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Pensioni. 2 anni di stop alle anzianità? 11 miliardi all’Inps in rosso

di Warsamé Dini Casali |26 Ottobre 2011 11:08

ROMA – In Italia si va in pensione di anzianità in media a meno di 59 anni: si tratta di meno di 150 mila persone l’anno. Un blocco delle anzianità di due anni, dal 2012 al 2014, per quanti ne abbiano maturato il diritto nel 2011, varrebbe per l’Inps  un risparmio di 11,6 miliardi in tre anni  a carico di 386 milioni di aspiranti pensionati, con l’esclusione dei lavoratori in mobilità e di coloro che hanno svolto lavori usuranti. Se , invece, il ritocco al sistema pensionistico avvenisse decidendo di innalzare l’età pensionabile fino a 70 anni e tre mesi nel 2022, si avrebbero risparmi che a quella data ammonterebbero a 7,4 miliardi, per aumentare progressivamente fino a una riduzione di spesa dell’1,3% del Pil nel 2050.

La congiuntura attuale e la necessità di ristrutturare il debito pubblico sotto la sferza dell’Europa, pone la questione pensioni al centro del drammatico confronto politico di questi giorni. Ogni annuncio, anche generico, del presidente del Consiglio Berlusconi è interpretato come una dichiarazione di guerra dal suo alleato Bossi, impegnato a difendere con le unghie e con i denti quei due terzi degli assegni di anzianità concentrati in “Padania”. Lì era il grosso della manodopera impiegata nelle grandi fabbriche, lavoratori (tra cui i milioni che dal sud emigrarono) che hanno iniziato spesso appena un anno dopo la scuola dell’obbligo. Maturando in giovane età il diritto alla pensione, certo, talvolta beneficiando di trattamenti di uscita dal lavoro anticipato come le famigerate baby-pensioni. Ma molto più spesso costretti ad abbandonare forzatamente il posto di lavoro in seguito alle grandi ristrutturazioni industriali degli anni 70/80.

Dunque, giusta difesa di interessi territoriali, rivendicazione di diritti acquisiti, opportunistici calcoli elettorali, la matassa è più che intricata. Anche perché il blocco sociale contrario a ogni limatura delle pensioni di anzianità si ripropone con modalità analoghe nel campo del centrosinistra. Eppure l’emergenza non riguarda solo il debito e i nostri obblighi contingenti con l’Europa: una falla si sta allargando anche nell’ambito della gestione previdenziale. I conti delle nostre pensioni sono in rosso: nel 2012 l’Inps chiuderà il bilancio con un passivo di 736 milioni di euro. E il prossimo anno il disavanzo sarà maggiore. Questo nonostante negli ultimi 9 mesi l’Inps abbia aumentato le proprie entrate del 2,2%, a dispetto di un monte salari diminuito dello 0,7% e di un numero di contribuenti calato del 2,7%. Un miglioramento dovuto all’azione repressiva ed educativa di Equitalia, che punisce i lavoratori in nero e persuade all’emersione.

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