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Stefania Giannini: “Madia e statali? La strada è un’altra: i criteri di valutazione”

di Gianluca Pace |31 Marzo 2014 9:42

Stefania Giannini

ROMA – Continua la polemica a distanza tra Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione e Marianna Madia, ministro della Pubblica amministrazione sullo slogan che echeggia un po’ quello mussoliniano della Madia, “Largo ai giovani”.

Soffia nel fuoco Maria Latella, che ha intervistato Stefania Giannini per il Messaggero di Roma.

 Al ministro Marianna Madia che propone di prepensionare un certo numero di dipendenti pubblici per rinnovare la Pubblica amministrazione e far largo ai giovani, lei ha risposto che non è questa la strada. Qual è allora?
«Mi sono permessa di osservare che un Paese nel quale si spendono in pensioni 270 miliardi di euro non dovrebbe vedere nel prepensionamento la chiave di ingresso dei giovani nella Pubblica Amministrazione. Se ricorriamo ciclicamente allo strumento dei baby pensionamenti non se ne esce più. A mio parere la strada è un’altra: introduciamo i criteri di valutazione. Chi è bravo viene premiato, chi non raggiunge i risultati rende conto del perché non li ha raggiunti. È quello che, con molta fatica, sta facendo l’università attraverso l’agenzia nazionale di valutazione. È faticoso, certo. Ma sono anni che, ciclicamente, si cerca la strada facile del prepensionamento e non mi pare abbia migliorato la qualità del settore pubblico. E poi: tutti dicono che con la legge Fornero abbiamo fatto un’ottima riforma delle pensioni e vogliamo un’altra deroga, un nuovo cambiamento?».
Ma se non si comincia ad assumere, quel 40% di giovani italiani disoccupati non lavorerà mai, non lavorerà più.
«Allora diciamo con chiarezza che consideriamo la Pubblica Amministrazione un ammortizzatore sociale. Diciamo che lo Stato dovrà farsi carico di venti-trenta-quarantamila assunzioni, sto facendo ovviamente ipotesi di scuola. Attenzione, però. A me risulta che in Italia ci siano aziende alla ricerca di quarantottomila lavoratori qualificati. E non li trovano. Non manca il lavoro, manca la formazione di lavoratori qualificati. Vogliamo perpetuare l’assistenzialismo immettendo nella P.A. dipendenti che non hanno alcuna idea della macchina amministrativa mentre mandiamo via chi ha esperienza? Spacciare questa proposta per una novità mi sembra assurdo».
Con Marianna Madia ne avete parlato?
«Non ancora, ma ci sarà occasione di farlo nel Consiglio dei ministri. A Matteo Renzi, invece, lancio una sfida semantica. Lui ha usato il termine “rottamazione”, io gli propongo di sostituirlo con “valorizzazione”. Valorizziamo chi ha esperienza e merita, valorizziamo i giovani. Nel privato, tra le aziende italiane, vanno bene quelle che sanno valorizzare il personale. Dovremmo fare lo stesso nel pubblico. Dico no ai tagli lineari alle persone fisiche».
Però in Italia restano fino a 80 anni a guardia della loro poltrona e si capisce una crescente insofferenza.
«Non vorrei passare dal dominio pluridecennale di una classe dirigente che non schiodava nemmeno con le cannonate, al dominio di cosiddetti giovani che rivendicano posizioni per il solo fatto di essere giovani. A loro dico: attenzione. Si fa presto a diventare vecchi. Se il criterio è solo questo, ci sarà sempre qualche giovane più giovane di te».

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