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Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Jobs Balls”

di FIlippo Limoncelli |2 Aprile 2015 8:15

La prima pagina del Fatto Quotidiano

ROMA – “Jobs balls” è il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano di giovedì 2 aprile.

Solo un pazzo o un campione di malafede può dare a Renzi la colpa dell’ennesimo aumento dei disoccupati, figlio di decenni di politiche demenziali, talvolta criminali, sia sul mercato del lavoro e delle pensioni, sia sulle destinazioni della spesa pubblica. Dalla legge Treu del 1997 alla legge 30 del 2003 (abusivamente attribuita a Marco Biagi ormai defunto) alla legge Fornero del 2012, ci è sempre stata spacciata l’equazione “più flessibilità uguale più posti di lavoro”. Intanto i posti di lavoro scendevano perché c’era sempre meno lavoro da dare a lavoratori sempre più flessibili, ma sempre più inutili: a causa dell’incapacità dei cosiddetti manager delle aziende italiane, delle gimkane burocratico-fiscali, e della crisi globale.

La colpa di Renzi – l’abbiamo scritto fin dall’inizio – è stata una sola: sbagliare completamente l’agenda delle priorità del suo governo, facendosela dettare dalla Confindustria (dai cui diktat copiò il Jobs Act), dalle solite bande d’affari (dai cui memorandum plagiò le controriforme del Senato, della legge elettorale e della giustizia) e dalla propaganda elettorale (i cosiddetti “80 euro”, che poi 80 non sono quasi per nessuno, costano 10 miliardi all’anno e non hanno smosso i consumi di uno zero virgola). Poi ha creato attese messianiche, promettendo che le mirabolanti “riforme” (parola magica che ha ormai assunto una vita propria, autodimostrandosi e autoinverandosi a prescindere dal contenuto delle medesime) avrebbero “fatto ripartire l’Italia”, portandola “fuori dalla crisi”: investimenti, occupazione, crescita. Come se un Senato tutto di nominati e una Camera per i 2/3 di nominati, più il taglio delle ferie ai magistrati e la libertà totale di licenziamento fossero in grado di aumentare, come per incanto, gli ordinativi alle aziende, e dunque le assunzioni. Nell’ultima settimana non c’era giorno né giornale né telegiornale senza almeno un titolo sul “boom dei contratti stabili fra gennaio e febbraio”, sui “79 mila nuovi posti fissi”, sull’Italia che “riscopre la fiducia”, manco fossimo nei primi anni 60, con commenti strombettanti di premier, ministri, sottosegretari e sottopancia sulla “svolta buona” e la “fine della crisi”. Magari.

Intendiamoci, il dato numerico anticipato dal ministro Po-letti anticipando cifre ancora mai pubblicate, era parzialmente esatto: nei primi due mesi dell’anno le aziende, incentivate dai contributi statali – 8 mila euro per ciascun nuovo contratto a tempo indeterminato – hanno stabilizzato un po’ di precari e assunto un po’ di disoccupati prima che si esaurissero le riserve del bonus (…)

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