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435 telefonate, contraddizioni e (almeno) una bugia: le tante versioni di Mauri

di Emiliano Condò |4 Giugno 2012 17:33

Stefano Mauri (LaPresse)

CREMONA – Quattrocentotrentacinque telefonate e (almeno) una bugia. E poi versioni che cambiano man mano che gli investigatori mettono sul tavolo schede telefoniche, contatti e elementi di prova. Stefano Mauri, il capitano della Lazio in carcere da una settimana per l’inchiesta calcio scommesse, rischia (senza considerare l’aspetto penale della vicenda) una squalifica lunga. Se non altro perché ha raccontato al procuratore federale Stefano Palazzi di non scommettere mai salvo poi correggere il tiro e ammettere puntate “lecite” su basket e tennis. Di bugia trattasi e la Procura Figc, almeno fino ad ora,  ha mostrato di non gradire la mancata  collaborazione degli indagati.

Intanto lunedì pomeriggio è arrivata la decisione del gip sulla scarcerazione di Mauri. Guido Salvini ha scelto i domiciliari per il calciatore laziale e per l’altro arrestato, Omar Milanetto. Niente scarcerazione come era nelle attese. E Salvini non ha fatto mancare una critica: per lui la versione di mauri è lungi dall’essere “plausibile”. Mauri, insomma, per i magistrati non dice la verità, o almeno non la dice ancora tutta.

A rendere più pesante la posizione del capitano laziale è una sim da cui risultano 435 telefonate ad Alessandro Zamperini, personaggio centrale dell’indagine che, secondo l’accusa, sarebbe il “contatto” tra i calciatori e il clan degli zingari. La sim in questione, attiva tra aprile e luglio 2011,  non è intestata a Mauri ma a Samanta Romano fidanzata di Luca Aureli (titolare di un’agenzia di scommesse).

La teoria dell’accusa è che proprio Aureli avrebbe dato la sim a Mauri per contattare Zamperini. A sostegno della loro tesi i pm allegano la consueta “analisi delle celle”. Il cellulare della Romano sarebbe stato sempre vicino a quello di Mauri nel momento delle telefonate a Zamperini.  Una in particolare è la chiamata che per l’accusa inguaierebbe il capitano laziale: “Tra le 12.42 e le 12.45 del 14 maggio (giorno della partita Lazio-Genoa, ndr) tutte le utenze citate (Zamperini, Ilievski e Samanta Romano) venivano localizzate nella zona adiacente al Centro Sportivo SS Lazio”. Tradotto: Mauri avrebbe chiamato Zamperini un paio d’ore prima di Lazio-Genoa, una delle gare contestate dalla Procura.

Per trovare la bugia, invece, basta mettere a confronto le versioni di Mauri. In un primo momento, davanti al procuratore federale Stefano Palazzi, Mauri aveva provato la carta dell’innocenza piena: non gioco e non scommetto, semplicemente perché non mi piace. Poi però al capitano della Lazio sono stati mostrati gli elementi raccolti dall’accusa: dalle intercettazioni ambientali alla questione “sim”. E lì Mauri ha tentato una parziale retromarcia:  scommetto, sì. Ma solo su basket e tennis.

I problemi però sono due: innanzitutto la credibilità. Mauri “ammette dopo” che di certo non equivale a collaborare. Un indagato che racconta una versione dei fatti completamente diversa fino a cinque minuti prima non diventa automaticamente credibile perché cambia. Se ammette quando è alle strette, è il pensiero degli inquirenti, potrebbe continuare a nascondere altro. Non solo. Neppure la linea scommesse su basket Nba e  tennis torna. Perché servirsi di una sim “segreta” (almeno è la tesi dell’accusa) per un comportamento lecito? Domanda cui Mauri, secondo il quotidiano La Repubblica, avrebbe risposto per una questione d’immagine. Linea difensiva che definire debole è un eufemismo.

Infine almeno su di un aspetto il capitano della Lazio si è già fatto del male. Smentendo se stesso ha ammesso di aver mentito a Palazzi. E la Procura Figc, a quanto si vede con le prime sentenze di questi giorni, ha la mano leggera con chi collabora e pesante con chi ostacola. Di certo il Mauri calciatore non si è fatto un favore ammesso e non concesso che, in caso di condanna, qualche società decida di tesserarlo ancora.

Le bugie, però, potrebbero non finire qua.  Agli inquirenti che gli chiedono conto dei contatti con Luca Aureli Mauri risponde in modo evasivo: “Mi risulta inoltre che Zamperini ha un amico che gestisce un’agenzia di scommesse, se non ricordo male nella zona Aurelia in Roma”. Il capitano della Lazio dice che forse ricorda male. Però, è la tesi dell’accusa, quell’Aureli deve conoscerlo bene visto che, sempre dall’analisi della sim, tra i due risultano almeno 9 telefonate dirette. La domanda degli investigatori è banale: si chiama nove volte una persona senza sapere chi è? Il tutto senza considerare le parole dell’avvocato di Aureli secondo cui il suo assistito e Mauri erano “grandi amici”.

 

 

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