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Tumore al seno, la radioterapia intraoperatoria: taglia meno e agisce sul cancro

di admin |26 Novembre 2013 16:04

Tumore al seno, la radioterapia intraoperatoria: taglia meno e agisce sul cancro

ROMA – La lotta al tumore al seno è cambiata negli anni. Dalla prevenzione, che ha portato ad una diagnosi veloce, alla radioterapia intraoperatoria, che minimizza l’asportazione dei tessuti durante l‘intervento chirurgico. Non più l’asportazione totale della mammella, che salva la vita ma distrugge il simbolo della femminilità e mina a livello psicologico chi è malato.

Trentamila donne ogni anno scoprono di avere il cancro al seno, scrive Mario Pappagallo sul Corriere della Sera, ma l’85% ne guarisce e senza necessità di essere mutilata, grazie alla radioterapia intraoperatoria, promossa dall’oncologo Umberto Veronesi:

“Un tumore al seno diagnosticato in tempo (i controlli sono alla portata di tutti e non farli è un vero autogol) si risolve in sala operatoria. Questa volta è l’autorevole Lancet , insieme a Lancet Oncology, a pubblicare due studi, uno dello Ieo di Milano e l’altro dell’University College London, che confermano l’efficacia della radioterapia effettuata in sala operatoria, prima di ricucire l’opera del bisturi”.

E’ il 2000 e Veronesi lancia la sua idea:

“Un gruppo di ingegneri e fisici romani riesce ad assemblare un macchinario per la radioterapia così piccolo e mobile da poterlo portare in sala chirurgica. Subito Veronesi ne intuisce i vantaggi: evitare alle pazienti di tornare in ospedale ogni giorno per 6 settimane per fare le sedute di radioterapia esterna, ridurre il campo dell’irradiazione del seno al solo quadrante che è sede del tumore, limitare al minimo la dose radiante alle zone vicine (con danni e nessun beneficio). E allo Ieo parte la sperimentazione”.

Il primo metodo è l’Eliot, Electron intra operative therapy:

“Un acceleratore lineare con un braccio mobile che concentra il fascio di elettroni direttamente sull’area da irradiare per 3 minuti, subito dopo la rimozione della parte malata della ghiandola mammaria. Sono state selezionate 1.305 pazienti con tumore iniziale, candidate alla quadrantectomia: metà delle donne è stata trattata con Eliot durante l’intervento, l’altra metà con radioterapia esterna tradizionale”.

Il gruppo di donne trattato con Eliot ha ottenuto una sopravvivenza del 95%, la stessa che con la tradizionale radioterapia:

“Il lavoro dello Ieo è firmato da Umberto Veronesi e da Roberto Orecchia, direttore della Radioterapia. E ora? Le donne di nuovo si devono mobilitare. A livello internazionale. Perché? Bastano i numeri italiani per capire: solo 41 centri sono attrezzati per la radioterapia intraoperatoria e sono principalmente al Nord. Calabria, Campania e Puglia ne hanno uno solo. La Sardegna nessuno e da un’isola è difficile spostarsi”.

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