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Il calvario di un piccolo imprenditore vittima di tassi illegali

di Gianluca Pace |1 Dicembre 2014 10:13

Il calvario di un piccolo imprenditore vittima di tassi illegali

ROMA – “Il calvario di un piccolo imprenditore segnalato alla Centrale Rischi per uno sconfino di conto corrente e vittima di tassi illegali”: questo l’incipit di un articolo di Matteo Pucciarelli per Repubblica.

(…) «Era il 2008, a un certo punto due clienti non mi hanno più pagato: mezzo milione di euro di buco. Lì è cominciato un calvario dal quale sto uscendo solo adesso», racconta l’imprenditore. Un calvario fatto di scartoffie, cause e controcause a destra e a manca (tutte vinte: contro il Comune che si era preso troppi soldi per l’Ici, contro Equitalia che voleva 40mila euro) e infine, come una ciliegina sulla torta, le banche. «A loro non interessa niente se hai una storia dietro, se hai un’idea per il futuro, se hai un inghippo momentaneo, non sei valutato realmente per quel che vali. Sei un numero, un coefficiente », ragiona Carminati, di nuovo depresso. Il suo “coefficiente” diceva che, nel bel mezzo della tempesta, aveva sforato il fido di 80mila euro. «Ma come? Mi conoscevano da vent’anni, avevo chiesto una deroga, aspettavo una risposta da tre mesi e invece mi chiamano e fanno: “Lei è passato in incaglio”». Definizione del termine “incaglio” su sito specialistico: «Sconfino di conto corrente. La posizione di incaglio verrà segnalata in “centrale rischi” di modo che tutti gli istituti di credito possano prenderne notizia. Il risultato è l’impossibilità di accesso al credito».
Per chi fa impresa somiglia alla campana che suona a morto. Il tuo istituto non ti finanzia più, gli altri lo stesso. E allora come li ripiani i debiti? Per prima cosa «con grande dispiacere, ho ridotto il personale del 50%». Per seconda, Carminati è andato a leggersi bene i fogli della banca, le scritte piccole che nessuno si guarda mai. Risultato, «ho scoperto che non solo non mi avevano aiutato quando più avevo bisogno, e questo lo sapevo, ma oltretutto avevano praticato tassi di interesse sul fido concordato fuorilegge». In gergo: anatocismo (la possibilità per le banche di applicare interessi sugli interessi), usura oggettiva e usura soggettiva. Così è partita la richiesta di risarcimento danni, la banca ha tentato la strada della trattativa «e alla fine abbiamo chiuso la settimana scorsa a 50mila euro cash. Pochi, ma meglio la metà della metà subito che tutti fra anni, aspettando la fine di una causa».
La dura legge del credito, oggi, è che «se chiedi cento, devi poter garantire centouno. Solo che poi uno risponde: ma scusa, se ce li avevo mica te li venivo a chiedere no?», sbotta il padroncino della Iglass. I numeri dell’Unione Artigiani lombarda, parlano di una stretta del credito dell’8% nel 2014 rispetto all’anno scorso. «Senza dimenticare che tra il 2012 e il 2013 secondo Bankitalia il gap toccò un netto meno 10%», sottolinea Marco Accornero, segretario degli artigiani milanesi e brianzoli: «I numeri certificano come l’accesso al credito da parte delle micro, piccole e medie imprese risulti difficile se non impossibile ». Però almeno stavolta, in questa vetreria di provincia dove ora gli operai artigiani stanno costruendo una fontana per un comune indiano con scolpita una preghiera in musulmano, c’è il lieto fine. Cioè una commessa da 540mila euro arrivata dalla Russia, un albergo da 220 camere, hai voglia di vetri e vetrate. E così magicamente la giostra fatta di investimenti (e debiti) può ripartire: «Sai — sorride Carminati, ovviamente rivitalizzato — si chiama factoring: una società ti dà risorse finanziarie immediate in cambio della cessione dei crediti futuri… ».

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