Cronaca

Genova divisa sulla mostra per Colombo ma Taviani non approverebbe

Chissà se nel piccolo cimitero di Bavari, sulle alture di Genova, in questi tempi complicati Paolo Emilio Taviani, il grande genovese, storico studioso di Cristoforo Colombo, continua a dormire sonni tranquilli e meritati per la sua opera di politico e studioso in favore della sua città e del suo Paese? Ce lo possiamo chiedere dopo che al Museo del Mare, nel cuore del Porto Antico, è stata inaugurata una nuova sala dedicata all’impatto di Cristoforo Colombo sulle civiltà del mondo, che il grande scopritore genovese avrebbe cambiato, approdando nelle Americhe per primo.

Genova è divisa davanti a questa iniziativa il cui titolo preciso è, appunto, “Impatto: Cristoforo Colombo e il mondo altro”. Lo spirito di questa uscita nella città che a Colombo ha dato i natali è, dopo anni di studi e approfondimenti e dopo che la famosa e devastante “cancel cultur” ne aveva messo in discussione la figura, di “vedere” l’impatto non la scoperta, rovesciando scientificamente tutta la lettura della impresa del 1492.

Il Galata Museo del Mare, da poco presieduto da Marco Ansaldo, noto giornalista in pensione, con importanti incarichi a “Repubblica”, consulente di Limes, genovese “di ritorno”, ha voluto capovolgere la storica lettura della scoperta d’America, mettendo in luce l’altro aspetto, quello di chi quella scoperta l’ha subita, affrontando cambiamenti drammatici. Il curatore della mostra “capovolta” è Piergiorgio Campodonico, direttore del Museo, figura storica dello studio della navigazione.

“Parliamo di scoperta ma sarebbe più giusto dire “impatto” – ha spiegato Ansaldo – quando Colombo è arrivato nelle Americhe aveva trovato una civiltà preesistente con una propria cultura. Dopo anni di lavoro questa mostra arriva nel momento giusto. Chi arriva qui troverà reperti delle Americhe, documenti storici, video, esperienze immersive e interattive”.

Ovviamente l’iniziativa è stata benedetta dall’assessore alla Cultura di Genova, Giacomo Montanari, una “spalla” della sindaca Silvia Salis, che ha definito “straordinario il lavoro di Campodonico, utile a fornire strumenti straordinari di ricerca su una figura identitaria per la città. Oggi non è più necessario mitizzare la figura di Colombo come si faceva nell’Ottocento”.

Ma questa nuova “sala Colombo” ci  ha messo poco, ancor prima della sua altisonante inaugurazione, a incendiare la polemica. Sopratutto perché la sua figura è stata presentata, appunto, come quella dell’impattatore, di colui che è sbarcato “a sua insaputa” in un nuovo Continente, trascinando con sé gli eserciti che portarono avanti processi rivoluzionari che avrebbero minato le civiltà preesistenti, seminando stragi e persecuzioni.

Il primo a protestare è stato Roberto Speciale, presidente di Casa America, una istituzione culturale che da anni, spesso in solitario, ha celebrato e studiato la figura di Colombo, noto intellettuale già eurodeputato con deleghe “americane”, che ha puntato il dito sulla distorsione di una iniziativa capace di stravolgere la figura di Colombo.

“ Il grande genovese – ha spiegato subito in una dura intervista a “Il Secolo XIX” – era un navigatore, non uno scopritore. Le stragi delle popolazioni indigene non si devono certo a lui, ma soprattutto ai virus portato nel nuovo mondo e anche dalle lotte interne . Gli eserciti “invasori “erano composti da poche decine di soldati”.

Ha rincarato la dose, sempre su  “Il Secolo”, che ha pure pubblicato interventi a favore della iniziativa, lo stesso direttore Michele Brambilla, che in un fondo ha portato un po’ di luce sulla polemica, specificando che la mostra non è “contro” Colombo , non fa parte della malefica “cancel cultur”.

Brambilla ha anche aggiunto che non era “un invasore”, ricordando che l’esercito spagnolo che segui la rotta della sua scoperta negli anni seguenti, era composto in cinque anni di 27 mila soldati, 500 all’anno, non certo truppe sterminate. Inoltre la distruzione di quelle civiltà precolombiane è stata opera non solo degli spagnoli, ma degli indios che cercavano di riscattare la loro condizione di schiavi. Insomma la presunta celebrazione di Colombo “a rovescio” ha suscitato precisazioni e confronti, ma soprattutto finalmente una attenzione verso la figura più importante nella storia di Genova, probabilmente uno dei grandi della Storia in assoluto, che la sua città ha un po’ dimenticato, a parte le rituali celebrazioni del 12 Ottobre.

Da quando nel 2001 è morto Paolo Emilio Taviani, il leader democristiano, più volte ministro, grande studioso di Colombo, del quale dimostrò scientificamente per primo davanti al mondo la genovesità e grazie al quale nel 1992 si celebrò il Cinquecentenario della Scoperta, l’attenzione si è molto attenuata.

Colombo a Genova non ha neppure una statua degna della sua fama, perché quella a lui dedicata si trova in un giardino a fianco della Stazione ferroviaria Principe, più obiettivo dei bombardamenti dei piccioni che dell’attenzione dei turisti. Invece di essere in cima a uno dei tanti moli e banchine che formano il Porto Antico, recuperato nel suo nome Colombo sta in quell’angolo a differenza di quanto avviene nel mondo, soprattutto nelle città spagnole, in  paese che ha lungo ne ha rivendicato inutilmente i natali. Inoltre anche i suoi studi, gli approfondimenti sulla portata della sua scoperta sono affidati prevalentemente a iniziative come quella di Roberto Speciale e molto meno a un livello istituzionale.

E ora, quando ci avviciniamo ai 535 anni dalla Scoperta, spunta questa iniziativa “a rovescia”.

Perchè non dedicare quella sala a un approfondimento più complessivo, perché non ricordare quella navigazione con i sistemi più moderni che la passione per la vela così congenita a Genova richiederebbe?

Perchè non approfondire tutta la storia di Colombo con qualche grande convegno mondiale. che lo ricordi oggi, nella geopolitica stravolta dagli eventi del terzo Millennio?

O forse basta andare lassù nel piccolo cimitero di Bavari, nel silenzio rarefatto dell’entroterra genovese, e chiedere conforto a Taviani, politico, partigiano, studioso di Colombo, anche lui messo un po’ da parte, da una città con vuoti e confusioni di memoria.

Published by
Franco Manzitti