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Maturità da abolire? Vittorio Feltri dice sì, e Paolo Isotta gli risponde

di Alessandro Avico |21 Giugno 2014 16:21

ROMA – Mentre quasi 500mila studenti in tutta Italia sono nel bel mezzo degli esami di maturità, come ogni anno ci si chiede se la maturità stessa sia da abolire o meno.

Il botta e risposta tra chi la ritiene inutile e chi invece sostiene sia fondamentale per i ragazzi, va in scena sulle pagine del Giornale. Da una parte c’è il vice direttore del Giornale Vittorio Feltri, dall’altra Paolo Isotta, critico musicale di Opera, che scrive per il Corriere della Sera ma che viene interpellato dal Giornale per parlare in questo caso di scuola.

Scrive Vittorio Feltri:

Quando una cosa è totalmente inutile, tutti ne parlano con foga. Pagine e pa­gine di giornale. Servizi televisivi a io­sa. Perfino dibattiti. Il superfluo ap­passiona. Pensate che ogni anno, in questa stagione, puntuali come il destino arriva­no gli esami di maturità. E nelle riunioni noiose e ripetitive di redazione c’è sempre un tizio con le lenti da miope che salta su e dice: chi fa il pezzo sulla maturità? Il direttore alza gli occhi al soffitto e sbuffa:già,me n’ero dimenticato.Si capisce lon­tano un chilometro che non è seccato perché col­to in fallo di memoria: figuriamoci.

Il problema è che non ne può più di occuparsi degli studenti che per la prima volta nella vita affrontano una prova seria, presentandosi davanti a una com­missione di professori (esterni) che li giudiche­ranno degni o no di essere considerati adulti e preparati. Preparati a che? In redazione non manca mai uno spiritoso rompiballe che sghignazzando ri­sponde: preparati all’adulterio. Che battuta! Quando si parla di esami di maturità emerge in ciascuno di noi, inevitabilmente, il liceale di ter­za B che fu e che non perde occasione per diverti­re i compagni ( i colleghi). Quando, ai tempi, era­vamo in aula e qualcuno diceva una qualsivoglia sciocchezza, la classe si sbellicava. L’insegnante sopportava dieci secondi poi, scocciato, con un pugno sulla cattedra, invitava a smetterla di fare i fessi. Tornava il silenzio. Ma durava poco. Basta­va che cadesse sul pavimento un astuccio da un banco e la ridarella – notoriamente contagiosa ­esplodeva di nuovo. Il docente sconfitto sorride­va e scuoteva la testa.

La replica di Paolo Isotta:

Carissimo Vittorio, leggo og­gi (ieri, ndr ) il tuo bell’arti­colo nel quale proponi l’abolizione dell’esame di maturi­tà; fatto mio il tuo auspicio, ne for­mulo uno io: aboliamo diretta­mente la scuola. Tu infatti sostie­ni che se un taluno giunge alle so­glie dell’università dopo cinque anni di scuole elementari, tre di medie, due di ginnasio e tre di li­ceo, senza che nessuno gli abbia sbarrato la strada, vuol dire ch’è in qualche modo idoneo. Eh, no, caro Vittorio; so bene che la tua è un’argomentazione di carattere retorico; tuttavia tu sai benissimo che negli ultimi decenni la scuola è stata considerata da coloro che ci hanno governato, tutti indistin­tamente, un ammortizzatore so­ciale: come anche quella crimina­lità che i politici definiscono mi­cro.

Gl’insegnanti hanno l’ordine di promuovere tutti indistintamen­te (mi ripeto: ma non a caso) gli alunni a prescindere dal profitto; e ciò è causa di gravissima discri­minazione sociale, non potendo quelli provenienti da ceti sociali umili consentirsi la preparazione privata che un tempo non era ne­cessaria. Ammortizzatore socia­le, e nei due sensi: ovvero sia che si­gnifichi tenere per qualche anno ancora in parcheggio quelle che diventeranno pericolosissime tor­me di disoccupati; sia per mante­nere turbe di «professoresse» fu­manti colla Repubblica in mano come simbolo di appartenenza e di «personale ausiliario» che in vi­ta sua non ha mai visto una scopa: esistono infatti le squadre di puli­zia fatte di tossici ed ex detenuti.

Quando insegnavo, il ministe­ro su richiesta degli alunni inviò un ispettore al Conservatorio di Napoli perché ero troppo severo agli esami; ciò che questo inse­gnante di Fisica sostenne nella re­lazione di censura su di me; sono vent’anni che non insegno più. Tutte queste cose sono da me det­tagliatamente narrate nel libro La virtù dell’elefante che uscirà a otto­bre per Marsilio.

 

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