(Foto d'archivio Ansa)
Un pranzo si è trasformato in una drammatica corsa contro il tempo a Trento, dove un uomo di 77 anni è stato ricoverato in condizioni critiche all’ospedale Santa Chiara il giorno di Santo Stefano. Dopo il pranzo di Natale, caratterizzato da un pasto particolarmente abbondante, l’uomo ha accusato un violento malore nella propria abitazione. I ripetuti conati di vomito hanno provocato una gravissima lesione dell’esofago: il cibo, invece di essere espulso, è penetrato nel torace causando una severa infezione e un rapido peggioramento delle condizioni cliniche.
I sanitari hanno riconosciuto una patologia rarissima e ad altissimo rischio, nella quale la diagnosi precoce e la tempestività dell’intervento risultano decisive per la sopravvivenza. È stato quindi allertato il dottor Alberto Brolese, primario della Chirurgia generale 2 e direttore del Dipartimento chirurgico, che si trovava fuori regione per le festività natalizie. Il medico ha deciso di rientrare immediatamente a Trento e, grazie anche all’intervento della polizia stradale che gli ha garantito una scorta lungo l’A22, ha raggiunto in tempo l’ospedale Santa Chiara.
L’operazione d’urgenza, durata oltre quattro ore, ha consentito di aspirare il materiale alimentare fuoriuscito nel torace e di riparare la perforazione dell’esofago. Il paziente è attualmente ricoverato in rianimazione: le sue condizioni restano serie ma stabili.
Intervistato dal Corriere del Trentino, il dottor Alberto Brolese spiega: “Si tratta di un caso raro, classificato come sindrome di Boerhaave, una lacerazione spontanea e completa dell’esofago. Nel caso specifico il paziente aveva mangiato troppe lenticchie: durante il vomito forzato il cibo non è uscito dalla bocca ma è finito nel torace, rendendo necessario un intervento immediato”. Sul rientro d’urgenza racconta: “Ero in vacanza ad Adria, ma la sindrome di Boerhaave ha una mortalità dell’80% e sono partito subito”. E aggiunge: “In autostrada ho trovato una coda lunghissima, finché una pattuglia della polizia stradale mi ha scortato fino a Trento”. Sull’intervento conclude: “È durato quattro ore, ho scelto la sutura dell’esofago e ora il paziente è in miglioramento. Fare il medico significa anteporre lo spirito di servizio: l’obiettivo è sempre la guarigione del paziente”.