La notte dei “falchi rapaci” in divisa da poliziotti, e le guardie diventano ladri

Pubblicato il 30 Aprile 2010 - 16:51| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Più o meno, novanta chili a testa. Li hanno scartati dagli imballaggi, se li sono caricati in spalla, li hanno infilati in macchina, anzi in due macchine perché la seconda, una capiente Alfa 156 l’hanno fatta venire apposta dal commissariato. Deve essere stato faticoso ma un’allegra fatica: salire sul camion, afferrare, tenere i pacchi, scendere dal camion con in mano la roba. Forse si sono ingegnati e hanno fatto una catena, in fondo erano in undici: tu passi da lassù, io prendo da quaggiù, tu infili nel portabagagli, tu stipi e ammucchi sui sedili posteriori. Erano in undici e il dodicesimo che era quel giorno assente per malattia era stato convocato per la bisogna. Una dozzina di “falchi”. Rapaci falchi in divisa, in divisa da poliziotto.

 

Alcuni "Falchi" di Napoli in posa per Oliviero Toscani

 

E’ la sera del 20 febbraio 2010, Napoli, zona del porto. Un Tir che trasporta generi alimentari è stato rapinato. Non dai “falchi” che sono professionisti, ma da rapinatori artigianali. Infatti cinque normali ladri si fanno arrestare dalle “guardie” come si dice “sopraggiunte sul posto”. Sopraggiunte, ma non solo sul posto, anche sul bottino. I sopraggiunti sono la suddetta dozzina, sono i falchi, le guardie. Che si guardano negli occhi e subito si intendono e si mettono al lavoro. Non quello delle guardie, quello dei ladri. Nella cabina del Tir c’è il conducente, il rapinato. Legato e pestato. I falchi decidono che lasciarlo così com’è è una mano santa. Lui mugola, loro lavorano.

E tirano giù la roba: un quintale e mezzo di gnocchi di patate, 42 chili di polenta, 17 chili di spalla cotta, cinque quintali di prosciutto cotto, 40 chili di mortadella “gran sapore”, 40 chili di “salame napoli”, otto chili di prosciutto cotto in tranci, sei chili di salamini. Novecento e passa chili in tutto di roba da mangiare e da vendere. I falchi prelevano, “saccheggiano”, come dirà dopo il giudice che ha indagato e scoperto la “rapina dopo la rapina”. Fatto il carico, i “tutori dell’ordine” trasportano il tutto in periferia, a Chiaiano, dove uno degli undici più uno, uno della “famelica dozzina in divisa”, il più “imprenditore” di tutti, ha un magazzino e una società di catering. Insomma i falchi non hanno bisogno neanche del ricettatore della refurtiva, fanno in proprio, fanno catena dal produttore al consumatore. L’uomo legato in cabina li vede rubare, trasformarsi da guardie in ladri, rubare ai ladri il ruolo e la parte in commedia. Ma la “dozzina” non si preoccupa: sanno che lui starà zitto e muto e lui conferma che non farà un fiato, non gli conviene: quelli sono ladri ma anche guardie e i ladri semplici rapinano, i “ladri-guardie” fanno anche male.

E’ finita, è andata: la “dozzina” si è “fatta la serata”, si è “bevuta il Tir”. Ci sarebbe un particolare, ci sarebbe da redigere un verbale sull’intervento delle “forze dell’ordine”. Un verbale falso ovviamente, un verbale che odora e puzza di falsità lontano un miglio se uno volesse leggerlo. Ma quell’uno non c’è. Il dirigente, il “superiore” dei falchi in ufficio si tappa il naso e gli occhi, li vede trafficare sul verbale e decide che non è il caso di fare il pignolo e di mettersi contro i “suoi ragazzi”. In fondo è una storia che si può raccontare: hanno preso tutto i ladri, i primi arrivati e i meno famelici. Starà zitto il conducente che ha visto la seconda rapina, staranno zitti loro che non hanno visto. Dovessero pure contraddire il verbale, e non lo faranno, sarà la loro inaffidabile parola di ladri contro quella autorevole delle guardie. Starà zitto anche il “dirigente”. Magari non mangerà una fetta di quel prosciutto, ma avrà pensato con indulgenza che l’occasione, e che occasione stavolta, fa “la guardia ladra”.

Passano le settimane e i mesi e un giudice testardo e pignolo si mette in mezzo e di traverso. Scopre la verità e la fa alla fine confessare ai falchi che pigolano giustificazioni e provano a giocare a scaricabarile. E’ una piccola, grande storia napoletana, storia criminale, storia grottesca, storia comicamente infame.

Ma è l’unica storia in cui le guardie fanno all’ingrosso e in gruppo i ladri? Viene alla memoria la storia dei carabinieri della stazione di Roma che controllavano, spaiavano, ricattavano i trans, i loro clienti e gli spacciatori di cocaina a domicilio. Quattro carabinieri, mica uno. La storia di Marrazzo, ma soprattutto la storia di carabineri che facevano i soldi con i trans e con clienti dei trans meno noti del governatore del Lazio. E poi la storia romana della droga sequestrata e sparita, svanita in un’altra caserma delle “forze dell’ordine”.

Coincidenze di cronaca, una, due, tre, dieci coincidenze. Fossero anche cento, poche per pensare a una mutazione genetica in corso da guardie a ladri. Però troppe per pensare si tratti di un “raptus” che una volta ogni morte di papa afferra i “falchi in divisa”. In altri paesi, dove la corruzione è regola e abitudine generale, di regola e di abitudine le “forze dell’ordine” esigono un “pizzo” dai commerci, dalla società civile, dalla criminalità. Non succede in Italia, da noi non è certo così. Ma comincia a succedere e si affaccia, importuno e insolente, il sospetto che per una “notte dei falchi” che viene scoperta, dieci notti così restino celate e invisibili nel buio.