La ragazza violentata, comunque, ha tre mesi di tempo per firmare la denuncia che diventano 180 giorni in caso di circostanze aggravanti. La giovane donna, tra l’altro, potrebbe essere stata stordita con la cosiddetta “droga dello stupro”, una sostanza inodore e insapore che induce a uno stato di sonnolenza e potrebbe essere stata mischiata a una bevanda ma, per saperlo, bisognerà aspettare il risultato degli esami tossicologici a cui la venticinquenne è stata sottoposta al Sant’Andrea. Chi indaga sta anche lavorando sui reperti biologici rilevati sugli indumenti intimi della ragazza e sui cuscini di un divano.
Quanto alla dinamica della violenza, gli investigatori ormai non hanno più dubbi. Verso le 3,30 della notte la ragazza (che aveva bevuto parecchio) si addormenta e viene portata in una stanza mentre intorno il Veglione prosegue e una settantina di giovani ballano, chiacchierano, si divertono. Un ragazzo la segue, la denuda parzialmente e si abbandona a quelli che il codice penale definisce “atti di libidine violenta” e che, ovviamente, vengono equiparati a un vero e proprio stupro dal punto di vista giudiziario. La giovane donna si rende conto confusamente di quello che sta accadendo ma ne ha la conferma solo il giorno dopo, quando si presenta all’ospedale.
Poi la convocazione al commissariato, la decisione di aspettare per la denuncia e quella strana frase: «Me la vedo io». Ma la ragazza dice anche di più: “Voglio giustizia, chi l’ha fatto deve essere punito. Quella notte mi sono accorta confusamente di cosa stava succedendo e poi ho visto un ragazzo uscire di corsa dalla stanza”.