ROMA – “L’ultimo autogol di una Lega nei guai”. Non bastavano scandali e il calo dei voti. Oggi il caso Cota rischia di dare una mazzata al Carroccio. Questo il titolo dell’articolo a firma di Vittorio Feltri sul Giornale:
Povero Roberto Cota, gli manca solo il rinvio a giudizio per completare l’opera buffa di cui è stato autore, forse inconsapevole. Il governatore leghista del Piemonte, pur avendo acquisito molti meriti nell’amministrare la Regione, oggi passa per uno che ha soltanto dei demeriti e non si sa che fine farà. A occhio e croce, possiamo dire che scomparirà dalla scena. Peccato per lui. Le bischerate si pagano care. Lo diciamo senza astio nei suoi confronti. Bisogna solo sapere che con questi chiari di luna, la Lega non poteva permettersi distrazioni.
Dopo le vicende del famigerato «cerchio magico», le prodezze dei rubagalline amici di Umberto Bossi e del suo «cassiere », le scope di Roberto Maroni costrette a «netà fò ol poler » (pulire il pollaio) e il calo mostruoso dei consensi, questo partito necessitava di ricostruirsi una reputazione per tentare un difficile rilancio. E invece adesso è obbligato ancora a difendersi da altri attacchi da parte della magistratura. Le mutande verdi di Cota sono diventate un simbolo di sciatteria e di superficialità: come si fa ad acquistare un paio di boxer e farli pagare – magari per distrazione, non importa all’ente di cui sei il numero uno? Sappiamo, è una sciocchezza, ma le note spese e i rimborsi sono roba delicata, c’è poco da scherzare.
Ricordiamo cosa è accaduto a Renata Polverini nel Lazio: per una faccenda di ruberie da barboni e uno spreco di pubblico denaro, di cui ella non aveva alcuna colpa, la governatrice fu indotta a dare le dimissioni. Insomma, Cota sarà di sicuro una persona onesta, ma è impossibile che gli perdonino di aver consegnato alla segretaria lo scontrino delle mutande senza riflettere che la biancheria ciascuno se la deve comprare con i propri denari, non con quelli degli italiani.
Come giustificherà, il buon Roberto, i suoi shopping a scrocco? Non scorgiamo via di salvezza. Non bastasse questo squallido capitolo, l’avvocato Cota si trova ora davanti a una sentenza del Tar che invalida addirittura la propria elezione a governatore, avvenuta tre anni e mezzo orsono. Motivo? Non abbiamo ancora letto la sentenza (tardiva), ma si dice che le consultazioni siano state irregolari: liste strane, voti strani, un pasticcio. Vero o falso? Come si fa a dire? Il problema è che secondo il Tribunale amministrativo regionale (nato con l’istituzione delle Regioni: una boiata pazzesca) occorre annullare tutto e tornare alle urne perché il ricorso di Mercedes Bresso, avversaria (sconfitta) di Cota nel 2010, non solo è stato accolto, ma giudicato fondato (…)