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Afghanistan, americani come sovietici. Nove anni e 50 giorni di guerra senza risultati

di lgermini |27 Novembre 2010 17:59

Soldati americani in Afghanistan

L’Unione Sovietica ha combattuto la sua guerra in Afghanistan per esattamente 9 anni e 50 giorni, per poi doversene tornare a casa ignominiosamente senza aver ottenuto nessuno degli obiettivi che si era prefissa. Gli Stati Uniti sono nel Paese islamico dallo stesso periodo di tempo, ed allo stato dei fatti neanche loro stanno ottenendo i successi che credevano praticamente a portata di mano.

I sovietici volevano creare uno stato socialista, gli americani cercano di trasformare l’Afghanistan in qualcosa di simile ad una democrazia di stile occidentale. Quindi due obiettivi completamente diversi, e, nella ”guerra americana” un numero di vittime enormemente inferiore a quello registrato nella ”guerra sovietica”. Ma, scrive il New York Times, se le due guerre avranno risultati e conclusioni diversi è tutto da dimostrare.

Il 7 ottobre del 2001 gli Stati Uniti ed i loro alleati hanno invaso l’Afghanistan per liquidare il capo di Al Qaeda Osama Bin Laden e sbarazzarsi dei talebani. Doveva essere, nelle intenzioni del Pentagono, una sorta di guerra-lampo all’insegna della mission accomplished, ed è invece diventata una lunga e difficile campagna militare. Ci sono attualmente nel Paese 100 mila soldati Nato (Stati Uniti e alleati) che stanno combattendo una possente ribellione nel tentativo di coltivare una nascente democrazia.

Ma come non lo sono andate per i sovietici, anche per gli americani le cose non stanno andando come dovrebbero. Un rapporto del Pentagono pubblicato questa settimana afferma che gli addizionali 30 mila soldati spediti di recente in Afghanistan hanno ottenuto quelli che sono stati definiti ”progressi fragili”.

Il comandante in capo delle truppe in Afghanistan, il generale americano David Petraeus, insiste nel dire che l’obiettivo principale della Nato è fare in modo che il Paese ”non sia più il rifugio che era per Al Qaeda ed altri estremisti internazionali prima dell’attacco alle Torri Gemelle l’11 settembre del 2001”. Aggiungendo che l’unico modo per raggiungere quell’obiettivo è di ”aiutare l’Afghanistan a sviluppare la capacità di garantire la sua sicurezza e di governarsi da solo”. Certo, ha proseguito, ”non ai livelli della Svizzera in 10 anni, ma ad un livello abbastanza buono per il Paese”.

Per ottenere ciò, sono in corso sforzi diretti a portare i talebani al tavolo del negoziato, e i militari Usa sperano, infliggendo pesanti sconfitte ai ribelli, di indurli a a cedere e trattare. Il problema è che queste sconfitte che dovrebbero essere decisive ancora non si vedono.

I sovietici invasero l’Afghanistan il 27 dicembre 1979 con l’intento di sorreggere un regime comunista che aveva a che fare con la ribellione dei suoi cittadini, ma dovette andarsene sotto il peso di una dura sconfitta il 15 febbraio 1989. Nel 1992 il governo filo-sovietico di Mohammad Najibullah crollò e il potere passò a ribelli filo-americani. Ma durò poco. Dopo una sanguinosa guerra civile i talebani conquistarono Kabul imponenedo una durissima interpretazione della legge islamica fino a quando furono cacciati dall’invasione americana e della Nato.

Wadir Safi, docente all’Università di Kabul ed ex-ministro nel governo di Najibullah, ritiene che l’intervento degli Stati Uniti è pieno di rischi perchè essi ”non hanno mai raggiunto gli obiettivi per cui sono venuti”. E ha aggiunto: ”Se non cambiano politica, se non raggiungono i loro obiettivi e se non si accordano con i talebani e il ghoverno di Kabul, il popolo afgano presto si stanchherà della presenza delle truppe straniere”.

Un analista russo ha dichiarato al Nyt che l’Unione Sovietica cercò di fare qualcosa di simile quando lasciò l’Afghanistan. Appoggiò Najibullah con armi e denaro lasciandosi alle spalle un esercito afgano ben addestrato e bene armato. Ma tutto ebbe fine quando nel 1992 i mujaidin conquistarono kabul. Najiibullah si rifugiò nella sede dell’Onu, e quando fu la volta dei talebani a prendere la capitale fu impiccato nella piazza principale della città.

Rileva Alexander Konovalov, capo dell’Istituto di Valutazione Strategica moscovita, un think-tank indipendente: ”L’Unione Sovietica ha cercato di porre alla guida del Paese un suo uomo fidato, ma alla fine hanno vinto i talebani. Ora gli Stati Uniti vorrebbero lasciare il Paese anche loro ad un uomo fidato, sostenuto da contingenti militari. Resta da vedere se in un Paese come l’Afghanistan avranno miglior fortuna dei sovietici”.

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