Renzi e Berlusconi. Sui titoli Mediaset ha pesato di più il futuro di Berlusconi stesso
MILANO – “MatteoRenzi fa male ai titoli Mediaset“
strilla Repubblica, che, per rafforzare il concetto di Renzi San Giorgio che uccide il biscione Berlusconi, ricorda:
“Biscione ok con D’Alema e Letta”.
Non serve più sfogliare le annate dei tempi del Minculpop, non serve Alessandro Pavolini redivivo.
Il Regime è intrinseco al Dna italiano. Il sottotitolo completa il pensiero:
“Le tv di Arcore hanno perso il 20% dall’insediamento del premier contro il – 2% di Piazza Affari e il +3% dei media europei. Tempi duri anche con Monti e (in un corto circuito da psicanalisi) persino con Berlusconi. Performance d’oro invece con i governi D’Alema e Letta”.
La sensazione è di essere in presenza di un atto primordiale, la nascita del Titano Renzi che distrugge il diavolo Berlusconi.
L’articolo di Ettore Livini è sulla linea. Strano che a un bravo giornalista come Ettore Livini sfuggano le tante variabili che possono avere influito sul titolo Mediaset:
1. la realtà del mercato italiano, dove l’offerta di tv nazionale libera, in chiaro, è eccessiva e sempre più scadente, causa i tagli dei costi imposti a ondate crescenti da più di 20 anni a questa parte dalla brama (o necessità) di risultati positivi per Berlusconi;
2. ciò ha favorito Sky, dell’odiato Murdoch, che continua a crescere, in qualità e pubblico. Berlusconi topo brianzolo non ha mai avuto una visione globale (tranne lo sfortunato tentativo in Francia e l’exploit in Spagna), mentre Murdoch, che ha giocato sullo scacchiere mondiale, rischiando il collo, oggi è in grado di spalmare i conti su una audience planetaria, mentre Berlusconi il suo piccolo digitale terrestre fatica e prima o poi sarà venduto: a meno di un miliardo di euro, cifra ciclopica per i comuni mortali ma un’inezia in questo mondo galattico;
Ettore Livini concentra invece la sua attenzione sulla storia “politica” di Mediaset, anche in questo mancando di cogliere il nesso: non è il nome di siede a Palazzo Chigi a influire sui titoli Mediaset, ma la percezione da parte degli investitori istituzionali italiani e internazionali del futuro, non del presente, politico di Berlusconi e quindi della sua capacità di tutelare gli interessi delle sue tre tv, come ha fatto da sempre e ancor più da quando è diventato protagonista in prima persona.
Scrive Ettore Livini:
“La storia parallela dei governi italiani degli ultimi 20 anni e della quotazione delle tv del Biscione racconta una verità a sorpresa: Renzi, come Mario Monti, è stato un mezzo incubo per gli azionisti delle tv dell’ex-Cavaliere. Che ricordano invece con grande nostalgia i guadagni d’oro messi assieme quando a Palazzo Chigi sedevano Massimo D’Alema ed Enrico Letta. Di più: il premier Silvio Berlusconi, con un cortocircuito da lettino dello psicanalista, si è rivelato il peggior nemico del Silvio Berlusconi socio di Cologno”.
L’articolo sembra un po’ una risposta proxy all’attacco di Pierluigi Bersani contro Renzi:
“Bersani un paio di settimane fa [ha detto]: “Non c’è persona che non abbia notato come nel giorno del rinnovo del patto del Nazareno l’indice generale del listino ha fatto -2,9% mentre Mediaset ha guadagnato il 6%”, ha fatto notare sibillino e un po’ polemico. Vero: il 12 novembre il titolo del Biscione – spinto anche dalle previsioni di utile a fine anno – si è mosso in netta controtendenza rispetto al Mibtel”.
La battuta di Bersani è degna di uno che ha regalato la presidenza della Camera a Sel e messo Piero Grasso presidente del Senato e Ignazio Marino sindaco di Roma. Ettore Livini non cade dal pero:
“Il mercato però non vive solo 24 ore. E allargando l’obiettivo ai nove mesi del governo, il risultato è opposto: il 22 febbraio scorso, primo giorno da presidente del Consiglio di Renzi, un’azione Mediaset valeva 4,1 euro. Oggi è a 3,25, il 20,8% in meno (segui il titolo in diretta). Certo la politica non è l’unica variabile che muove i titoli in Borsa, regola che vale per tutti gli esecutivi degli ultimi decenni.
“Tra febbraio ed oggi però il resto del listino è sceso solo del 2,2% mentre le quotazioni dei concorrenti europei del Biscione nel settore media sono cresciute del 3%. Una mezza Caporetto per Arcore, insomma, simile a quella andata in onda nell’era Monti: in 17 mesi, in quel caso, Mediaset ha lasciato sul terreno il 10,9%. Non tantissimo in assoluto, ma una performance da dimenticare se confrontata con il +7% dell’indice generale e il +34% messo a segno nello stesso periodo dagli altri network continentali”.
Ricorda Ettore Livini che le televisioni di Berlusconi
“hanno vissuto a Piazza Affari giorni decisamente migliori. Indimenticabile, ad esempio, la galoppata a cavallo del millennio, quando a capo dell’esecutivo c’era Massimo D’Alema, altro esponente del Pd accusato spesso di “intelligenza” con l’ex-Cav. In questo caso, in effetti, Piazza Affari conferma. Nell’anno e mezzo (e due governi) di “Baffino” tra il 1998 e il 2000, Mediaset ha guadagnato il 228%”.
La spiegazione è un po’ tanto semplicistica e lo stesso Livini se ne rende conto:
“In quei giorni, c’è da dire, la bolla della new economy gonfiava in maniera artificiale il valore delle aziende media e tlc. Ma l’indice del settore in quei 18 mesi è salito appena del 139% mentre la Borsa di Milano ha segnato un +52%”.
In quei giorni però un po’ tutti i titoli media in Italia crebbero fuori misura, a cominciare da quello dell’Espresso, di cui fa parte Repubblica, da meno di 1 euro a 26 per azione. La conferma è nelle parole che seguono:
“Ancora meglio, in proporzione, è andata con Letta premier. In 10 mesi il Biscione ha fatto +118%, il quadruplo dei competitor e del resto della Borsa.
“Silvio Berlusconi invece, parlando di Piazza Affari, si è rivelato il peggior nemico di se stesso malgrado l’impegno personale speso sul fronte delle leggi “ad aziendam”. All’epoca del suo governo tra il 2001 e il 2006, fatte le dovute proporzioni, le cose erano andate persino bene: Cologno, è vero, è scivolata del 12,8%. Ma lo Stoxx media aveva archiviato il quinquennio con un disastroso – 42,8%.
“Tutta un’altra storia invece è il Berlusconi IV tra il maggio2008 e quel novembre 2011 in cui lo spread volava a quota 700. I titoli delle tv del premier sono crollati in quel periodo del 64% da 5,9 a 2,1 euro. Facendo ben peggio di Piazza Affari e molto peggio dello Stoxx media (-18%)”.
Conferma della teoria sopra esposta: la Borsa riflette non il presente ma il futuro e tutti scommettevano, con ragione, sulla imminente caduta di Berlusconi. Caduta fino a un certo punto, più lenta di molti desideri, ma certo inesorabile.