Trump si regala 54 mld di armi in più. “Per vincere le guerre”

di Lucio Fero
Pubblicato il 28 Febbraio 2017 - 14:36 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Trump, giochi di guerra. Guerra, “war”. La parola non gliela mettono in bocca quelli della stampa “nemica e bugiarda”. La parola guerra la sceglie e la usa lui per spiegare a cosa servono 54 miliardi di armi in più. Servono, ha detto, “a vincere le guerre, l’America non le vince più”.

Giochi di guerra e si può coltivare l’immagine (molti lo fanno) di un presidente americano che fa scena, mostra i muscoli e gioca appunto alla guerra. Regalandosi soldatini e carri e navi e missili su una mappa immaginaria di un gigantesco Risiko. Giochi di guerra e nulla più che giochi. E’ un’immagine che sottovaluta Trump ed è immagine soprattutto auto consolatoria per chi Trump lo vede come una sorta di bambinone egocentrico e prepotente nei giochi.

Ma 54 miliardi dollari in più per spese militari sono circa un decimo in più di quanto gli Usa non spendevano per armi e forze armate. Portando la quota di Pil americano destinato alle spese militari intorno all’otto per cento. Per avere un’idea, l’Italia spende circa l’un per cento e l’Europa tutta sta abbondantemente sotto il due per cento. Traducendo in cifre italiane è come se il nostro capo del governo annunciasse in finanziaria spese militari per 120 miliardi di euro che oggi sono circa 15 (15 miliardi è più o meno un punto di Pil italiano).

E 54 miliardi di dollari per spese militari Trump fa sapere che li troverà sottraendoli ad altre “agenzie” come vengono chiamati i centri di spesa pubblica negli Usa. Soldi che verranno tolti alla difesa dell’ambiente, agli aiuti all’estero e anche a edilizia popolare e scuole pubbliche. Un dirottamento di fondi che rischia di crearne una interna di guerra. Sociale ed etnica perché buona parte di quei miliardi per il Pentagono vanno oggi e non andranno più ad assistenza pubblica, in particolare quella per i neri americani.

Un’altra guerra, questa commerciale, è nel cuore e nelle intenzioni di Trump. Il presidente si prepara a sganciarsi dal Wto, il trattato internazionale sul commercio. Varando una riforma fiscale interna per cui le aziende pagano tasse alte su ciò che importano e niente tasse su ciò che esportano. E smontando fin dove possibile ogni accordo commerciale multiplo e globale per andare a intese paese-paese. E solo ad intese che favoriscano gli Usa.

Rischiano di essercene poche di intese così: se metti dazi e tasse l’immediata conseguenza è che lo fanno anche gli altri verso e contro di te. Dazi contro dazi, tasse contro tasse, nessuna regola e impegno comuni. E vediamo chi si fa più male. Questa si chiama ed è appunto guerra commerciale. In piena coerenza programmatica con i 54 miliardi in più di armi.

Trump hammer, Trump il martello: ogni giorno batte forte e chiaro. La stampa “nemica del popolo” (espressione cara a Stalin e da tempo desueta). Pezzi di Stato “traditori” che “tramano con Obama”. Via con la ruspa direbbe Salvini l’assistenza sanitaria obbligatoria, le norme a tutela dell’ambiente, i finanziamenti alle cliniche che fanno aborti, il politicamente corretto per i gay, le case popolari per i neri, i dollari per gli aiuti ai paesi poveri, le frontiere che fanno passare niente meno che i musulmani. E gli accordi commerciali. E gli equilibri militari.

Erano decenni che i presidenti americani, democratici e repubblicani, insieme a russi ed europei contenevano se non diminuivano le spese militari. Decenni. Ed è in via d’attuazione il trattato che limita le testate e i vettori nucleari per Usa e Russia. E che smonta le testate in eccedenza e neutralizza sotto reciproco controllo quelle obsolete e non più in linea. A Trump questo trattato non piace, lo considera “debolezza” e lavora a smontare il Trattato non le testate.

Giochi di guerra di Trump hammer. Che dio ce la mandi buona.