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Nicaragua e il “Gran canal” per sfidare Panama

di Gianluca Pace |17 Novembre 2014 13:52

L’articolo di Roberto Giovannini per La Stampa

ROMA – Un gigantesco canale navigabile profondo 30 metri, da 230 a 520 metri di larghezza taglierà in due il Nicaragua e se mai si farà davvero, il Gran Canal Interoceánico – lungo 278 chilometri, tra Venado sulla costa atlantica fino a Puerto Brito, sull’Oceano Pacifico – sarà l’opera infrastrutturale più imponente del mondo.

L’articolo di Roberto Giovannini per La Stampa:

Supererà montagne e stravolgerà fiumi, utilizzando per abbreviare il suo percorso il grande Lago Cocibolca, il più ampio bacino di acqua dolce del Centro America.
Il Canale del Nicaragua, dice il governo, verrà costruito entro il 2020 per un costo oggi stimato (sottostimato, secondo alcuni osservatori) in addirittura 50 miliardi di dollari, e che impegnerà nella costruzione almeno 50.000 lavoratori e tecnici. In teoria, si comincerà a scavare il prossimo dicembre.
«Sarà un progetto che porterà benessere, prosperità e felicità al popolo del Nicaragua», promette il presidente Daniel Ortega, che lo scorso anno ha fatto approvare dal Parlamento in cui il Frente Sandinista di Liberacion Nacional (tornato al potere nel 2006) ha una larghissima maggioranza, un pacchetto di leggi e di modifiche alla Costituzione. Senza consultazione pubblica, senza studi ambientali o di fattibilità, senza dibattito parlamentare, e senza nemmeno un percorso definito.
È stata dunque data carta bianca a una società di proprietà di un misterioso uomo d’affari cinese – il suo nome è Wang Jing – che avrà la totale responsabilità dei lavori e sopporterà tutte le spese. I cinesi della Hong Kong Nicaragua Canal Development (Hknd), registrata nelle Isole Cayman, godranno di una concessione per ben cento anni. Potranno espropriare tutte le terre necessarie, e realizzare, traendone profitto, due porti oceanici con terminali petroliferi ai due sbocchi del canale, una zona di libero commercio esente da tassazione dove sorgerà una città, un aeroporto internazionale, e una pletora di resort turistici.
Esperti e addetti ai lavori si interrogano se un megaprogetto come questo sia davvero necessario, visto che il Canale di Panama è operativo, e anzi di recente è stato ampliato e migliorato. Secondo Keith Svendsen, capo delle operazioni di Maersk, la compagnia danese di trasporto marittimo, in realtà il Canale del Nicaragua avrebbe un mercato: «Potrebbe accogliere navi porta-container più grandi di quelle che possono utilizzare Panama, e farebbe risparmiare circa 800 chilometri». Alcune stime dicono che il nuovo Canale accoglierà il 5% del traffico marittimo commerciale mondiale. Altri esperti come Jean-Paul Rodrigue, della Hofstra University, sostengono invece che il Canale non sarà mai redditizio.
Altre perplessità sono di tipo ecologico e ambientale. Gli scienziati Axel Meyer e Jorge Huete-Pérez parlano apertamente di «disastro ambientale imminente». Sono minacciati 400 mila ettari di foresta tropicale e di paludi, si passa nelle vicinanze di aree naturalistiche protette, si dovranno invertire i flussi dei fiumi. E soprattutto si metterà a rischio il lago Cocibolca, che è un bacino di acqua dolce dove vivono specie rarissime. Il Canale scaricherebbe acqua oceanica salata nel lago – scrivono Meyer e Huete-Perez su «Nature» – che dovrà essere approfondito e dragato per permettere il passaggio di 5100 gigantesche navi l’anno. Il rischio di incidenti o di inquinamento è evidente.
E infine, molti si interrogano sul reale ruolo giocato dal «chino» Wang Jing, che per gli scettici in realtà è la longa manus del governo della Cina Popolare. Si tratta di un avvocato di 41 anni, che guida una compagnia di telecomunicazioni senza alcuna esperienza di lavori ingegneristici e infrastrutturali. Wang in alcune interviste ha sempre negato ogni coinvolgimento del governo cinese; tuttavia la Hknd sta utilizzando per i lavori preparatori i tecnici del Changjiang Institute e della China Railroad Construction Corp., colossi dell’engineering di proprietà statale che hanno lavorato alla mega-diga sullo Yangtze.
Il progetto ha sollevato grandi polemiche e proteste in Nicaragua, viste le concessioni generosissime offerte a Wang Ji, che per la (divisa) opposizione liberale possono nascondere traffici per arricchire la famiglia di Ortega. Per Carlos Chamorro, figlio dell’ex-presidente Violeta Chamorro e direttore del periodico «El Confidencial», «questo è un progetto totalmente oscuro. Non sappiamo nulla sulla fattibilità economica, sui rischi ambientali, su quelli sociali e su quelli per la sovranità del Paese. Chiediamo un confronto trasparente, una informazione piena e un controllo da parte di esperti indipendenti nazionali e stranieri». Contrarissimi sono tre grandi scrittori nicaraguegni, come Ernesto Cardenal, Sergio Ramirez e Gioconda Belli. Tutte personalità un tempo vicine al Fsln, e da tempo in rotta di collisione con il governo di Ortega. Nei giorni scorsi si sono moltiplicate le marce di protesta delle popolazioni che vivono nelle aree che saranno interessate dai lavori del Canale. Il timore di massicci espropri di terre coltivate da sempre a prezzi irrisori è grande. Molti cominciano a vedere di cattivo occhio i tecnici cinesi che sempre più spesso si fanno notare, accompagnati da personale governativo, impegnati in studi geologici e ingegneristici. Il governo sandinista assicura che tutto è in regola: «Nei prossimi giorni – dice Francisco Telémaco Talavera – saranno divulgati tutti gli studi di impatto sociale e ambientale del progetto. Alla fine il saldo sarà positivo per il Paese: diventeremo una potenza economica regionale, cresceremo del 14 per cento l’anno».

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