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Marco Travaglio: “Vietti a Palermo, inutile gita fuori porta”

di Marco Benedetto |21 Dicembre 2013 10:06

 

Marco Travaglio contro Michele Vietti

Il viaggio a Palermo di una delegazione del Csm  guidata dal vice presidente Michele Vietti scatena l’invettiva di Marco Travaglio sul Fatto.

Del viaggio, che definisce “gita fuori porta”, Marco Travaglio afferma che sfugge il senso:

“Era parso di capire che la visita di 7 consiglieri su 27 nel capoluogo siciliano fosse finalizzata a esprimere di persona la solidarietà al pm Nino Di Matteo, destinatario di ripetuti ordini di morte pronunciati da Salvatore Riina in colloqui intercettati con un boss pugliese, e ai colleghi impegnati con lui nel processo e nelle nuove indagini sulla trattativa Stato-mafia, e per questo attaccati da politici, giornalisti, presunti giuristi, presunte istituzioni e minacciati da lettere e visite a domicilio mezzo mafiose e mezzo istituzionali. Tant’è che il Pg Gianfranco Ciani, membro di diritto del Csm, 15 mesi dopo aver aperto un fascicolo disciplinare su Di Matteo per un’innocua anzi doverosa intervistasulle telefonate Mancino-Napolitano, proprio due giorni fa aveva chiesto di archiviarla per rendere meno imbarazzantela trasvolatadei colleghi.

“Ma era solo un’impressione, già peraltro smentita dalla “delibera di particolare urgenza”emessa dall’illustre consesso il 18 dicembre, con la consueta litania paracula della “presenza solidale nei confronti dei magistrati oggetto di gravi e reiterate minacce”. Dunque, ad avviso di questi buontemponi –due terzi dei quali dovrebbero essere magistrati e dunque riuscire a cogliere la differenza che c’è fra una minaccia anonima e l’ordine di un boss di organizzare unastrage come quelle del 1992-’93 per eliminare unmagistrato, come fu per Falcone e Borsellino –Di Matteo non merita di essere citato con nome e cognome per quello che è: cioè il nemico pubblico numero uno del più feroce stragista italiano ditutti i tempi. Casomai ve ne fosse ancora bisogno, ieri lap ro m e – nadedei sette gitanti ha accuratamente evitato di incrociare,anchesoltanto distriscio,DiMatteo e i suoi colleghi impegnati nelleindagini sulla trattativa: e cioè il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia.

I quattro erano regolarmente nei loro uffici a lavorare, ma Vietti & C. hanno girato alla larga, preferendo incontrare i “capi degli uffici”, i vertici dell’Anm localee naturalmente i rappresentanti dell’avvocatura.

“Oggi il rischio maggiore lo corrono i suddetti quattro magistrati, e proprio perché indagano sulla trattativa. Ma questi, mentre Vietti parlava senza mai nominarené loro né la trattativa, non erano presenti, perché nessuno li aveva invitati. “Solidarietà in contumacia”, ha ironizzatouno di loro. “Non siamo stati noi a organizzare lavisita”, hatentato di difendersi Vietti, smentito dalla deliberadel Csm che non prevedeva alcun incontro con i quattro pm. Ciò che impedisceal Csm e al suo vicepresidente Vietti di pronunciare le paroline “Di Matteo”e “trattativa”non è un improvviso attaccodi di- slessia. È la suprema volontà di Sua Altezza, Giorgio Napolitano, che ieri ha fatto gli auguri perfino ai due marò, ma ai quattro pm della trattativa no. I sette nani si sonoprontamente allineati. E aDi Matteo, anziché la“presenza solidale”, han fattosentire tutta l’assenza ostile dello Stato. Se restavano a casa, facevano meno danni”.

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