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Csm dà ragione a Robledo ma non dà torto a Bruti sul caso Ruby

di Alberto Francavilla |10 Giugno 2014 16:24

Robledo e Bruti Liberati

ROMA – Il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati doveva spiegare perché assegnò il coordinamento dell’inchiesta Ruby a Ilda Boccassini. Per “scongiurare qualunque possibilità di rischio di esporre l’ufficio al pur semplice sospetto di una gestione personalistica di indagini delicate” che riguardavano Silvio Berlusconi. Lo scrive la Settima Commissione del Csm nella proposta, approvata a maggioranza, da portare in plenum, sullo scontro in Procura a Milano che sta andando avanti da qualche settimana. Secondo la Commissione ci voleva un formale coinvolgimento di Alfredo Robledo nel Ruby bis e ter (ovvero del magistrato che si occupò del principale processo Ruby, quello con Berlusconi imputato), ma perchè non dà torto a Bruti Liberati, l’altro magistrato coinvolto? Perchè definisce la prassi con cui furono assegnati a Pietro Forno “condivisibile”.

Allo stesso tempo dà ancora ragione a Robledo perchè la “prassi condivisibile” non è in linea con i criteri organizzativi della procura. Cioè? Bruti Liberati doveva secondo la settima commissione del Csm motivare l’assegnazione a Ilda Boccassini del coordinamento dell’inchiesta Ruby. Motivare quelle ragioni, ragioni che quindi esistono e sussistono. Bruti Liberati poteva, riconosce il Csm, assegnare quell’inchiesta a Boccassini ma per “scongiurare qualunque possibilità di rischio di esporre l’ufficio al pur semplice sospetto di una gestione personalistica di indagini delicate” doveva motivare le ragioni della scelta. Il Csm, o meglio una commissione, che tenta di uscire con la strategia della diminuzione del danno dallo scontro nella procura di Milano e lo fa con una “sentenza” più “salomonica” che piratesca. Tenta di dividere con la “spada” torti e ragioni, rischia di dare l’impressione di una trattenuta voglia di lavarsene le mani.

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