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Intercettazioni. Il giudice, non la legge, devono stabilire se sono rilevanti

di FIlippo Limoncelli |27 Marzo 2015 10:23

Intercettazioni

ROMA – Il procuratore di Torino Armando Spataro affronta con Repubblica, in un’intervista di Liana Milella, i nodi più delicati del dossier intercettazioni. I paletti della Riforma: “Il punto centrale è che solo il giudice deve decidere se una conversazione è rilevante o no, non si può stabilirlo per legge”. E rilancia la proposta Flick: “Basta estendere la segretezza degli atti fino all’udienza filtro e mantenerla su ciò che è irrilevante”.

Ci chiarisce subito un dubbio: è vero che le intercettazioni sono l’unico mezzo di indagine?

«Le intercettazioni e le tecniche connesse, come l’analisi dei tabulati dei cellulari che spesso rivelano contatti e spostamenti degli indagati, sono certamente strumenti importanti di ricerca della verità. Se i criminali sfruttano la modernità, perché non dovrebbe farlo chi indaga su di loro? Ma le indagini si portano avanti anche in altri modi, specie quando, come da noi, si dispone della migliore polizia giudiziaria del mondo».

Chi vuole cambiare le regole insiste sui costi: le intercettazioni sono troppo care?

«Balle colossali e peraltro, a prescindere dal fatto che tutte le Procure da tempo hanno emanato linee guida rigorose per contenere le spese (a Torino sono in calo da vari anni), chi fa certe affermazioni dovrebbe considerare le somme che lo Stato recupera grazie alle condanne di corrotti, bancarottieri, mafiosi ed evasori».

Il governo assicura che i poteri dei pm sulle intercettazioni non cambieranno. Potrebbero chiedervi di limitarne l’uso a quelle penalmente rilevanti. Si può fare?

«È una tesi che tende a nascondere il fatto che la previsione già esiste. Il punto centrale é un altro: chi decide se una conversazione è o meno rilevante? Certo, non il potente di turno inquisito, né chi lo protegge o affianca. Lo decide il giudice, sentite l’accusa e la difesa. E la conversazione rilevante non è solo quella in cui l’intercettato parla dell’omicidio commesso ma anche quella in cui emergono significativi contatti personali o la disponibilità di grosse somme di denaro. Persino parole innocenti possano rivelarsi allusive. È inutile sforzarsi di definire per legge la rilevanza delle conversazioni: è compito dei giudici».

Davvero si possono isolare le frasi che rivelano un reato? Non c’è un contesto da conservare per capire la situazione?

«Esatto. È proprio così, pur se è vero che dai magistrati, e dai giornalisti pure, occorre professionalità e coscienza dei propri doveri: ai pm compete la ricerca delle prove di responsabilità degli imputati, non la moralizzazione del Paese, così come al diritto-dovere di informazione sono estranee certe forme di voyeurismo o di interpretazione forzata dei fatti».

Con regole rigide non si tocca l’autonomia di pm e gip?

«Non mi fanno paura le regole rigide purché siano ragionevoli, di facile interpretazione e non dettate da interessi contingenti, magari mascherati da nobili fini».

La famosa udienza stralcio. Può precedere le misure dei magistrati?

«Irragionevole, anzi comico ipotizzarlo. Se l’immagina un giudice che prima di decidere se far arrestare una persona la convoca insieme al suo avvocato e gli consente di conoscere le prove a suo carico? Panama e altri siti accoglienti sarebbero popolati da emigrati italiani. Qualcuno sostenne che per evitarlo il pm avrebbe potuto disporre il fermo temporaneo dell’imputato: un rimedio peggiore del male, in carcere prima che il giudice decida» (…)

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