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Vittorio Feltri sul Giornale: “Al peggio non c’è ancora fine”

di Gianluca Pace |10 Gennaio 2014 12:23

La prima pagina del Giornale

ROMA – “Al peggio non c’è ancora fine” è l’editoriale di Vittorio Feltri sul Giornale: “Di fronte agli accadi­menti degli ultimi giorni, anche il cro­nista politico più scafato, e avvezzo a narrare le peggiori storie del Palazzo, è in difficoltà perfino a scegliere le parole meno amare”.

L’editoriale:

Il Paese è in ginocchio da parecchio tem­po e il governo, che avrebbe do­vuto gestire l’uscita dall’emer­genza, si è rivelato incapace di intendere e di volere. Agisce a capocchia. Pasticcia sulle tas­se, tant’è che gli italiani non san­no a­ncora quanto e quando de­vono pagare. Assume iniziative grottesche a riguardo degli inse­gnanti, cui chiede rimborsi as­surdi, salvo pentirsene subito dopo, coprendosi di ridicolo. In sintesi: inanella una figurac­cia appresso all’altra. Il ministro Fabrizio Sacco­manni, cooptato nell’esecuti­vo quale tecnico ed esperto di conti nonché di bilanci, in real­tà sembra un dilettante allo sba­raglio, e i suoi colleghi, invece di parargli le terga, lo prendono a calci nel sedere come se fosse un fastidioso intruso. Il pre­mier, cui erano state attribuite doti speciali di manovratore ac­corto, dà l’impressione di esse­re nel marasma totale e di non sapere a quale santo votarsi. Un minimo di dignità, anche perso­nale, che sicuramente non gli manca, dovrebbe indurlo a di­mettersi non solo da Palazzo Chigi, ma pure dal Parlamento. Si è invocato tanto l’avvento dei quarantenni in sostituzio­ne dei vecchi barbogi e ora, da­vanti alle loro opere, modeste per non dire scandalose, finan­co i progressisti più spinti rim­piangono i bei tempi andati (che non ci sono mai stati) e spe­rano in un ritorno al passato re­moto. Alcune settimane orso­no gran parte della sinistra brin­dò alla vittoria di Matteo Renzi: finalmente qualcosa si muove in avanti, il Pd risorgerà e con­quisterà consensi su tutto il fronte, di qua e di là. Che emo­zione, dicevano ebbri di gioia i compagni, arriva il cambia­mento.
In effetti il cambiamento è ar­rivato: si viaggia veloci verso il fondo del burrone. Riassumo. Il nuovo segretario democrati­co si rifiuta di incontrare Enrico Letta. Motivo: «Prima devo con­sultare la mia segreteria». Giu­sto. Intanto, però, egli presenta una sorta di programma alter­nativo a quello del presidente del Consiglio, cosicché viene da pensare che si prepari a sosti­tuirlo al vertice del governo. L’ipotesi, per quanto improba­bile, vola di bocca in bocca e prende corpo. Un autorevole esponente del Pd giura che Sac­comanni è sul punto di togliere il disturbo, non essendo all’al­tezza del ruolo ricoperto. Non l’avesse mai detto. Cinque mi­nuti più tardi, il portavoce della segreteria smentisce: Sacco­manni è in sella. Fin quando? Non si sa.

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