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Federfauna e il premio Hitler: “Il primo degli animalisti”

di Elisa D'Alto |15 Novembre 2012 13:08

Adolf Hitler (Foto Lapresse)

ROMA – Un premio intitolato ad Adolf Hitler. L’annosa contrapposizione tra allevatori e animalisti ha prodotto quella che i primi definiscono una “provocazione”. Federfauna, la Confederazione Europea delle Associazioni di Allevatori, Commercianti e Detentori di Animali, ha annunciato che istituirà un premio per le personalità che si sono particolarmente distinte nell’animalismo.

Fin qui nulla di male. Se non fosse che il premio in questione è stato intitolato ad Adolf Hitler. “Una provocazione”, aggiungono dopo aver precisato che si tratta di “un evento serio”. Il sottotesto di una simile “provocazione” sembra essere: “animalista” è colui che ama e difende gli animali ma non ha necessariamente lo stesso amore per gli essere umani.

”L’utilità e il desiderio di Federfauna – spiegano alla Confederazione – è quello di creare cultura attorno al settore degli animalisti per dar vita anche a un reale contraddittorio e a uno scambio di idee. Il titolo è volutamente provocatorio perché Hitler è stato il primo a creare una legge contro le vivisezioni e i maltrattamenti di animali. Era vegetariano, amava profondamente il suo pastore tedesco e si suicidò con lui nel bunker di Berlino. Detto questo, sappiamo poi cosa Hitler ha fatto alle persone”.

E per FederFauna, che sabato presenterà ufficialmente l’iniziativa a Bologna, nella sua sede nazionale, è proprio questo il paradosso da evitare, cioè non bisogna che l’amore per gli animali distolga da quello per le persone. Una proposta ”un tantino estrema come quella del premio Hitler – spiegano – può servire a non cadere in questo errore. La difesa degli animali non deve andare a scapito di settori che potrebbero portare vantaggi specialmente in un momento di crisi come questo. Noi vogliamo far conoscere meglio quello che è il settore degli animali e degli allevamenti in Italia, per arrivare a una cultura che non sia solo estremista. Anche perché queste attività rischiano di andare all’estero piuttosto che essere eliminate”.

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