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Suburra, chi è Samurai? L’INTERVISTA a Francesco Acquaroli: “Vi svelo il suo punto debole”

di Gianluca Pace |1 Marzo 2019 18:23

Samurai in una scena dell'ultima puntata della prima stagione. In questa scena Samurai sfida Aurelino: "Io non ho paura di morire. E tu?"

Samurai in una scena dell’ultima puntata della prima stagione. In questa scena Samurai sfida Aureliano e lo minaccia: “Io non ho paura di morire. E tu?”

ROMA – “Samurai” di “Suburra” è il cattivo per eccellenza. Nella serie, “Samurai” è il regista che nell’ombra trama con la mafia, con la criminalità romana (la famiglia “Adami” di Ostia e la famiglia sinti degli “Anacleti”) e con la politica, per costruire un porto turistico su alcuni terreni di Ostia.

I riferimenti sono noti. La famiglia “Adami” si ispira ad alcune famiglie criminali del litorale romano. Quella degli “Anacleti” ad alcune famiglie sinti di Roma. E il tutto è stato ambientato dagli sceneggiatori – che in parte si sono ispirati alle vicende di “Mafia capitale” – tra le dimissioni di un sindaco, le elezioni per eleggere quello nuovo e il sopravvenire dell’emergenza dei migranti. Nella serie il personaggio di “Samurai” è interpretato da Francesco Acquaroli. Parlare con lui, dopo aver cannibalizzato la seconda stagione di “Suburra”, è una esperienza estraniante perché, in fondo, la mente non riesce più a separare l’attore dal personaggio. E di questo va dato merito al grande lavoro di Acquaroli.

Com’è nata la collaborazione per “Suburra”? “Tutto è nato con dei provini fatti con Michele Placido. Poi Michele ha mandato la sua scelta a ‘Netflix’. E alla fine è stata proprio ‘Netflix’ a dare il via libera”. Quando ha iniziato a leggere la sceneggiatura, in parte legata anche alle carte di “Mafia Capitale”, cosa ha pensato?

“Niente di particolare a dire il vero. A me non interessa se una sceneggiatura sia solo finzione o se sia ispirata dalla storia o dalla cronaca. Quello che conta, per me, è immergermi in quel mondo. Nel mondo della sceneggiatura. Non ci sono pensieri collaterali. Non ci sono giudizi. Altrimenti non riuscirei a fare il mio lavoro”. Lei è di Roma. Si immaginava una Roma così compromessa col malaffare? “In parte sì e in parte no. Però diciamo che non ho scoperto il malaffare a Roma con ‘Suburra’. L’ho scoperto tramite anni di cronaca giudiziaria piuttosto, direi, approfondita”.

Com’è nato e qual è stato il lavoro per interpretare “Samurai”? “Dunque… Ne ho parlato con il regista e anche con la produzione artistica. E insieme abbiamo individuato un personaggio molto sobrio. Un personaggio con un modo di fare, un modus vivendi di tipo militare. Quindi senza grande concessioni agli aspetti emotivi. E’ più legato, se la vogliamo considerare così, all’efficienza militare”. E’ un personaggio senza etica e sentimenti? “Diciamo che li mette da parte”. Forse l’unico sentimento è per i cavalli. E qui ride. “Da qualche parte, in fondo, i sentimenti devono uscire…”. E ride di nuovo.

Samurai saluta per l’ultima volta il suo cavallo prima di ucciderlo. La scena è nella quarta puntata della prima stagione di Suburra

Il personaggio di “Samurai” si ispira a Massimo Carminati? Che rapporto c’è, se esiste, tra “Samurai” e Carminati? “Questo andrebbe chiesto a Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo che hanno scritto la sceneggiatura. Io non lo so sinceramente. Non conosco Carminati. Non saprei. Più che altro ‘Samurai’ mi sembra una espressione della fantasia degli autori”. Come si è evoluto il personaggio nel corso delle puntate? “Più che evolversi lui, si evolvono le situazioni intorno a lui. Mi sembra che alla fine il suo spirito sia sempre costante: quello, cioè, di voler prevalere su tutto”. “Samurai” probabilmente è il personaggio più cattivo della serie. Quanto è difficile interpretare un ruolo così? “Non so quanto sia difficile. Secondo me tutti i personaggi sono difficili. Per rendere credibile qualcosa, in fondo, la difficoltà non è nello specifico del personaggio. La difficoltà è proprio nello specifico del nostro mestiere”.

“In fondo – ride – me lo sono scelto io. Non è che mi sto lamentando. Ma la difficoltà è nel rendere credibile qualcosa che non esiste”.

Quali sono i cattivi del cinema o delle serie Tv che più la hanno affascinata? Qui si prende una pausa. “Mah… Non lo so. Non lo so. Perché sai in fondo un personaggio interessante deve essere un personaggio a tutto tondo. E’ un po’ manichea questa visione di un cattivo da una parte e il buono dall’altra. I personaggi sono tutti interessanti”.

“Perfino ‘Hannibal’ – mi spiega – interpretato dal grandissimo Anthony Hopkins era un personaggio che alla fine aveva una sua… umanità”. “E lui… era un cannibale” e ride ancora.

Per strada la chiamano “Samurai”? “Sì, sì. Continuamente”. Che effetto le fa? E scoppia a ridere. “Mi fa piacere – mi dice – Vedo che questo personaggio mi sta ripagando dell’impegno che ho profuso per farlo. Sono molto contento”. Qual è la scena a cui lei si è più legato? Ci pensa. “Non lo so. Forse proprio quella del cavallo nella prima serie. Quando, cioè, al cavallo a cui volevo tanto bene rinuncio pur di sentirmi adeguato al mio potentissimo alleato”.

Qual è il punto debole, se esiste, di “Samurai”?  “Eh ma è proprio questo. Il suo rinunciare ai sentimenti è il suo punto di forza e la sua debolezza. Perché alla fine è un po’ come segare il ramo su cui si è seduti”.

Oltre a “Samurai”, quali altri personaggi della serie la affascinano di più? “A me sinceramente sembrano tutti molto affascinanti. Hanno tutti uno spessore. Ed è molto bello avere a che fare con personaggi così ben caratterizzati”. “Spadino”, “Samurai” o Aureliano? Chi è il più cattivo? “Una bella gara eh – ride – Sicuramente finirebbe al fotofinish. Ci vorrebbe la tecnologia per capire chi ne uscirebbe vincitore”.

Come si è evoluta la serie tra la prima e la seconda stagione? “Si avvicina il momento clou per chiudere questo mega affare del porto di Ostia e quindi aumenta la frenesia. Nella seconda stagione aumenta questa frenesia e si fa più avvincente”. Quali sono le differenze tra il suo “Samurai” e quello di Amendola nel film? “Non lo so. Mi chiede cose a cui non so rispondere”. Ma lei ha parlato con Amendola prima di interpretare il suo “Samurai”? “No, no…”.

Lei è un grande fan di Clint Eastwood. Qui mi interrompe subito: “Assolutamente sì”. E lui il suo punto di riferimento nel mondo del cinema? “No, ce ne sono tanti. Lui è stato il primo che mi ha colpito. Mi ha colpito anche per la sua carriera da grande regista. Ha fatto dei film bellissimi. Dell’ultimo (“Il Corriere – The Mule”, ndr), addirittura, è stato regista, produttore e anche attore protagonista. A 88 anni ha dimostrato ancora una volta di essere un grandissimo personaggio del cinema”. Parliamo di cose serie… Lei è un grande appassionato di tennis.

Quale tennista le piacerebbe interpretare? E qui ride di nuovo. “Beh – mi risponde – Lo hanno già interpretato: John McEnroe”. Lei sta per girare un nuovo film. Di cosa si tratta? “Sì – mi conferma – parteciperò a un film di Costa-Gravas (pseudonimo di Konstantinos Gavras, ndr) tratto da un libro scritto dall’ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis. Libro che parla dell’esperienza di Varoufakis come ministro delle Finanze durante la crisi economica in Grecia”. Ci sarà una terza stagione di Suburra? Qua, lo dico, mi aspetto un bel “no comment”. “Purtroppo non lo sappiamo ancora. Stanno ancora decidendo. E quando decideranno saremo ben lieti di dare la notizia”. “Sempre se – e ride – sarà una notizia lieta”.

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