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Teresa Bellanova, il ministro renziano: “Regolarizziamo 600mila clandestini”

di Redazione Blitz |14 Aprile 2020 13:14

Il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova (Ansa)

ROMA – Regolarizzare subito i 600mila immigrati che in Italia ci vivono e lavorano, ma da clandestini. E’ una voce governativa a levarsi in direzione di una sanatoria estesa, quella della ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova, cuneo renziano nell’esecutivo giallo-rosso.

“Basta ipocrisia. E testa sotto la sabbia. È la mia risposta nella riflessione su quei 600mila  clandestini da regolarizzare per far ripartire l’economia italiana”. Lo scrive a chiare lettere la ministra in un intervento di proprio pugno su Il Foglio.

“Nessun insediamento informale, nessun lavoratore in nero, sono mai completamente invisibili – prosegue la ministra –, lo diventano perché ci si ostina a non vederli per ricordarsene solo quando l’irreparabile costringe a prenderne atto”.

L’irreparabile, complice il grande contagio, è la penuria di forza lavoro nelle campagne italiane, all’appello mancano centinaia di migliaia di braccia.

Scrive Bellanova: “È anche per questo che dico: o siamo noi, la politica, chi governa, a farci carico fino in fondo delle contraddizioni che il reale ci impone sotto gli occhi, o se ne farà carico qualcun altro: la criminalità”.

Nel ricordare le emergenze affrontate nel settore agricolo e i numeri dei cosiddetti “regolari” (400 mila) la ministra scrive che “sappiamo come fare” per affrontare la situazione e a quanti l’accusano di avere troppa attenzione “per i lavoratori dei ghetti” Bellanova risponde scrivendo “se non è lo Stato a garantire incrocio regolare tra domanda, offerta di lavoro, rete integrata dei servizi necessari, è la criminalità”.

E “il caporalato non è un modo alternativo di erogare servizi necessari, è mafia” e “senza soluzioni legali si espongono le imprese al ricatto di chi fornisce braccia e servizi”.

Infine Bellanova taglia corto: “A questo era ed è chiamata Anpal (l’Agenzia nazionale politiche attive lavoro) i cui ritardi sono evidenti e così l’incapacità di fornire risposte adeguate a un tema così complesso”. (fonti Il Foglio, Agi)

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