Da oggi, 21 ottobre 2021, Pietro Genovese torna libero. Il ventenne, che la notte del 21 dicembre del 2019 investì e uccise le 16enni Gaia e Camilla nella zona di Corso Francia a Roma, non ha più misure restrittive a suo carico.
I giudici della Corte d’Appello, così come previsto dalla legge per le sentenze passate in giudicato, hanno eliminato la misura dell’obbligo di dimora che gravava dall’8 luglio scorso, giorno in cui la condanna a 5 anni e 4 mesi è passata in giudicato dopo la ratifica del concordato in secondo grado.
Spetta ora al Tribunale di Sorveglianza decidere su come fare scontare il residuo di pena, di circa 3 anni e 7 mesi. Non è escluso che il giovane possa essere affidato ai servizi sociali.
Pietro Genovese, 4 giorni di carcere e 1 anno e 7 mesi di domiciliari
Quattro giorni di carcere, 1 anno e 7 mesi di arresti domiciliari: questo è quanto ha scontato, in sostanza, Pietro Genovese, accusato di omicidio stradale plurimo per la morte di Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli.
Nel procedimento non comparivano più come parte civile le famiglie delle due ragazze in quanto hanno ottenuto il risarcimento. La famiglia di Camilla, tramite l’avvocato Cesare Piraino, si augura che “il Tribunale di Sorveglianza valuti con serenità, serietà e rigore l’istanza di affidamento al servizio sociale allargato che proporrà il condannato”.
In primo grado Genovese era stato condannato ad 8 anni di carcere. Nelle motivazioni di quella sentenza il gup Gaspare Sturzo aveva ricostruito quanto avvenuto quella tragica notte a Corso Francia quando Gaia e Camilla, di ritorno a casa da una serata per festeggiare l’inizio delle vacanze di Natale, furono falciate dall’auto di Genovese impegnato, sostenne il giudice, in una gara di sorpassi.
Pietro Genovese, Gaia e Camilla attraversarono sulle strisce pedonali
Le due studentesse non avevano fatto nessun azzardo né la loro condotta aveva messo a repentaglio la loro incolumità: stavano infatti attraversando sulle strisce pedonali, dopo che il semaforo pedonale era diventato verde. Un comportamento irreprensibile che però non fu sufficiente a salvarle dalla morte, dal violento impatto con l’auto guidata da Genovese che le ha centrate uccidendole sul colpo.
Il gup definiva “assai elevato il grado di colpa dell’imputato, sotto il profilo del quantum di evitabilità dell’evento, essendo l’incidente frutto anche di una negligente scelta di mettersi alla guida dopo aver fatto uso di alcol, pur sapendo che era obbligato a non bere qualora avesse voluto condurre un’auto, secondo la sua età e per il tempo in cui aveva preso la patente”.
Pietro Genovese, la gara di sorpassi
Perizie e accertamenti, ratificati dal dibattimento processuale, evidenziarono che il ventenne investì le due ragazze mentre erano “sulle strisce pedonali, nel tratto della terza corsia di sinistra di Corso Francia, e dopo che queste avevano iniziato l’attraversamento con il verde pedonale ma si erano fermate per aver notato alla loro sinistra provenire dal precedente semaforo ad alta velocità tre auto impegnate, di fatto in una gara di sorpassi, che non accennavano a rallentare”.
Il giudice infatti sostenne nella sentenza di primo grado che l’imputato, prima del tragico impatto, aveva “effettuato una serie di sorpassi utilizzando al contempo un cellulare con cui mandava messaggi; superando il limite di velocità in ora notturna; iniziando un ultimo sorpasso di un’auto che aveva cominciato a frenare e, poi, si era fermata”. Un sorpasso terminato in una tragedia