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Trump, Arabia Saudita “bene” e Iran “male”? A Riad non meno “malo islam” che a Teheran

di Mino Fuccillo |24 Maggio 2017 14:33

epa05974291 (FILE) - US President Donald J. Trump (R) meets with Mohammed bin Salman bin Abdulaziz Al Saud (L), Deputy Crown Prince and Minister of Defense of the Kingdom of Saudi Arabia, in the Oval Office of the White House in Washington, DC, USA, 14 March 2017 (reissued 19 May 2017). US President Trump will travel to Saudi Arabia on 19 May, the first stop on an 8-day trip to 5 countries, including Israel, the Vatican, Belgium and Italy. The journey is the President's first since taking office in January. EPA/MICHAEL REYNOLDS

Trump, Arabia Saudita “bene” e Iran “male”? A Riad non meno “malo islam” che a Teheran (foto Ansa)

ROMA – Trump è stato chiaro e netto: l’Iran se proprio non è il “male” di certo lo cova e lo alleva e non disdegna di finanziarlo. Al contrario l’Arabia Saudita, se proprio non è il “bene”, con questo collabora e aiuta, insomma del “bene” è alleata.

Chiaro il messaggio e anche chiarissimi i fatti: contratti per forniture militari all’Arabia Saudita per circa 130 miliardi di dollari (miliardi, non milioni come da servizio-vizio del Tg7 , e non è pignoleria rilevarlo perché non è la prima volta che ad quelle autorevoli parti fanno confusione tra il plausibile l’assurdo quando si tratta di numeri). Forniture militari e appoggio alla creazione di una Nato araba e soprattutto di una industri militare saudita.

Chiaro il messaggio, chiarissimi e fatti e, per quanto gli occidentali ne capiscano (cioè in fondo non molto) netto anche lo schieramento di campo scelto dagli Usa di Obama a favore dei sunniti e contro gli sciiti in una guerra di religione intra musulmana che va avanti da molti secoli.

Tutto chiarissimo tranne il perché. Infatti non è che a Riad ci sia meno per così dire “malo-islam” di quanto ve ne sia a Teheran.

Sul piano ideologico-culturale la predicazione e la precettistica wahabita che è regola e legge in Arabia Saudita è certamente paragonabile a quella degli aytollah sciiti, se non peggio. Diritti e ruolo della donna e libertà civili scarseggiano a Riad più che a Teheran. Anzi in Arabia Saudita manca perfino una società civile a rivendicarli. Società civile che almeno nella parte urbana dell’Iran c’è e si fa sentire.

Sul piano delle istituzioni in Iran si vota, più o meno democraticamente si vota. In Arabia Saudita il regime e i governi sono monarchico-dinastici e la legittimità è fondata sulla dinastia e sul sangue e men che mai sulla volontà popolare.

Sugli appoggi e sui doppi giochi a favore dell’Islam combattente e in armi contro l’Occidente e i “crociati”, l’Arabia Saudita ha moltissimi scheletri nell’armadio. Anzi neanche nell’armadio, in bella vista: Al Qaeda ha il copyright saudita, non certo iraniano. E Isis non ha culla a Teheran. Neanche a Riad. Ma Isis è sunnita, ai sunniti vuole parlare, ai sunniti parla. E in Iraq dove Isis nasce fu la resistenza sunnita anti Usa a gettarne il seme. E in Siria dove Isis cresce sono sunniti che ne ingrossano le fila perché la guerra civile-religiosa è sunniti contro sciiti-alawiti (e cristiani dalla parte di questi ultimi e non dei sunniti).

E se Khomeini da Teheran insegnava agli iraniani che gli Usa sono “il grande satana”, è dalla penisola arabica che imam e predicatori hanno elaborato e diffuso la teoria militante del Califfato da rifondare, dell’Occidente come immondizia e sporcizia del mondo, la cultura dei martiri come veri credenti e degli infedeli da punire.

Obama a suo tempo ha pensato che parole e gesti di pace e ritirar soldati americani dall’area potesse placare una guerra di religione di secoli e che così facendo si potesse prosciugare un’ideologia in armi, armata anche di una fede religiosa. Ha sbagliato, non bastava ragione e moderazione. Trump pensa che in fondo in fondo sia un businness, una trattativa di affari: mi metto d’accordo con quello, smonto quell’altro, piazzo, rivendo, compro, scelgo un mercato…Non sa letteralmente in cosa sta mettendo le mani.

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