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Napolitano, Renzi, pensioni: prime pagine e rassegna stampa

di Gianluca Pace |5 Febbraio 2014 8:36

Il Corriere della Sera: “Napolitano: finisca l’austerità”. Una tentazione pericolosa. Editoriale di Massimo Franco:

Probabilmente la contestazione sgangherata della Lega contro il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell’aula del Parlamento europeo, lascerà tracce labili nella storia. Tuttavia, ha avuto il merito di far capire che cosa sarebbero le istituzioni di Bruxelles se alle prossime elezioni vincessero le forze eurofobiche, gonfiate da crisi economica e disoccupazione. Al di là della nuova pennellata di fango all’immagine dell’Italia, la deriva di un partito che fino a tre anni fa aveva ambizioni quasi «nazionali», è inquietante. È la metafora della regressione di un pezzo di Europa, e per questo deve far riflettere.
La sceneggiata del partito di Matteo Salvini stavolta non ha avuto per protagonisti personaggi pittoreschi e secondari, dai quali ci si può dissociare quando esagerano. È stata recitata da tutto il gruppo dirigente, unito in una strategia di retroguardia contro la moneta unica: una sorta di «spot» elettorale collettivo a buon mercato. Eppure, i leghisti sanno che l’euro è un vincolo dal quale è impossibile e pericoloso liberarsi; e che per l’Italia, e non solo, rappresenta un’àncora e non una zavorra: rinunciarci significherebbe essere risucchiati in una spirale di costi economici e tensioni sociali proibitivi.
Napolitano ha usato parole non di maniera sull’esigenza di superare una politica di austerità «a ogni costo»: a conferma dell’esigenza di archiviare una fase controversa. E ha insistito sulla necessità di uscire dall’immobilismo per scongiurare l’affermazione delle forze più ostili all’integrazione . Insomma, il capo dello Stato ha dato voce a inquietudini diffuse dovunque: a destra come a sinistra, a livello italiano e continentale. Ha espresso i timori di un’Europa che si rende conto dei limiti crescenti della propria azione e identità. Ma non è servito a nulla: la reazione degli europarlamentari leghisti è significativa.

Patto di governo, Renzi rinvia a marzo. Articolo di Maria Teresa Meli:
Si fa sempre più insistente il pressing su Matteo Renzi perché prenda la guida del governo al posto di Enrico Letta, il quale, secondo questo schema dovrebbe andare, dopo le elezioni del 25 maggio, a ricoprire il ruolo di commissario europeo. È un’offensiva che sembra non dar tregua al segretario. E c’è chi sospetta che anche l’incontro di ieri al Viminale tra il leader del Pd e Angelino Alfano sia ruotato attorno a questo tema. Un governo Renzi che arrivi fino al 2018, con una legislatura costituente e una doppia maggioranza, una che regge l’esecutivo e un’altra che manda in porto le riforme.
Ma il diretto interessato sta resistendo strenuamente a ogni profferta, come ha spiegato a un amico: «Non è un tema che ho posto all’ordine del giorno dei miei programmi, anche perché vorrei il voto degli italiani. In realtà è una questione che viene alimentata soprattutto da alcuni alleati e dalla minoranza del mio partito». Quel che però il segretario non ha detto all’amico è che il tema viene ormai discusso pure da una fetta dei suoi. L’area che fa capo al ministro Graziano Delrio punta sull’inizio di quella che definisce l’«Era Renzi». Anche perché c’è chi teme che con questa nuova riforma elettorale il centrosinistra possa perdere alle prossime elezioni. Benché l’ultimo sondaggio a disposizione dei partiti riveli che le coalizioni del centrosinistra e del centrodestra sono entrambe intorno al 35% e in caso di ballottaggio vincerebbe, e non di poco la prima.
Un milione di italiani a rischio sulle montagne abbandonate:
«L’abbandono delle aree collinari e montane è un fenomeno drammatico sia per la società che per l’equilibrio geologico del nostro Paese. Fino a vent’anni fa gli abitanti provvedevano alla manutenzione ordinaria del territorio, in alta collina e in montagna. C’erano le colture dei contadini i quali poi provvedevano a molte opere di manutenzione semplicemente perché amavano farlo, rientrava nella loro cultura. Aggiungiamoci il lavori dei consorzi di bonifica, e nel Mezzogiorno d’Italia la politica democristiana che portò a una forte forestazione. Tutto questo è finito, le aree collinari e montane si sono spopolate. Le aree non vengono più curate. Questa è la ragione di ciò che stiamo vedendo: l’aumento esponenziale dei disastri, appunto, in collina e montagna».
Giuseppe De Luca, segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, studi alla London School of Economics, professore associato di Urbanistica alla Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, sostiene che sia impossibile occuparsi di ciò che sta a valle (le città e i grandi insediamenti industriali), soprattutto quando si analizzano le ragioni tecniche delle alluvioni e delle inondazioni, «se non si governa ciò che sta alle spalle, ovvero le alture». Le cifre parlano chiaro. Secondo uno studio del Dps, Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, molte zone considerate periferiche e ultra-periferiche (superiori ai 600 metri di altezza) dal 1971 si sono letteralmente spopolate.
La prima pagina di Repubblica: “Napolitano alla Ue: basta austerity”.
La Stampa: “Pensioni, richieste dimezzate”.
Leggi anche: Massimo Gramellini, Buongiorno sulla Stampa: “Lo zen e il web”

Ascesa e declino della sigaretta elettronica in Italia. Scrive Stefano Rizzato:

Dire che il fenomeno è evaporato in fretta è fin troppo facile. Ma a volerla sintetizzare così, la breve parabola delle sigarette elettroniche in Italia, la metafora calza eccome. La moda dello «svapo» è passata di qua per un periodo, qualche mese tra fine 2012 e inizio 2013. Poi si è dissolto l’effetto novità, sono arrivati (e spariti) i divieti per treni, teatri e altri luoghi pubblici, soprattutto è entrata in vigore la stangata della tassazione al 58,5 %.
Il fumo hi-tech si è trovato equiparato a quello tradizionale e, forse per questo, più di qualcuno è tornato alle vecchie e più analogiche abitudini. Il fenomeno di costume si è insomma esaurito e quello che ne resta sono le polemiche e i ricorsi al Tar, i negozi spuntati come funghi che si ritrovano già in difficoltà e in qualche caso hanno già chiuso, un distretto di produttori inferociti per la nuova tassazione e pure a rischio crisi.

Il Fatto Quotidiano: “Camusso scomunica Landini: la Cgil deve processarlo”.

Leggi anche: Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Le invasioni barbaria”

Il Giornale: “Tentata rapina sui telefonini”.

Lo Stato truffatore deve essere fermato. Editoriale di Paolo Guzzanti:

Piove, tira vento, l’Italia smotta nel fango, i treni sono abbandonati in bi­lico sul mare, ma ecco che di notte, calpestando la melma, arriva lo Sta­to, questo ladrone travestito, per la sua ultima tentata rapina. E infatti, allegri cittadini: stan­no provando ad appiopparci la tassa sul telefo­nino smart, sui decoder, sui tablet, sulle pen­nette, sugli hard disk, insomma su qualsiasi aggeggio possiate avere in tasca o sul tavolo da lavoro, o di gioco, o sotto il televisore per di­vertirvi, per rallegrare la vostra vita. Tutti og­getti su cui avete già pagato l’Iva e ogni altro balzello. Ma, vedete, lo Stato è un guardone e vi spia in tutti i modi. Inoltre è invidioso, è maligno e ipocrita. Il suo compito non è quello di fornire servizi, di garantire processi che non ci faccia­no vergognare come ladri davanti ai Paesi civi­li. E neppure di proteggere con efficacia e di­gnità i suoi soldati arrestati e minacciati di morte in India. Macché. Per queste sciocchez­ze lo Stato non ha tempo, non ha voglia, non si applica. La sua passione è altrove. La sua pas­sione consiste nell’andare a far saltare i nervi ai cittadini colti nel sonno, acciuffati mentre si accingono a divertirsi, semplicemente go­dere. L’infame tassa sui telefonini e l’elettronica per il tempo libero poggia infatti su un proget­to, anzi un chiodo fisso: castigare i cittadini proprio mentre esercitano la loro libertà tra­endone piacere.

 

 

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