TRIPOLI – Paolo Scaroni è un ”buon amico”, l’Eni è una delle ”più importanti compagnie che operano in Libia”, e i contratti sottoscritti ”verranno onorati”.
Shukri Ghanem, il ministro del petrolio libico, non ha dubbi: non è a Tripoli che si devono cercare le risposte sul futuro dei rapporti energetici con il gigante italiano e le altre compagnie straniere. ”Abbiamo un’ottima relazione con l’Eni, una compagnia che lavora qui dagli anni Cinquanta ed è tra le più importanti di quelle che operano in Libia”, ha detto il ministro, parlando coi giornalisti a Tripoli.
”Produce petrolio e gas in differenti zone del Paese. Esportiamo 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno verso l’Italia, giochiamo un ruolo importante nella sicurezza energetica del vostro Paese”. ”Per quanto ci riguarda – ha sottolineato Ghanem – confermiamo tutti i contratti con l’Eni, e speriamo che anche loro facciano lo stesso. I contratti sottoscritti sono da onorare, e speriamo loro e le altre compagnie facciano lo stesso”.
Ghanem, che parla italiano – ha studiato a Perugia agli inizi degli anni Sessanta – ricorda però che ”la gran parte del personale dell’Eni ha lasciato il Paese”, che Scaroni è ”un buon amico, ci siamo sentiti in questi giorni”, e che ”gli ho chiesto di aiutarci a spegnere le fiamme a Ras Lanuf, ma non è stato in grado di aiutarci”.
”Avrà avuto le sue ragioni – aggiunge -, per fortuna ci siamo riusciti da soli e siamo riusciti a domare gli incendi. Se i depositi chimici e per il petrolio fossero esplosi si sarebbe creata un’emergenza ambientale in tutto il Mediterraneo”. La produzione di petrolio, che arrivava a 1,7 milioni di barili al giorno, ”e una potenzialità pari a due milioni”, è drasticamente crollata a circa 500.000 barili: ”Quando sono iniziati gli attacchi e saccheggi agli impianti il personale straniero è andato via. Ora speriamo che tornino. Il Paese è aperto a chiunque voglia lavorare”. Sul piano politico, il ministro sottolinea che l’Opec è un’ organizzazione che non dovrebbe avere nulla a che fare con gli sviluppi sociali e politici dei Paesi membri, ”come è accaduto ai tempi della guerra in Iraq dopo l’invasione del Kuwait”, mentre per quanto riguarda il trattato di amicizia tra Italia e Libia ”dovete parlare con il ministro degli Esteri. Io il trattato non l’ho neppure letto, non so se sia stato violato”. La Libia, ribadisce infine, mantiene aperte le sue porte, alle compagnie italiane e alle straniere: ”E’ sempre stato così. Ora però sono loro che non vengono”.