X

Lapo Elkann, una vita “col male”: “Abusi sessuali in collegio a 13 anni”

di admin |18 Ottobre 2013 10:20

Lapo Elkann (Foto LaPresse)

ROMA – “Ho subito abusi sessuali quando avevo 13 anni nel collegio dei gesuiti”. Lapo Elkann racconta la sua “vita con il male” a Beatrice Borromeo e Malcom Pagani in un’intervista sul Fatto quotidiano. Il nipote di Gianni Agnelli nella lunga intervista si racconta e ricorda la sua vita: i rapporti con la famiglia, le aspirazioni, il lavoro in Fiat e il successo di Italia Indipendent, la tossicodipendenza e soprattutto le ferite. Quelle ferite da cui si cerca di guarire, ma la cui cicatrice non ci abbandona mai.

Nell’intervista al Fatto quotidiano, Lapo racconta:

“Per dire la verità, per smetterla di nascondere le cose, per affrontare quel che mi è successo ed essere onesto, con me stesso e gli altri”. Da 36 anni, con relativa fantasia, Lapo Elkann è declinato sempre con la stessa nota. Alternativamente raccontato come l’erede inconcludente, l’eterna promessa, il ragazzo selvaggio perso nell’apparenza, l’esteta annegato negli amori di frontiera, negli errori e nei vizi. “Oggi sono schiavo solo delle sigarette” dice. E mentre aggredisce un pacchetto di Marlboro, libera i silenzi rimasti chiusi a chiave. Li tira fuori senza filtro, una boccata dopo l’altra, e in una nuvola di fumo, vestito di velluto arancione, scherza: “Quando Torino è così grigia bisogna fregarla con il colore”.

Molte le confessioni e gli aspetti della sua vita che Lapo affida e confida al Fatto quotidiano. Tra questi le ferite, quelle insanabili, della scuola e degli abusi sessuali. Lapo non andava a scuola con i fratelli:

“No, perché in classe avevo grandi difficoltà. Ero dislessico, amavo solo le lingue e la storia. Ero molto più bravo a parlare che a scrivere. Dunque i miei fratelli sono rimasti al liceo pubblico, e io, che ero il secondo di otto, sono stato spedito in collegio, dai gesuiti. L’ho vissuta come una vera e propria punizione”.

Una punizione troppo grande per un ragazzino di appena 13 anni:

“Da quando ho compiuto 13 anni ho vissuto cose dolorose che poi mi hanno creato grosse difficoltà nella vita. Cose capitate a me e ad altri ragazzi. Parlo di abusi fisici. Sessuali. Mi è accaduto, li ho subiti. Altre persone che hanno vissuto cose simili non sono riuscite ad affrontarle. Il mio migliore amico, che era in collegio con me per quasi 10 anni e ha vissuto quello che ho vissuto io, si è ammazzato un anno e mezzo fa. Non ne ho mai parlato prima anche perché voglio che questa storia serva a qualcuno. Sto pensando a una fondazione. Voglio aiutare chi ha passato quello che ho passato io. Parlare è giusto, ma facendo qualcosa di utile, di positivo”.

Ma a sentirsi una vittima, Lapo non ci sta:

“Tu puoi essere una persona solare e positiva, ma certe cose, quelle cose, riescono a conficcarti il male dentro. Però io non mi considero una vittima, le vittime sono altre”.

Anche se traumi simili sono difficili da affrontare:

“Ho dovuto fare un enorme lavoro su me stesso, anche vedere cose che non avevo voglia di vedere. Non nasconderle più. Non nascondermi. Ho dovuto essere sincero con me stesso e con gli altri. Anche perché quando si ammazza il tuo migliore amico ti metti in discussione. Ti fai delle domande. Avrei potuto fare qualcosa? Stargli più vicino? Me lo sono chiesto anche quando è morto mio zio Edoardo. Il figlio di Gianni Agnelli scomparso nel 2000. A mio zio penso molto spesso. Mi manca. Mi mancano anche tutti gli altri: mio nonno, Giovannino, Umberto, mio cugino Filippo, che se ne è appena andato. Tutti. Però Edoardo era una persona speciale. Atipica. Che ha vissuto una vita estremamente travagliata. Certe cose dure che ha vissuto, oggi le capisco ancora meglio di ieri. E ho sempre un grande dolore nel pensare che si sarebbe potuto fare di più. Che avremmo dovuto fare tutti di più”.

Dopo le ferite e la risalita, per Lapo l’importante è il futuro:

“Voglio diventare una persona che riesce a raggiungere i suoi obiettivi con etica, correttezza e umanità. Ho l’illusione che si possa emergere senza sotterfugi. Con la bontà: essere buoni non è qualità né un difetto. Se la classe imprenditoriale ha fatto credere che essere furbi fosse un valore, io rivendico il valore della bontà. Ci sono quelli che mi criticheranno sempre e quelli a cui non piacerò mai. Io vado per la mia strada. Senza arroganza, magari sbagliando, ma a modo mio”.

Per leggere l’intervista integrale a Lapo Elkann clicca qui.

Scelti per te