo il bilancio del Comune, a fine 2000 i debiti finanziari erano 5,93 miliardi di euro. All’arrivo di Rutelli, secondo quanto ricostruito dal Sole 24 Ore (sul sito non si trova il bilancio prima del 1997), il Comune aveva circa 3,6 miliardi di debiti finanziari: quindi sotto Rutelli il debito è aumentato di circa 2,31 miliardi […]

Veltroni lascia il Comune con debiti finanziari, secondo il bilancio a fine 2007, per 6,95 miliardi, cioè un miliardo e 21 milioni in più rispetto all’addio di Rutelli […]

Alemanno accusa Veltroni di aver «occultato» alcuni dati di bilancio, sostiene che ha nascosto un debito «contrattualizzato» per 1,277 miliardi (si tratta di linee di credito non ancora “tirate” per cantieri aperti) e che, se si considera quanto «programmato», il debito schizzerebbe di ulteriori 1,54 miliardi. Accuse rigettate da Veltroni, che chiama in causa per la crisi di liquidità l’ex governatore del Lazio (di destra) Francesco Storace. A causa del buco nella sanità la Regione non ha versato a Roma contributi per un miliardo.

Alemanno evita il dissesto del Comune, che porterebbe al commissariamento, grazie a un accordo con Berlusconi e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Con un decreto legge viene costituito il commissario per il «debito pregresso» che si prende in carico tutto il debito fino al 28 aprile 2008, cioè fino all’elezione di Alemanno. Si crea la bad company dei debiti di Roma, il sindaco di destra parte leggero. Nel bilancio a fine 2008 apparirà che il debito finanziario del Comune è ridotto a soli 1.028 milioni.

E nel 2010 Alemanno può scaricare ulteriori 644,2 milioni di debiti nella gestione commissariale. Per due anni Alemanno è anche commissario del debito del Comune, può quindi decidere consultando solo se stesso, fatta salva la verifica con Tremonti, quanto debito è «pregresso» e va scaricato nella bad company.
È qui che la partita si fa meno trasparente. Solo a metà del 2013 arriva la prima relazione al Parlamento del nuovo commissario al debito, Varazzani. Secondo i dati di Varazzani, il debito di Roma Capitale trasferito al commissario e «accertato» alla data del 26 luglio 2010 ammonta a 8,64 miliardi di debiti non finanziari, più 7,12 miliardi di debiti finanziari. Cifre molto più alte di quelle che apparivano dai bilanci ufficiali fino al 2007. (Gianni Dragoni, Il Sole 24 Ore).

 

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