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I Pm: “Sabrina strozzò Sarah con una cintura. Depistaggio da 4 avvocati”

di Emiliano Condò |30 Settembre 2011 21:06

Sarah Scazzi (LaPresse)

TARANTO – Coinvolte a vario titolo nella vicenda di Sarah Scazzi 13 persone ritorneranno il 10 ottobre davanti al Giudice dell’udienza preliminare che dovrà decidere se rinviarli a giudizio, come chiesto dalla Procura della Repubblica. L’esame della posizione giudiziaria dei 13 accusati aveva avuto inizio ad agosto ed era stata rinviata al 10 ottobre.

Sarah Scazzi, aveva 15 anni e viveva ad Avetrana, nell’entroterra di Taranto.  Fu strozzata nel garage degli zii il 26 agosto del 2010. Il suo cadavere venne recuperato,  dopo parecchio tempo, ormai semidecomposto, in fondo a una cisterna, in campagna.

Al centro della vicenda, Cosima e Sabrina Misseri, rispettivamente zia e cugina di Sarah, accusate di aver ucciso la ragazza, con una cintura da pantaloni. Per mesi il caso appassionò gli italiani, perché per mesi diventò l’attrazione di tutti i talk shaw televisivi, più o meno truculenti e trucidi. In un primo momento se ne assunse tutta la responsabilità lo zio Michele, marito di Cosima e padre di Sabrina, ma,  dopo mesi gli investigatori capovolsero la versione della famiglia, trasformarono Misseri da mostro in poco più che zombie e le due donne, madre e figlia, in poco meno che streghe.

Il movente è assieme torbido e demenziale: secondo i pm, Sabrina aveva confidato a Sarah di avere fatto l’amore con Ivano Russo, un bello del paese e Sarah a sua volta lo aveva raccontato al proprio fratello, Claudio, il quale, a sua volta ancora, aveva sbeffeggiato Ivano, forse, ma le carte giudiziarie non lo dicono,perché Sabrina non è di una tale avvenenza che un maschio latino se ne possa vantare.

Furiosa per l’indiscrezione e forse anche per gli spietati commenti, Sabrina, con l’aiuto della madre,per questo pianificò l’esecuzione: questo, almeno, nelle parole dei pm.

Attorno all’omicidio, però, gli aspetti da chiarire non mancano. Colpisce il fatto che nell’elenco dei13 per cui la Procura di Taranto chiede il processo ci siano ben quattro avvocati, tutti e quattro legati alla difesa dei Misseri e tutti e quattro finiti davanti al gup per reati che vanno dal falso alle minacce.

La Procura di Taranto è convinta che i difensori di Sabrina e Cosima abbiano  superato in diverse occasioni il limite consentito dal diritto di difesa.  Così Vito Russo, Emilia Velletri,  Gianluca Mongelli e Francesco De Cristofaro, in tribunale dovranno entrarci non per difendere ma per difendersi. E lo dovranno fare cercando di smontare l’accusa di aver lavorato per un anno non tanto per difendere Sabrina, quanto per depistare le indagini, accollare la colpa del delitto a Michele Misseri e impedire che la verità venisse alla luce.

Se il processo si svolgerà a Taranto, in ogni caso, sarà la Corte di Cassazione a deciderlo: la difesa di Sabrina ha chiesto lo spostamento in altra sede (incompatibilità ambientale da “clamore mediatico”) e la decisione verrà presa il 12 ottobre, ovvero due giorni dopo la nuova udienza preliminare. Possibile, quindi, che quella del 10 ottobre finisca per rivelarsi una nuova udienza lampo con rinvio a data successiva alla decisione della Cassazione.

La stessa Corte di Cassazione il 26 settembre ha richiesto al Tribunale del riesame di rivalutare la vicenda, esprimendo dubbi su alcune parti dell’impianto accusatorio, movente e sequestro. Da qui a parlare di dubbi sulla colpevolezza delle due, però, ce ne corre.

Il delitto. Nella richiesta di rinvio a giudizio c’è  una precisa ricostruzione di come, secondo l’accusa, sarebbe avvenuto l’omicidio. Tutto si consuma nel primo pomeriggio del 26 agosto 2010. Sarah, inconsapevole, va ad un appuntamento con Sabina e Cosima. Secondo i pm, però, è una trappola mortale pianificata a tavolino. Cosima afferra Sarah per i capelli, la strattona o almeno la minaccia fino a farla salire nella sua macchina. E’ il presunto sequestro, basato sulla controversa testimonianza di un fioraio (poi ritrattata) che non convince la Cassazione.

Sequestro o meno, per l’accusa le due portano Sarah a casa Misseri, nel garage, e là si materializza l’arma del delitto: una cintura. Le due operano insieme: una tiene Sarah immobilizzata l’altra la strangola.

E’ solo dopo la morte di Sarah che entra in scena Michele Misseri, il “mostro” della prima ora, autore almeno sei diverse ricostruzioni del delitto.  Per gli investigatori sono zio Michele, suo fratello Carmine e suo nipote Cosimo Cosma a far sparire il cadavere. Michele lo carica sulla sua Seat Marbella e lo getta in un pozzo in campagna, in località Mosca. I tre completano il quadro coprendo il tutto con un macigno.

Il compito di Misseri non finisce qui. Sempre secondo l’ordinanza è il contadino di Avetrana a prendere vestiti ed effetti personali di Sarah e a fare un falò in aperta campagna per far sparire possibili tracce. “Cagionando – scrivono i pm con una punta di eccesso di zelo che lascia interdetti – un pericolo di incendio”.

Del cellulare di Sarah si occupano invece Sabrina e Cosima almeno fin quando Michele Misseri lo ritrova . Nell’ordinanza di rinvio a giudizio quello del cellulare di Sarah appare uno degli aspetti più complessi. Già da marzo, infatti, gli investigatori appaiono convinti che il ritrovamento sia stato voluto da qualcuno. Per l’accusa, evidentemente, si tratta di uno dei tentativi di depistaggio da parte di Sabrina e Cosima.

Sempre per sviare le indagini, è la tesi dei pm, Sabrina in un primo momento punta il dito contro Maria Eucaterina Pantir, la badante rumena che lavorava in casa Misseri. Sabrina racconta di comportamenti strani, spiega agli inquirenti che mentre prima la badante era sempre al telefono dopo il delitto ha ridotto al minimo le conversazioni. La Pantir, però, è estranea a tutta la storia è si è costituita parte civile chiedendo ai Misseri il risarcimento per la diffamazione subita. 

Il poker di avvocati. Di presunti depistaggi, almeno per l’accusa, è però piena tutta la vicenda Scazzi. Non a caso, tra i tredici di cui è stato chiesto il rinvio a giudizio, quattro sono avvocati che, per periodi diversi di tempo, sono stati difensori dei Misseri o sono stati sul punto di diventarlo.  Delicata, in particolare,  la posizione di Vito Russo, a lungo difensore di Sabrina Misseri.  L’avvocato, secondo l’ordinanza dei pm, non esita a utilizzare mezzi non leciti per migliorare la posizione della sua assistita: dalle nomine ad hoc alle minacce passando per la distruzione dei documenti.

Il primo episodio contestato è quello della tentata nomina a difensore di Michele Misseri di Gianluca Mongelli,  su cui pende un’altra richiesta di rinvio a giudizio. Nella prima fase delle indagini zio Michele è difeso dall’avvocato d’ufficio, Daniele Galoppa. Tra interviste televisive e polemiche l’avvocato prova a difendere chi, agli occhi dell’opinione pubblica, appare “indifendibile”. A settembre, però, in carcere arriva un telegramma: lo riceve Michele Misseri e arriva dal fratello Carmine. Il telegramma gli raccomanda, “per difendersi meglio” di accantonare Galoppa e assumere un avvocato di fiducia, ovvero Mongelli. La tesi della Procura è che l’avvocato in questione fosse sì di “fiducia” ma per Sabrina e non per Michele. Tutto questo, infatti, succede nei giorni dei continui cambi di versione di Michele Misseri. Galoppa intravede la possibilità che il colpevole sia un altro, la difesa di Sabrina, invece, sembra interessata a spezzare questo filo difensivo.

C’è poi quello che per gli inquirenti è un depistaggio estorto attraverso le minacce. E’ sempre Russo, quello che secondo il gip di Taranto “ha mostrato di esercitare il suo mandato difensivo con assoluto disprezzo delle fondamentali regole professionali”, a doverne rispondere.

Per i pm il quadro è semplice: Russo ha bisogno di allontanare i sospetti da Sabrina. Per questo convoca Ivano Russo,  amico di Sabrina e Sarah già sentito in precedenza dai carabinieri e gli fa capire che gli inquirenti sospettano di lui e si apprestano addirittura ad arrestarlo. L’unico modo per tirarsi fuori dall’impaccio, avrebbe spiegato l’avvocato al ragazzo, è scaricare indirettamente i sospetti su una terza persona,  l’amica arrivata a casa Misseri subito dopo il delitto,  Mariangela Spagnoletti.

La linea d’azione, secondo i pm è duplice: prima Ivano Russo avrebbe dovuto raccontare di un innamoramento della Spagnoletti nei suoi confronti e poi avrebbe dovuto indurre gli inquirenti a sospettare di lei o almeno a renderla poco credibile. Nella ricostruzione di quelle ore fatta dalla Spagnoletti, infatti, c’era più di un elemento contrastante con la versione di Sabrina.

Quando telegrammi e minacce non bastano, secondo l’accusa, Vito Russo non esita a distruggere documenti. E’ il caso di una parte del verbale e delle registrazioni audio, del colloquio avuto con Ivano Russo. L’avvocato ascolta il testimone insieme alla moglie, Emilia Velletri (il terzo avvocato che rischia il rinvio a giudizio). Ad un certo punto, è la tesi dei pm, Ivano Russo racconta qualcosa che “non conviene a Sabrina”. A fine colloquio i due strappano la parte del verbale “controverso” e cancellano addirittura le trascrizioni audio.

Il quarto avvocato che rischia il processo è Francesco De Cristofaro, per un breve periodo difensore (di fiducia) di Michele Misseri. Il presunto reato si consuma a febbraio 2011 dopo che, su indicazione di Valentina Misseri (la sorella di Sabrina) “finalmente” Michele scarica Galoppa e assume come avvocato di fiducia proprio De Cristofaro. Da quel giorno la strategia di Misseri cambia: lo zio di Sarah torna con frequenza ad accusarsi in prima persona del delitto, chiede perdono alla figlia Sabrina, scrive dal carcere chiedendo di lasciar andare una ragazza innocente. Alla fine sarà invece Misseri ad essere prima scarcerato  (a maggio) e poi prosciolto, lo scorso 6 settembre, dall’accusa di omicidio.

Prima di questo De Cristofaro, secondo la Procura, cerca di convincere Misseri ad accollarsi una volta per tutte l’omicidio. Gli chiede di non cambiare più versione e di accusarsi anche dello stupro (mai avvenuto) di Sarah: “Pure che non c’è stata violenza – dice nei verbali l’avvocato a Misseri –  tu hai detto che è stata violentata… che l’hai fatta, eh… nuda. Devi dire lo stesso e poi, quando dicono perché hai detto così e poi non l’hai detto più? Che me lo ha detto l’avvocato e la criminologa, di non dirlo più che non è vero”. Insomma, secondo l’accusa, De Cristofaro più che nell’interesse di Michele avrebbe agito in quello di Sabrina e Cosima Misseri.

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