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Tv digitale terrestre: per bloccare Sky Berlusconi si rivolge alla Clinton e al Consiglio di Stato, alla faccia del conflitto di interessi, rischiando di far saltare la legge Gasparri

di Marco Benedetto |9 Dicembre 2010 19:40

Il ministro dello Sviluppo Economico ha posto al Consiglio di Stato un quesito tanto singolare quanto imbarazzante: verificare se l’imminente ingresso di Sky nel digitale terrestre avvenga in condizioni di reciprocità. La reciprocità richiesta è ovviamente tra Italia e Stati Uniti e riguarda lo specifico del settore televisivo. Infatti Sky è una società la cui catena di controllo porta direttamente in America, perché il principale azionista – persona fisica, Rupert Murdoch, è cittadino americano  e lo è dovuto diventare, lui australiano, proprio perché la legge americana non consente il controllo di network tv  in analogico da cittadini stranieri.

Questo vale anche da noi, per i network in analogico, ma non dovrebbe valere più col digitale terrestre, come non vale per la tv satellitare.

La mossa del governo Berlusconi rivela il panico in cui Mediaset e il suo padrone si trovano, di fronte alla possibilità che Murdoch, forse il più grande e completo editore del mondo, possa giocare a tutto campo in Italia, senza più il vincolo del satellite. Si tratta di una mossa chiaramente disperata, perché, portando il digitale terrestre nel recinto dei vincoli previsti per l’analogico, Berlusconi rischia di mettere in gioco la natura del digitale terrestre, come salvagente di Retequattro.

Nei mesi scorsi, il governo Berlusconi aveva ripetutamente cercato di impedire il via libera comunitario a Sky. Oggi si rivolge al Consiglio di Stato anche se tutti sanno che le accertate condizioni di reciprocità tra le diverse piattaforme furono alla base della luce verde comunitaria. Chiederlo oggi da parte del Governo non è solo una mossa in extremis, attraverso un cavillo, per ritardare l’ingresso di Sky, ma anche una gaffe nei confronti della Ue e un ennesimo episodio del conflitto di interessi.

Anche se Berlusconi ci ha abituato a ben altro, non è proprio una delle mosse più eleganti interpellare, sul tema della reciprocità, anche, come sembra sia avvenuto,  lo stesso Dipartimento di Stato americano, retto da quella stessa Hillary Clinton che tutti abbiamo visto al Tg dire a denti stretti e sorriso forzato che Berlusconi “is America’s best friend”.  Si dice anche, ma probabilmente è solo una esagerazione, che nella fretta angosciosa e angosciata di agire, la prima richiesta di chiarimento al Dipartimento di Stato sia arrivata su carta intestata della Presidenza del Consiglio e non, come c’era da aspettarsi, dal Ministero degli Esteri.

Certo, di questi tempi, con tutto quello che succede nel mondo dei media e col rimescolamento di parti che c’è nella ripartizione della torta pubblicitaria, le preoccupazioni di Mediaset sono più che giustificate e legittime, perché Sky, che è una potenza mondiale, non può non fare paura a una azienda quasi esclusivamente italiana tranne l’appendice spagnola. Ma chiamare in soccorso l’inquilino di palazzo Chigi è una cosa che nessuna altra azienda italiana, per quanto in difficoltà anche gravi può fare, come la Fiat sa molto bene.

Alla base del quesito posto agli americani e al Consiglio di Stato italiano c’è la limitata disponibilità di frequenze analogiche terrestri che esclude dalla proprietà di network tv i paesi in cui non esistano condizioni di reciprocità e quindi i non americani in America e i non europei in Italia. Per la stessa ragione non esistono invece limiti alla proprietà di tv satellitari, perché, almeno in teoria, i canali satellitari sono illimitati.

In America, dove accanto ai network analogici prosperano le grandi reti via cavo, il problema non risulta essersi posto alla Fcc, l’autorità che regola nel bene e nel male la televisione in America, in relazione alle tv  cavo, ma dal punto di vista italiano conta poco e dal punto di vista del nostro governo ancor meno. Infatti la “liberazione” della tv da ogni vincolo fatta dalla legge Gasparri è un valore assoluto ed è anche il presupposto della sopravvivenza delle trasmissioni terrestri di Retequattro e Raitre. Per questo ritengo che la mossa di volere estendere il requisito di reciprocità al digitale terrestre sia un clamoroso autogol.

Ricordiamo i precedenti nei loro passaggi chiave. La Corte costituzionale italiana aveva sempre escluso che un privato potesse possedere una stazione tv, a causa dello scarso numero di frequenze assegnate all’Italia, cosa che rendeva e rende l’attività di editore televisivo un mestiere per pochissimi, a prescindere dalle barriere all’ingresso di ordine finanziario, di mercato e professionale. Infatti, anche con tutto l’oro del mondo, mentre un giornale lo puoi sempre fare, una tv non potevi e ancora non puoi farla per mancanza della materia prima, le frequenze.

Da questa linea la Corte non si è mai allontanata troppo, né con la prima sentenza di apertura ai tempi di TeleBiella (anni 70) né con quelle successive degli anni 90, che imponevano a Retequattro e Raitre di andare sul satellite per mettere a disposizione del pluralismo le frequenze così recuperate. Sono quasi vent’anni che viviamo in regime di proroga e provvisorietà e non è ancora realtà il digitale terrestre, toccasana elaborato da Antonio Pilati e trasformato in legge da Maurizio Gasparri, mio predecessore al ministero delle Comunicazioni.

Finora il digitale terrestre non copre ancora tutta l’Italia anche se nessuno sembra essersi posto il problema. Ma il dato fondamentale è che quando finalmente il digitale terrestre sarà arrivato anche al Brennero e a Santa Maria di Leuca non ci saranno più limiti all’avvio di stazioni televisive, perché le centinaia di canali disponibili renderanno la tv pari alla stampa, aperta a tutti quelli che ne saranno capaci, nonostante tutti gli sforzi del governo Berlusconi per ridurre ancora una volta il gioco a una riserva per pochi.

La novità rispetto al passato è che questa volta nel gioco entrerà anche Sky, grazie a una precisa presa di posizione della Unione europea. Cito da Blitzquotidiano del 24 novembre che “è in dirittura d’arrivo il regolamento dell’AgCom (l’autorità che regola la materia in Italia) per la gara sui cinque multiplex per la trasmissione in digitale terrestre” e che  Bruxelles ha annunciato esplicitamente che terrà d’occhio la gestione che della gara farà il Ministero dello Sviluppo Economico.

In base al regolamento dell’Agcom, Sky parteciperà alla gara per i multiplex nel gruppo dei nuovi entranti, dove sono in palio tre reti. Rai, Mediaset e Telecom, già presenti sul digitale, potranno invece gareggiare a parte per le altre due reti. Scriveva Blitzquotidiano: “Trattandosi di un “beauty contest”, termine un po’ strano che definisce una competizione nella quale si valuta la qualità dei piani editoriali, è prevedibile che i soggetti più forti si impongano. Le indiscrezioni assegnano un multiplex a testa a Sky, Mediaset e Rai, mentre a Telecom potrebbe andare la sesta rete in palio, quella per la tv in “mobilità”.

Di qui la disperazione di Berlusconi e la sua mossa azzardata. La partita è aperta e la posta in gioco molto alta. Il seguito alle prossime puntate.

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