In Gran Bretagna sono attivi 85 tribunali islamici che giudicano sulla base della “Sharia”, la severa legge coranica. È quanto rivela il tabloid Daily Mail secondo cui le corti operano in gran parte nelle moschee e fungono più che da corti criminali da “tribunali di arbitraggio” per i musulmani alle prese con problemi come il divorzio, la violenza domestica e le dispute finanziarie. Ma soprattutto le loro sentenze hanno valore legale soltanto se approvate in seguito da un tribunale del Regno. I musulmani che si rivolgono a questi tribunali speciali lo fanno su base volontari e se vogliono possono anche non obbedire alle sentenze. Finora erano note solo cinque corti islamiche gestiti dal Muslim Arbitration Tribunal a Londra, Manchester, Bradford, Birmingham e Nuneaton, istituiti in base all’Arbitration Act del 1996 che regola i collegi arbitrali.
In realtà, ha rivelato l’associazione Civitas che ha curato il rapporto, ce ne sono altri 80 che operano in sostanza a porte chiuse, senza garantire accesso ad osservatori esterni e indipendenti. Il Mail, citando l’autore dello studio Denis MacEoin, denuncia che questi tribunali spesso sono sbilanciati a favore degli uomini e penalizzano fortemente le donne nei casi di divorzio e di violenza domestica. In particolare il rapporto evidenzia che «tante sentenze dei tribunali della sharia in Gran Bretagna nei casi di divorzio e di custodia dei figli non hanno al centro l’interesse dei bambini, come previsto dalle leggi britanniche, e che le donne, secondo la sharia, non godono degli stessi diritti dell’uomo».Ad innescare le polemiche sui tribunali islamici fu lo scorso anno una fonte imprevedibile: l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Chiesa Anglicana, era stato attaccato da più parti quando aveva definito «inevitabile»una futura cooptazione del diritto islamico nel sistema giudiziario britannico.