
ROMA – Salvare l’olio di oliva made in Italy dalla norma dell’Unione europea sul suo invecchiamento che non ne altererebbe le qualità. Per questo motivo una consumatrice ha lanciato un appello sul sito Change.org per chiedere che l’Unione europea riveda la norma, che cancella la data di scadenza dalle confezioni di olio di oliva, autorizzando così il commercio di quello vecchio. Solo l’ultima di una serie di disposizioni dell’Unione europea che fanno inorridire gli italiani, sia produttori che consumatori: dal pane cotto a legna al formaggio senza latte.
Paola Iacino sul sito dell’Huffington Post riporta l’appello che ha pubblicato su Change.org, in cui viene spiegato come l’eliminazione della data di scadenza, che secondo la norma Ue non implica un decadimento delle proprietà dell’olio, sia in realtà un problema e ne chiede l’abolizione:
“Mi chiamo Paola e sono una consumatrice. Ho lanciato un appello su Change.org per attirare l’attenzione sull’ennesima vicenda di mancata tutela del Made in Italy in Europa. Lo scorso giugno è stata approvata senza modifiche la normativa europea sull’etichettatura dell’olio di oliva, in seguito a una procedura di pre-contenzioso aperta dall’Europa nei confronti dell’Italia. Con l’approvazione della normativa europea il Parlamento italiano di fatto approva il commercio di olio vecchio.
Come dimostra la stessa motivazione del pre-contenzioso, all’UE non interessa tutelare né il consumatore né la qualità del prodotto; infatti “La Commissione Europea ritiene indimostrata una correlazione diretta tra la qualità dell’olio e la durata di conservazione” e “non prevede disposizioni in merito al periodo entro il quale l’olio di oliva conserva le sue proprietà”. Affermazioni blasfeme per chiunque conosca l’olio di oliva. Questa posizione può giungere solo da chi l’olio di oliva non lo produce.
L’Italia, però, è non solo il secondo produttore mondiale di olio di oliva ma anche il primo consumatore. La materia, dunque, dovrebbe essere di interesse principalmente del nostro Paese, eppure sembra che l’Italia non abbia neanche cercato di avere voce in capitolo. Il punto – totalmente illogico – della questione è che le regole sulla commercializzazione dell’olio siano dettate da chi, evidentemente, con l’olio non ci ha mai avuto a che fare… La mia domanda è semplice: perchè su alcuni prodotti l’Italia non guida l’Europa con le sue direttive?
Eclatante il caso dell’olio, ma ce ne sono stati altri: dal pane cotto a legna al formaggio senza latte. È certo che anche la legge salva olio si potrebbe migliorare, ad esempio facendo decorrere il TMC dalla data di produzione dell’olio invece che da quella di imbottigliamento. Qualcuno sostiene che la normativa europea sia in questo senso migliorativa in quanto prevede l’obbligo di indicare la data di raccolta, ma solo per l’olio italiano e solo se il 100 per cento degli oli proviene da tale raccolta. Esenti tutti gli altri.
In più scompare l’indicazione cromatica in evidenza che finora distingueva le miscele di oli comunitarie ed extra comunitarie. A fronte di una indicazione in più, dunque, si lascia al consumatore tutta la responsabilità di decifrare l’etichetta, cosa che non sembra facilitata e che in ogni caso non compensa, a mio parere, la possibilità di ritrovare sugli scaffali oli senza indicazione di raccolta e con un TMC anche a 24 o 36 mesi. Domandiamoci a chi giova questa normativa; forse a chi conta sulla disattenzione del consumatore per introdurre legalmente sul mercato olio vecchio e/o miscelato con oli non italiani?
Mi piacerebbe sapere allora in cosa consiste, concretamente e non solo a parole, la tutela del Made in Italy da parte dei politici italiani in Commissione Europea. Se la petizione continuerà ad avere il successo riscontrato finora, forse qualcuno darà una risposta a queste domande…”.